Non ho bisogno di dirlo a voi che lo conosceste, che il suo grande disegno fu promuovere la santita` di vita e il esercizio di essa fra voi, ma il suo grande rammarico fu che il potere di essa declino` fra i professanti. Fu sua preoccupazione e sforzo prevenire o curare la decadenza spirituale del suo stesso gregge: egli fu una luce bruciante e splendente, e per un poco voi gioiste nella sua luce. Ahime`! Fu solo per un poco; e tuttora possiamo gioire in essa.
David Clarkson,
Un discorso funebre alla molto compianta morte del defunto Reverendo e divino erudito John Owen, D.D.
J. I. Packer commenta la statura di questo grande uomo di Dio e insegnante di devozione:
Il Puritano John Owen, che si avvicina piu` di qualsiasi altro a essere l’eroe di questo libro, fu uno dei piu` grandi teologi inglesi. In un epoca di giganti, egli li supero` tutti. C.H. Spurgeon lo chiamo` il principe dei divini. Egli e` a mala pena conosciuto oggi, e noi siamo piu` poveri a causa della nostra ignoranza.1
Lo spazio non permette una lunga introduzione di questo grande uomo e delle sue doti. Faremo, comunque, alcuni accenni.
John Owen nacque da genitori Puritani a Stadham, un villaggio dell’Oxfordshire, nel 1616. Egli ebbe tre fratelli e una sorella. L’11 Giugno 1632 si laureo` in Lettere a Oxford e il 27 Aprile 1635 consegui` il Dottorato in Lettere. Piu` tardi, egli inizio` sette anni di studio per la laurea in Teologia. Nel 1642 pubblico` la sua prima opera, A Display of Arminianism (una penetrante critica dell’Armenianesimo) che gli procuro` l’attenzione del pubblico e mezzi per mantenersi nel secluso rettorato di Forfham nell’Essex. Qualche tempo dopo, ancora nel 1643, egli sposo` la sua prima moglie che gli diede undici figli, ma solo uno, una bambina, crebbe fino all’eta` adulta, solo per morire dopo l’infelice scioglimento del suo matrimonio. Dopo la morte della sua prima moglie nel 1676, Owen si risposo`, diciotto mesi piu` tardi.
Nel 1652 Owen fu nominato Decano della Chiesa di Cristo a Oxford. Nel 1652 fu nominato Vice Rettore dell’Universita`, sebbene egli non avesse alcuna aspirazione per quel ruolo. Nel 1655 si fece responsabile della sicurezza della citta`(e della contea) di Oxford durante una sommossa monarchica: egli cavalco` alla testa di uno squadrone di cavalleria con spada e pistola. Fu espulso dalla sua posizione di Decano della Chiesa di Cristo, a Oxford, il 13 Marzo 1660, dopo di che si trasferi` nella sua prorpieta` di Stadhampton. Grazie alle sue connessioni politiche ad alto livello egli pote` aiutare John Bunyan, ottenendo il rilascio di quest’ultimo dalla prigione. Per qualche tempo soffri` di asma e calcoli biliari e il 24 Agosto del 1683, mori`. E` sepolto a Bunhill Fields, a Londra. E` dall’epitaffio sul monumento che adorna la tomba di Owen che ricaviamo la migliore e piu` completa immagine di quest’uomo. J.I. Packer traduce dal Latino come segue:
John Owen, nato in Oxfordshire, figlio di un eminente teologo, fu egli stesso un teologo ancor piu` eminente, che va considerato fra i maggiori di quest’epoca. Dotato in misura non comune di riconosciute risorse di cultura umanistica, egli le mise tutte, come una ben ordinata fila di attendenti, al servizio della teologia. che egli stesso servi`. La sua teologia era polemica, pratica e, quel che si dice, casuistica e non si puo` dire di alcuna di queste che fosse peculiarmente sua piu` di un’altra.
In teologia polemica, con una forza piu` che erculea, egli strangolo` tre serpenti velenosi: l’Arminiano, il Sociniano e il Romano.
In teologia pratica, egli dispiego` prima di altri l’intera attivita` dello Spirito Santo, di cui egli aveva prima fatto esperienza nel suo stesso cuore, secondo la regola della Parola. E, lasciando da parte altre cose, egli coltivo` e realizzo` in pratica la beata comunione con Dio di cui scrisse: un viaggiatore sulla terra che comprese Dio come uno in Cielo.
In etica, egli era considerato un oracolo da consultare su ogni questione complessa.
Uno scriba in tutto istruito per il regno di Dio, questa pura lampada della verita` evangelica splendette su molti in privato, su un maggior numero dal pulpito, e su tutti nelle sue opere stampate, dirigendo tutti verso la stessa meta. E in questo risplendere, gradatamente, come lui stesso e altri riconobbero, egli dissipo` la sua forza finche` fu esaurita. La sua anima santa, desiderando ardentemente di godere maggiormente Dio, lascio` le devastate rovine del suo corpo, un tempo bello, colmo di permanenti debolezze; attaccato da frequenti malattie; sfinito soprattutto dal duro lavoro e non piu` adeguato per servire Dio, in un giorno reso per molti terribile dai poteri terreni, ma reso ora per lui felice attraverso il potere di Dio, il 25 Agosto 1683. Aveva 67 anni.2
Owen fu, in fondo, un teologo pastorale che scrisse molti trattati lungo tutto il corso della sua carriera, la cui passione trainante fu di promuovere la santita` e l’unita` fra i credenti. In parole sue:
Spero di poter ammettere sinceramente che il desiderio del mio cuore per Dio e il principale disegno della mia vita, nella posizione in cui la buona provvidenza di Dio mi ha messo, sono che la mortificazione e la santita` universale possano essere accresciute sia nel mio, che nei cuori e comportamenti degli altri, a gloria di Dio e perche` il Vangelo del nostro Signore e Salvatore Gesu` Cristo possa essere cosi` completamente adornato.3
E` per questa ragione, e in accordo con la sua visione, che queste interazioni con la sua opera sono state scritte. E` stato detto, e io penso sia corretto, che Owen sara` piu` efficace nel metterci in linea con la Biblica vita Cristiana, della maggior parte dei moderni messi insieme. Dipendesse da me (e certo non e` cosi`), a ogni Cristiano dovrebbe essere richiesto di leggere le opere di Owen sulla Mortificazione, Il Peccato Insito e la Tentazione. Qui pero` sta il problema per la gente di oggi. Owen scrisse in uno stile molto latinizzato, a dir poco ingombrante; egli e` difficile da leggere persino per i migliori. J. I. Packer. uno studioso dei Puritani (in special modo di Owen), riconosce questa situazione e offre una promettente soluzione:
Lo stile di Owen e` spesso stigmatizzato come ingombrante e tortuoso. Per la verita` e` un latinizzato stile parlato, fluente ma sontuoso e copioso, all’elaborata maniera Ciceroniana. Quando la prosa di Owen e` letta ad alta voce come retorica didattica (che, dopotutto, e` cio` che e`) le inversioni verbali, gli spostamenti, gli arcaismi e i nuovi conii, che infastidiscono i lettori moderni, smettono di offuscare e offendere. Coloro che pensano mentre leggono, trovano la profusione di Owen suggestiva e la sua opulenza impregnante.4
Riguardo a Owen, Spurgeon commento`:
Egli [Owen] richiede duro studio e nessuno di noi dovrebbe risentirsene.5
Forse questi sommari e interazioni col suo lavoro possono aiutare a colmare la lacuna, cosicche` molti altri, che non hanno neppure sentito parlare di Owen, oseranno prendere in mano le sue opere, leggerle ripetutamente ad alta voce e imparare da uno che ha imparato dal Maestro (cf. Filippesi 4:9). Questa e` la nostra speranza. In forma di note, includiamo quanti piu` possibili passaggi delle Sritture citati da Owen, per consentire al lettore di vedere prontamente le osservazioni che egli sta facendo dal testo. Si intende che questi passaggi vanno letti, non omessi. Procediamo ora con la discussione della sua opera, Della Mortificazione del Peccato nei Credenti.
1 J. I. Packer, A Quest for Godliness (Wheaton, IL: Crossway, 1997), 191.
2 Packer, A Quest for Godliness, 192; see also William S. Barker, Puritan Profiles: 54 Contemporaries of the Westminster Assembly (Ross-shire, Scotland: Mentor, 1996), 295-300; esp. Sinclair B. Ferguson, John Owen on the Christian Life (Edinburgh: Banner of Truth, 1987); James Moffatt, ed. The Golden Book of John Owen (London: 1904); Peter Toon, God’s Statesman: The Life and Work of John Owen, Pastor, Educator, and Theologian (Grand Rapids: Zondervan, 1971); I. Breward, “Puritan Theology,” in New Dictionary of Theology, ed. Sinclair B. Ferguson, David F. Wright, and J. I. Packer (Downers Grove, IL: InterVarsity, 1988), 550-53.
3 John Owen, The Works of John Owen: Of the Mortification of Sin in Believers, ed. William H. Goold (Edinburgh: Banner of Truth, 1967), VI:4. In seguito, si fara' riferimento alle opere di Owen col volume, p.es., V I, seguito dal numero della pagina, p.es., 4.
4 Packer, Quest for Godliness, 194.
5 C. H. Spurgeon, Commenting and Commentaries (London: Banner of Truth, 1969), 103; come trovato in Packer, A Quest for Godliness, 194.
L’intera tesi di Owen circa la “mortificazione” o “il mettere a morte” il peccato nei credenti e` ricavata principalmente da Romani 8:13, la seconda meta` del verso. Noi citeremo pertanto questo testo sia in Greco che in Inglese (NET Bible). Rivediamo con la mente questo verso se vogliamo seguire l’argomento di Owen. Veramente, faremmo bene a memorizzarlo. Se conoscete il Greco, potete trovare facile memorizzarlo anche in quella lingua.
eij deV pneuvmati taV pravxei tou` swvmato qanatou`te, zhvsesqe.
ma se, mediante lo Spirito, mettete a morte le opere del corpo, voi vivrete. NET Bible
Che questo testo sia centrale per l’esposizione di Owen e` reso chiaro dalle sue parole di apertura:
Affinche` la linea su cui mi muovo per contribuire a portare avanti il lavoro di mortificazione nei credenti possa avere ordine e intelligibilita` (cioe`, chiarezza), ne stabiliro` le fondamenta su quelle parole dell’apostolo, Rom viii. 13.6
Owen suggerisce che Romani 8:13 ha cinque punti chiave che vanno considerati; punti che egli sviluppera` ampiamente nei successivi capitoli del suo lavoro.7 I cinque punti sono i seguenti: Primo: il termine mortificare usato da Paolo e` un verbo nel modo imperativo; e` un comando e pertanto, per usare le parole di Owen, c’e` “un prescritto dovere”. Secondo: le persone a cui il comando e` indirizzato sono riferite come “voi”, sia nella forma arcaica usata nella versione di Owen, sia nelle piu` moderne traduzioni odierne. Terzo: dice Owen, c’e` una promessa aggiunta al comando, vale a dire, “se mettete a morte...voi vitrete.” Quarto: c’e` una causa o mezzo associato all’esecuzione del dovere, vale a dire, mediante lo Spirito. Quinto: e finale, Owen osserva che c’e` una condizione che governa il risultato della proposizione fatta qui da Paolo. La condizione e` espressa dalla parolina “se”. Per poter realmente seguire il resto dell’argomento di Owen, fareste bene, avendo memorizzato il verso, a rivedere questi punti con gli occhi della mente, per essere certi che essi vi siano chiari.
Cominceremo ora a riassumere gli argomenti di Owen su questi cinque punti, almeno per come essi sono visti nel resto del primo capitolo. Ricordate che il resto dei tredici capitoli elaborera`, in un modo o nell’altro, queste idee.
Owen comincia la sua discussione piu` dettagliata di Romani 8:13 con il significato e la funzione della particella condizionale “se” (eij deV). Egli dice che il “se” puo` essere inteso in uno o due modi, sia per esprimere (1) incertezza sulla possibilita` che il credente eseguira` il dovere di mortificare la carne, oppure (2) certezza riguardo al fatto che, quando il credente mortifica la carne, certamente vivra`. Non puo` essere la prima di queste opzioni, dice Owen, poiche` Paolo ha gia` detto che per i credenti non c’e` piu` nessuna condanna; essi mortificheranno le opere della carne; essi hanno ora un nuovo principio in se stessi che vuole far piacere a Dio e non alla carne. Deve pertanto essere la seconda di queste opzioni. In breve, Paolo sta sostenendo che i credenti che mortificano la carne, piu` che certamente vivranno. Owen esprime la connessione usando l’analogia di un uomo malato a cui e` offerta una medicina:
…quando diciamo a un uomo malato, ‘Se prenderai questa pozione, o userai questo rimedio, starai bene’, la sola cosa che vogliamo esprimere e` la certezza della connessione fra ... il rimedio e la salute.8
Da un altro punto di vista, il significato del “se” potrebbe semplicemente essere di causa-effetto: la mortificazione e` la massima causa per l’effetto della nuova vita. Poiche` pero` la vita spirituale e` data da Dio liberamente come dono di grazia (Rom 8:30), il “se” deve indicare il mezzo con cui Dio ha decretato che noi raggiungiamo il fine appropriato (non la causa finale di esso), il mezzo cioe`, con cui aumentiamo la nostra partecipazione in quella vita che e` gia` stata liberamente data ai credenti, vale a dire, mortificando le opere del corpo.9 Il “se” esprime la certezza riguardo la vita promessa, non l’incertezza riguardo al fatto che i credenti mortificheranno o meno le opere del corpo.
Owen discute poi sul “voi” come appare nel testo, cioe`, “se voi mettete a morte...” Egli fa due importanti osservazioni circa le persone a cui Paolo indirizza il comando. Primo: essi sono Cristiani. Essi sono coloro per cui “non c’e` piu` condanna” (8:1); coloro “che non sono nella carne, ma nello Spirito” (8:9) e che sono “stimolati dallo Spirito di Cristo” (8:10-11). Questo e` importante perche` mette in relazione il comando di mortificare a (1) un lavoro gia` effettuato da Dio stesso, e (2) il presente ministero insito e santificante dello Spirito. Faremmo bene a notare qui le connessioni di Owen, onde evitare di pensare che mortificando la carne noi stiamo in qualche modo guadagnando merito con Dio o siamo capaci di farlo da noi stessi. Noi non stiamo lavorando per acquisire grazia, ma per grazia ricevuta e mediante la grazia.
Secondo: per contrasto, questo comando non e` dato ai non-credenti i quali, per quanto possano essere pii e fedeli nel frequentare la chiesa, sono completamente incapaci di realizzarlo. Infatti, essi non conoscono nemmeno la presenza di Colui che santifica, per non parlare del potere del peccato insito (Rom 10:3-4; Giov 15:5). Owen lo dice in questo modo:
La pressione di questo dovere immediatamente prima ogni altro e` frutto evidente di quella superstizione e di quel sentirsi soddisfatti di se`, di cui il mondo e` pieno: il grande lavoro e disegno di uomini devoti, ignoranti del Vangelo.10
Alla fine di questa sezione Owen formula una tesi che riapparira` piu` tardi. Noi qui l’annunciamo semplicemente e ne elaboreremo il significato quando arriveremo a quel punto.
I migliori credenti, che sono certamente liberati dal potere di condanna del peccato, dovrebbero tuttavia prendersi cura, ogni giorno della loro vita, di mortificare l’ insito potere del peccato.11
I commenti di Owen su questo importante elemento nel verso, possono essere facilmente capiti. Pertanto noi qui li citeremo, in parte:
La principale causa efficiente di questo dovere e` lo Spirito...”Se, mediante lo Spirito”. Lo Spirito qui e` lo Spirito menzionato nel verso 11, lo Spirito di Cristo, lo Spirito di Dio; che “risiede in noi”, verso 9; che “ci sollecita”, verso 11; “lo Spirito Santo”12, verso 14; lo “Spirito di adozione”, verso 15; lo “Spirito che interdece per noi”, verso 26. Ogni altro mezzo di mortificazione e` vano, ogni aiuto ci lascia indifesi; deve essere fatto mediante lo Spirito... La mortificazione fatta con le nostre forze, portata avanti con mezzi di nostra invenzione, al fine di sentirci soddisfatti di noi stessi, e` l’anima e la sostanza di tutte le false religioni del mondo.13
Owen non sta qui sostenendo che tutte le altre religioni del mondo sono di per se` conscie di commettere questo errore, ma solo che questo e` in realta` cio` che esse stanno tentando di fare, che ne siano consce o meno. Esse stanno tentando di superare (magari “trascendere”, in certi casi) la loro degradazione mediante le loro stesse abilita`, prodezze spirituali e forza, senza l’aiuto dello Spirito e della croce di Cristo. Questo, dice Owen (e cosi` dovrebbe fare ogni Cristiano informato) e` futile. E` futile, non foss’altro che per il fatto che lo standard a cui noi miriamo e` la santita` stessa di Dio. Per non menzionare le degradanti implicazioni che esso accumula sulla necessita` e valore dell’opera della croce di Cristo.
Ma anche noi, come coloro che sono venuti a conoscere Dio mediante Cristo, dobbiamo prendere a cuore cio` che Owen sta dicendo. Anche noi, cosi` come coloro che non sono rigenerati, non possiamo superare la carne affidandoci ad essa. La carne e` impotente e incapace di ubbidire alla legge di Dio (Rom 8:7). I Cristiani sanno cosa Dio pensi della carne: le Scritture dicono che “niente di buono vive in essa” (Rom 7:18); che essa produce cio` che e` come escremento spirituale (Fil 3:8), e che il solo rimedio a questo e` di crocifiggerla (Rom 6:6; Col 3:9). Owen stesso avra` di piu` da dire in seguito su questo.
NOTA: C’e` forse da stupirsi se oggi un cosi` gran numero di Cristiani sono superficiali, letargici e delusi della propria esperienza di vita spirituale? Poiche`essi spendono cosi` poco tempo a leggere le Scritture o ad ascoltare e meditare su buoni insegnamenti, queste verita` non sono loro familiari; essi cercano di vivere la vita Cristiana solo mediante l’istinto, il che non e` un buon metodo e praticamente non li pone in una condizione migliore di quella di un non-credente. Tale condizione, o degenera in emozionalismo privo di solida etica, o in durezza di cuore, con poco amore per Dio e per gli altri esseri umani.
Ancora: Owen ricorda ai suoi lettori che il linguaggio di Paolo e` in forma di comando: “mortificate le opere della carne”. Per questa ragione Owen vi si riferisce come ad un dovere, parola questa che molti Cristiani oggi, nel terzo millennio, non accettano; essi hanno trasformato la grazia in un motivo per riposarsi, quando invece dovrebbero essere zelanti.14 Ma per coloro che ricercano Dio (cf. Fil 3:10-11), questo dovere rimane il logico e necessario risultato che fluisce da una graziosa salvezza. Non c’e` posto per tendenze antinomiane nella Cristianita` Paolina e Owen non ne avrebbe alcuna.
Per spiegare il significato che l’apostolo attribuisce al “mortificare le opere della carne”, Owen tratta individualmente tre elementi importanti nel testo. Primo: egli discute il significato di “il corpo”. Secondo: egli spiega “le opere del corpo”. Terzo: egli esamina piu` dettagliatamente il verbo “mortificare” (qanatou`te, thanatoute).
A. Primo: sorge la domanda circa cio` che Paolo esattamente intenda per “il corpo”. Owen sostiene, “data l’antitesi fra lo Spirito e la carne prima e dopo” questo verso, che “il corpo” si riferisce alla carne. Egli dice:
Il corpo quindi e` qui inteso essere quella corruzione e depravazione delle nostre nature di cui il corpo, in gran parte, e` la sede e lo strumento, essendo le membra stesse del corpo rese schiave della inerente iniquita` (Rom 6:19). E` il peccato insito che e` qui inteso: la corrotta carne o desiderio.15
Owen riconosce che l’espressione, molto probabilmente, e` una metonimia o una sineddoche. Se e` una metonimia, egli suggerisce che il “corpo” vada inteso come equivalente a “il vecchio uomo” (Rom 6:6). Se e` una sineddocche, allora l’intera persona e` vista come corrotta, inclusa la sede dei suoi “desideri e disordinati affetti.”
B. Secondo: Owen discute il significato del termine “opere” (pravxei, praxeis). Egli riconosce che la parola Greca e` usata principalmente per riferirsi ad azioni esteriori e non tanto a cause interiori. Ma qui, in questo contesto, egli fa notare correttamente che, mentre il termine generalmente si riferisce a effettive azioni, come abbiamo elencato in Galati 5:19 (un testo citato da Owen),16 il punto di Paolo si associa anche alle cause di tali cose, la sorgente in un certo senso. Questo e` vero data la collocazione di “opere” con “corpo”, dove “il corpo” e` dipinto da Paolo come un veicolo per il peccato. Owen dice:
L’aspostolo le chiama opere, perche` sono cio` verso cui ogni desiderio tende; benche` concepisca e risulti abortito, mira a produrre un peccato perfetto.
Avendo trattato, sia nel settimo che all’inizio di questo capitolo, del desiderio e peccato insito come la fonte e il principio di tutte le azioni peccaminose, egli menziona qui la sua distruzione in virtu` degli effetti che esso produce (italici miei).17
Per “peccato perfetto” Owen sembra intendere un peccato che effettivamente viene attuato nella vita di qualcuno e non solo nel processo di pensiero; “perfetto” significa che essi veramente portano a compimento col loro corpo il desiderio bramato dalla carne.
C. Terzo: il termine “mortificare” non e` piu` molto usato nella lingua inglese, fatta eccezione occasionalmente per esprimere imbarazzo: “ella rimase mortificata quando essi fissarono gli occhi sui bigodini ancora fra i suoi capelli”. Nulla potrebbe essere piu` lontano dal significato Biblico del termine. Nel linguaggio Biblico e` una parola importante, cruciale per la comprensione della vita spirituale e tale che Owen si prende la pena di introdurre qui e chiarire attraverso il resto di questo trattato.
Owen giustamente fa notare che il termine mortificare significa uccidere, mettere a morte, come nel caso di un animale vivente o simili. Pertanto Paolo sta usando l’espressione metaforicamente, come se la carne fosse una persona vivente che deve essere uccisa:
Il peccato insito e` paragonato a una persona, un essere vivente, chiamato il “vecchio uomo”, con le sue facolta` e proprieta`; la sua saggezza, astuzia, sottigliezza, forza: questo deve essere ucciso, dice l’apostolo, messo a morte, mortificato, cioe` privato del suo potere, vita, vigore e forza di produrre i suoi effetti.18
Owen, da saggio pastore teologo, e` svelto nel paragonare, ancora una volta, il processo di mortificazione all’opera della croce di Cristo, seguendo ovviamente l’insegnamento di Paolo stesso. Pertanto noi non mettiamo a morte nulla che non sia gia` stato crocifisso sull’albero con Cristo. Non solo Dio ha agito sulla natura del peccato in noi, cioe` la carne, ma Egli ha anche innestato una nuova disposizione in noi, mediante la rigenerazione. Tutta la nostra vita, come Cristiani, e` dedicata a compiacere Dio, mettendo a morte le opere della carne e procedendo sul nuovo cammino della vita rigenerata. Parlando di queste realta`, Owen dice:
Essa [la carne] e` veramente, meritoriamente e, in via esemplificativa, radicalmente, mortificata e uccisa, mediante la croce di Cristo; il “vecchio uomo” e` pertanto detto essere “crocifisso con Cristo”, Rom vi. 6, e noi stessi “morti” con Lui, verso 8, e veramente all’inizio della rigenerazione, Rom vi. 3-5, quando e` innestato nei nostri cuori un principio contrario a essa e atto a distruggerla, Gal v. 17; ma l’intera opera va portata avanti gradatamente, verso la perfezione, tutti i giorni della nostra vita.19
Owen fa notare che c’e` una promessa che accompagna questo dovere di mortificare la carne. E` una promessa di vita: “voi vivrete”. Ma cosa intende Paolo per “voi vivrete”? Accennammo a questo precedentemente nella nostra discussione sul significato del condizionale “se”.
Owen sostiene che il termine “vita” in Rom 8:13 e` usato in contrasto con il termine “morte” nella proposizione che immediatamente precede. In quella, “morte” significa l’eperienza di uccidere i peccaminosi desideri e atti; essa e` una presente realta` per il credente. Pertanto, quando Paolo dice “voi vivrete”, non sta parlando dell’entrare per la prima volta nella vita spirituale, ma del godere il potere della vita spirituale per coloro che sono gia` stati giustificati e posseggono lo Spirito. Essendo gia` credenti, noi mettiamo a morte nella nostra esperienza quelle cose che appartengono alla carne e godiamo del potere, gioia e vigore della vita Cristiana:
Ora, la parola [cioe`, “vita”] puo` forse intendere non soltanto la vita eterna, ma anche la vita spirituale che abbiamo qui in Cristo; non tanto come essenza e esistenza di essa, che e` gia` goduta dai credenti, ma come la gioia, il conforto e il vigore di essa... ‘Voi virete, condurrete una buona, vigorosa, confortevole vita spirituale mentre siete qui, e otterrete vita eterna in futuro’. 20
Senza dubbio questo e` veramente il significato dell’apostolo Paolo. Egli ha gia` discusso della giustificazione, sia della necessita`che della realizzazione, in Romani 1:18 - 5:21 e delle fondamenta della santificazione in Romani 6 (co-crocefissione con Cristo). In Romani 7 egli discute la relazione fra la Legge e la santificazione e afferma che, mentre la legge e` santa, giusta e buona, noi non lo siamo. Pertanto essa da sola e` impotente ad aiutare. Viene poi Romani 8, non come visione di una vita di per se` superiore ma, come osserva Owen, come l’insegnamento di Paolo circa il modo in cui noi soddisfiamo le richieste della legge, vale a dire mediante una mortificazione modellata dallo Spirito (8:3-4). Pertanto, la “vita” di cui si parla in 8:13 e` il presente possesso di vitalita` spirituale dei credenti, mediante la mortificazione delle opere della carne.
Passando alla conclusione, riassumeremo l’interpretazione del verso data da Owen e riaffermeremo le sue due principali tesi che fanno qui seguito all’insegnamento di Paolo. Per prima cosa l’interpretazione del verso. Ci sono diversi punti chiave: (1) il condizionale “se” comunica la certezza di godere una vigorosa vita spirituale quando mettiamo a morte le opere della carne; (2) il comando di mortificare si applica solo ai Cristiani, a coloro cioe` che posseggono lo Spirito; (3) il mezzo efficace per effettuare il nostro dovere e` lo Spirito e Lui soltanto; (4) mortificare le opere della carne e` il dovere di tutti i Cristiani e significa “mettere a morte”, “uccidere”, “eliminare il principio di vita da qualcuno o qualcosa”; (5) il termine “corpo” si riferisce sia al corpo fisico come strumento di desideri e atti peccaminosi, sia alla persona come un tutto corrotto e in peccato; (6) il termine “opere”, mentre ha un fuoco esteriore, include anche, in questo contesto, la fonte del peccato: la carne; (7) la promessa di vita non e` l’ingresso per la prima volta nella vita spirituale, ma una maggiore partecipazione e godimento della vita spirituale che Dio ci ha gia` dato in Cristo.
Per Owen, due tesi principali emergono dalle parole di Paolo in Romani 8:13:
I migliori credenti, che sono sicuramente liberati dal potere di condanna del peccato, dovrebbero tuttavia prendersi cura di mortificare, ogni giorno della loro vita, l’ insito potere del peccato.
Il vigore, potere e conforto della nostra vita spirituale dipendono dalla mortificazione delle opere della carne.
6 VI:5.
7 (Ci sono quattoridici capitoli in tutto, circa 80 pagine nell'edizione di Banner of Truth [dalle pagg. 5-86]).
8 VI:6.
9 Per ulteriore discussione circa la relazione fra protasis e apodosis in dichiarzioni usando eij + l'indicativo, come abbiamo qui in Romani 8:13, vedi Daniel B. Wallace, Greek Grammar Beyond the Basics: An Exegetical Syntax of the New Testament (Grand Rapids: Zondervan, 1996), 762. Potete ordinare una copia di quest`eccellente risorsa su CD a www. Bible.org/homepage.
10 VI:7.
11 VI:7.
12 Come fa notare Goold, questa deve essere stata una svista da parte di Owen poiche` l'espressione Spirito Santo non appare in verso 14.
13 VI:7.
14 Con questo non intendo semplice attivismo, cioe` come se cio` non fosse altro che una vana routine. Mi riferisco piuttosto a una vigilante attitudine verso peccato, retto vivere e opere buone, mettendo Cristo al centro dei propri pensieri.
15 VI:7.
16 Il Testo di Galati 5:19-21, a cui Owen allude, legge come segue: 5:19 Ora, le opere della carne (taV e[rga th~ sarkov) sono ovvie: immoralita` sessuale, impurita`, depravazione, 5:21 idolatria, stregoneria, inimicizie, conflitti, gelosia, esplosioni di rabbia, rivalita` egoistiche, contese, fazioni, 5:22 invidie, omicidi, ubriachezza, orge, e cose simili.—NET Bible
17 VI:8.
18 VI:8.
19 VI:8.
20 VI:9.
Abbiamo visto nel primo capitolo che Owen ha sviluppato due tesi principali da Romani 8:13. Il suo scopo nel secondo capitolo e` di elaborare, chiarire e rafforzare la prima di queste due asserzioni, vale a dire:
I migliori credenti, che sono sicuramente liberati dal potere di condanna del peccato, dovrebbero tuttavia prendersi cura di mortificare, ogni giorno della loro vita, l’ insito potere del peccato.
Il secondo capitolo sviluppa e discute questa principale asserzione lungo le seguenti linee:
(1) Il peccato insito risiede sempre nei credenti.
(2) Il peccato insito agisce sempre per produrre le opere della carne.
(3) Il peccato insito non solo agisce, ma mira a produrre peccati che distruggono l’anima.
(4) Lo Spirito e la nuova natura ci sono state date affinche` possiamo opporci al peccato e al desiderio.
(5) Trascurare questo dovere di mortificazione, causa l’indebolirsi dell’anima.
(6) Ci viene comandato di perfezionare la santita` grazie alla reverenza per Dio.
Dopo aver discusso questi sei punti, Owen conclude questo capitolo con una nota circa il male che accompagna il Cristiano che sostiene di conoscere Dio e tuttavia continua nel noto peccato. Tale male e` prima di tutto in lui stesso e, secondariamente, negli altri. In se stesso perche` egli tratta il peccato con leggerezza e pertanto prende alla leggera il sangue di Cristo. Negli altri, perche` il suo peccato li indurisce facendo loro credere di essere sufficientemente buoni e sono percio` ingannati circa il loro reale bisogno di misericordia e grazia.
Osserveremo ora piu` in dettaglio l’argomento di Owen nel secondo capitolo, cominciando prima di tutto a riaffermare le sue tesi principali, supportandole questa volta non da Rom 8:13, ma da Col. 3:5 e 1Cor 9:27. Esamineremo poi i suoi sei punti indicati sopra. Concluderemo questo capitolo menzionando i commenti di Owen circa i mali che accompagnano ogni professante (cioe`, uno che sostiene di essere un Cristiano) che non mortifica.
Owen comincia con una riaffermazione della sua tesi principale, vale a dire che
I migliori credenti, che sono sicuramente liberati dal potere di condanna del peccato, dovrebbero tuttavia prendersi cura di mortificare, ogni giorno della loro vita, l’ insito potere del peccato. 21
Questa verita`, sostiene Owen, puo` essere facilmente vista in diversi scritti di Paolo, oltre che in Romani 8:13. Per esempio Colossesi 3:5 parla su questo stesso punto:
Pertanto, mettete a morte tutto cio` che nella vostra natura appartiene alla terra: immoralita` sessuale, impurita`, vergognose passioni, desideri cattivi e cupidigia che e` idolatria (italici miei).
Lavorando su questo verso Owen chiede: “a chi sta parlando Paolo?” Nell’immediato contesto egli nota che l’apostolo scrive a coloro che sono stati “elevati con Cristo” (v.1); che sono “morti” con Lui (v.3); coloro la cui vita e` in Cristo e con Lui “saranno manifestati in gloria” (v.4).22 Parlando direttamente ai suoi lettori, ora Owen continua:
Praticate la mortificazione, rendetela il vostro lavoro quotidiano... ucci-dete il peccato o esso uccidera` voi. Il vostro essere virtualmente morti con Cristo, il vostro essere stimolati da Lui, non vi esenta dal fare questo lavoro.23
E il nostro Salvatore ci dice in che modo Suo Padre si comporti con ogni ramo che porta frutti... Egli lo pota e questo non per un giorno o due, ma fintanto che e` un ramo in questo mondo (italici miei).24
Owen dice che in un’altra, precedente occasione, in 1 Corinti 9:27, l’apostolo Paolo solleva questa questione del mortificare la carne, sebbene non si trovino qui le specifiche parole. Il verso scorre come segue:
Anzi, io sottometto il mio corpo e lo rendo mio schiavo cosicche`, dopo aver predicato agli altri, non sia io stesso squalificato.
Riguardo a questo verso e, per la verita`, riguardo all’intera attitudine di Paolo su questo soggetto, i commenti di Owen sono rilevanti:
E se questo era il lavoro e l’occupazione di Paolo, il quale fu incomparabilmente esaltato in grazia, rivelazioni, godimenti, privilegi, consolazioni, in misura superiore a quella ordinariamente concessa ai credenti, su cosa basiamo la possibilita` di trovarci noi stessi esonerati25 da questo lavoro e dovere, mentre siamo in questo mondo? 26
Pertanto Owen introduce almeno altri due principali testi per dimostrare il suo punto, cioe` che la mortificazione non e`riservata ai migliori Cristiani, ne’ e` per i non-Cristiani, ma e` invece il dovere di tutti i Cristiani e deve essere al centro della loro esperienza di vita Cristiana. Non e` un’opzione per il Cristiano che pronuncia il nome di Cristo: “si allontani da ogni iniquita`” (2 Tim 2:19).
Per poter sostenere che dobbiamo mortificare la carne, Owen deve dimostrare che i Cristiani posseggono tuttora la carne. Questo e` il suo punto in questa sezione.
Owen dice che il peccato insito risiede in noi fino alla glorificazione. Ma ci sono quelli che hanno negato questa dottrina e hanno sostenuto di aver obbedito ai comandi di Dio perfettamente, o di essere totalmente morti al peccato in questa vita. Owen considera questo argomento come “vano, stupido e ignorante”. Egli osserva che ci sono due tipi di persone che arguiscono in questo modo: (1) ci sono quelli che non negano la presenza del peccato insito, ma la loro percezione spirituale e` cosi` orrenda che, non facendo in essenza alcuna distinzione fra bene e male, essi asseriscono di avere perfettamente ubbidito ai comandamenti di Dio. Questa cosiddetta perfezione finisce quindi con l’essere il colmo dell’empieta`, poiche` essi chiamano bene il male e male il bene; (2) ci sono altri che negano il peccato insito e si presumono percio` perfettamente capaci di ubbidire alla legge di Dio; essi creano una nuova rettitudine, uno standard diverso dalla rettitudine di Cristo. Nella loro arroganza essi si dimostrano ignoranti della vita di Cristo.
La sola risposta a tale stupidita`, dice saggiamente Owen, e` di non andare oltre cio` che e` scritto o vantarci di qualcosa che Dio non ha fatto per noi. Paolo dice in Filippesi 3:12 che egli, il grande apostolo, non e` ancora arrivato, volendo in parte dire che egli non ha completamente superato il potere e la presenza del peccato insito:
Fil 3:12 Non che io abbia gia` raggiunto questo, cioe` non sono ancora stato reso perfetto, ma mi sforzo di prendere possesso di cio` per cui anche Gesu` Cristo prese possesso di me.
In 1 Cor 13:12 Paolo implica che noi camminiamo tuttora in una parziale oscurita` poiche` “conosciamo in parte” e non completamente:
1 Cor 13:12 Perche` ora noi vediamo come in uno specchio, indirettamente, ma allora noi vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscero` pienamente, cosi` come sono stato anche completamente conosciuto.
Poiche` noi “conosciamo in parte”, ci e` comandato da Pietro di “crescere nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore:
2 Pet 3:18 Ma crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesu` Cristo. A Lui sia l’onore, ora e in quel giorno eterno.
Owen ci indirizza anche a Galati 5:17 dove Paolo chiarisce il punto. L’uso del presente indicativo, “ha desideri” (o “desidera” come nella Bibbia di Owen”), indica una continua lotta e guerra:
Gal 5:17 Infatti la carne ha desideri che sono opposti allo Spirito, e lo Spirito ha desideri che sono opposti alla carne, perche` i due sono in opposizione l’uno all’altra, cosicche` voi non potete fare cio` che volete.27
Pertanto, mediante questo e altri testi, incluso Fil 3:21, in cui Paolo dichiara che i nostri peccaminosi corpi non saranno completamente trasformati finche` Cristo non verra` dal Cielo, Owen dimostra la sua asserzione e noi faremmo bene a raddrizzarci a sedere e prendere nota: il peccato insito rimane con noi, come credenti, fino alla nostra morte. Ingannarsi su questu punto e` fatale per l’obbediente e vigorosa vita Cristiana.
Non solo il peccato risiede tuttora in noi, ma esso agisce anche, costantemente, per produrre le opere della carne. Non dobbiamo lasciarci ingannare quando il peccato sembra quieto per un certo periodo. Non dovremmo mai pensare che, poiche` il peccato sembra essersi acquietato per un certo periodo, noi siamo finalmente liberi dai suoi intrighi, perche` il peccato “non e` mai meno quieto di quando sempra essere assolutamente quieto, e le sue acque sono per la maggior parte profonde, quando sono immobili”. Pertanto “i nostri espedienti contro di esso [dovrebbero] essere vigorosi in ogni momento e sotto ogni condizione, specie quando queste sono meno sospette”.28 Questo e` dimostrato dai seguenti testi, cosi` come dai precedenti gia` menzionati sopra. Paolo dice in Rom 7:23 che il peccato e` (non “era”) una legge nelle “mie membra che muove guerra contro la legge della mia mente”.
Rom 7:23 Ma io vedo una legge diversa nelle mie membra, che muove guerra contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato, che e` nelle mie membra.
Giacomo 4:5 dice che il nostro spirito “ha invidiose brame” oppure, nella traduzione di Owen, “desidera fino ad invidiare”.29
Giacomo 4:5 O pensate che la Scrittura non significhi niente quando dice, “Lo spirito che Dio ha fatto vivere in noi ha una brama invidiosa”?
L’autore di Ebrei, nelle sue ammonizioni ai compagni Cristiani, ricorda loro che la vita Cristiana, da un certo punto di vista, puo` essere considerata come una “corsa”. E` necessario allora, se si vuole vincere, liberarsi di ogni peso in eccesso, e quel peso in eccesso, nella vita Cristiana, si riferisce al peccato e Owen e` corretto quando, da Ebrei 12:1, insiste sul fatto che “il peccato cosi` facilmente ci invischia” o, nella Bibbia NET, “si aggrappa a noi cosi` saldamente”.
Ebrei 12:1 Poiche` dunque noi siamo circondati da una tale schiera di testimoni, dobbiamo liberarci di ogni peso e del peccato che si aggrappa a noi cosi`saldamente, e correre con tenacia la corsa che e` stata predisposta per noi...
Qual e` l’origine di questo profondo e persistente problema col peccato? E` “la carne”, la realta` che nella mia carne “non abita bene alcuno”. La carne non puo` essere redenta: va crocefissa, come se fosse uccisa. I desideri iniqui vengono dalla nostra carne che continua costantemente a tentarci e a concepire il peccato (Giacomo 1:14). E qui sta la parte difficile: “In ogni azione morale, o ci fa tendere al male, o ci impedisce di fare cio` che e` buono, o distoglie lo spirito dalla comunione con Dio”.30 Esso si trova costantemente con noi.
Owen continua:
Chi puo` dire di aver mai avuto qualcosa da fare con Dio o per Dio, che il peccato insito non abbia attivamente concorso a corrompere. E continuera` ad essere piu` o meno all’opera per il resto dei nostri giorni. Se, dunque, il peccato continuera` sempre ad agire, mentre noi non stiamo continuamente mortificando, siamo creature perse. Colui che sta immobile e permette che i suoi nemici gli infliggano doppi colpi senza opporre resistenza, alla fine verra` indubbiamente conquistato. Se il peccato e` sottile, attento, forte e sempre all’opera per uccidere le nostre anime, mentre noi siamo pigri, negligenti e stupidi, proseguendo cosi` verso la rovina che questo comporta, possiamo aspettarci un evento positivo?... I santi, le cui anime aspirano alla liberazione dalla sconcertante ribellione del peccato, sanno che non c’e` salvezza contro di esso se non in una costante guerra.31
Paolo dice in Galati 5:19-21 che le opere della carne sono ovvie:
5:19 Ora, le opere della carne sono ovvie: immoralita` sessuale, impurita`, depravazione, 5:20 idolatria, stregoneria, inimicizie, conflitti, gelosia, esplosioni di rabbia, rivalita` egoistiche, contese, fazioni, 5:21 invidie, omicidi, ubriachezza, orge e cose simili. Vi avverto, come vi avevo preavvisato: coloro che praticano tali cose non erediteranno il regno di Dio!
Ogni desiderio della carne quindi, mirerebbe all’estremo peccato di quel particolare tipo: “ogni pensiero impuro o occhiata, se potesse, diventerebbe adulterio; ogni concupiscente desiderio diventerebbe oppressione; ogni dubbio diventerebbe ateismo, se potesse crescere fino al culmine”32. E` cruciale che noi capiamo questa verita`, poiche` e` proprio in questo processo di movimento dal piu` piccolo al piu` grande che il peccato ha il suo maggiore ascendente, cioe` mediante la sua ingannevolezza (Ebrei 3:13).
Fondamentalemente, l’idea che Owen sta proponendo qui, e` che il tollerare un peccato noto, per quanto piccolo, da` alla carne un punto d’appoggio da cui lanciarsi per un ulteriore sviluppo di quel peccato e l’indurimento del cuore. Questa e` certamente una posizione pericolosa in cui trovarsi.
In un certo senso e` [il peccato] modesto nelle sue spinte e proposte iniziali ma, una volta presa posizione nel cuore per mezzo di esse, costantemente stabilisce il proprio terreno e preme verso ulteriori gradi dello stesso genere.
Noi tutti abbiamo fatto esperienza di cio` di cui Owen sta parlando e contro cui la Bibbia ci mette in guardia come Cristiani. Semplicemente, il peccato non e` mai soddisfatto: e` come la tomba. Quando cediamo al peccato, difficilmente noi notiamo o siamo consapevoli di quanto ci siamo allontanati da Dio.
Questo nuovo agire e premere in avanti [del peccato] fa si` che l’anima a mala pena noti come la via sia stata aperta verso la separazione33 da Dio; essa pensa che, se non c’e` ulteriore sviluppo, tutto vada bene come al solito... ma il peccato sta tuttora spingendo oltre (italici miei).
La ragione di questo ininterrotto attacco e` “perche` esso [il peccato] non ha altra mira che la totale rinunzia a Dio e opposizione a Lui.”34 Ma va notato chiaramente, e Owen lo ripete, che il peccato intacca e “procede verso il culmine per gradi, stabilendo il terreno che ha guadagnato mediante la durezza” e questo “non grazie alla sua natura, ma alla sua ingannevolezza”.35
Owen afferma che questa e` una delle ragioni per cui ci e` stato dato lo Spirito, cioe`, perche` possiamo opporci al peccato e al desiderio. I passi che seguono chiariscono il punto. In Gal 5:17 lo Spirito si oppone alla carne. In Pietro 1:4 l’apostolo ci dice che, mediante le promesse di Dio, noi diventiamo partecipi della natura divina e in questo modo sfuggiamo la corruzione causata nel mondo dai desideri malvagi. Alla fine Owen fa notare che in Rom 7:23 abbiamo una legge nelle nostre menti (prodotta dallo Spirito e dalla nuova natura) contraria alla legge del peccato e della morte che e` nelle nostre membra. Ecco i testi chiave nella discussione di Owen:
Gal 5:17 Infatti la carne ha desideri contrari allo Spirito, e lo Spirito ha desideri contrari alla carne, perche` i due sono in opposizione l’uno verso l’altro, cosicche` voi non potete fare cio` che volete.
2 Pietro 1:4 Attraverso queste cose Egli ci ha elargito le Sue preziose e magnificenti promesse, perche` per mezzo di esse voi diventaste partecipi della natura divina, dopo essere sfuggiti alla corruzione mondana che e` prodotta dal desiderio malvagio.
Rom 7:23 Ma vedo un’altra legge nelle mie membra che dichiara guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che e` nelle mie membra.
Owen dice che sarebbe stupido permettere a due combattenti di lottare, continuamente trattenendo uno e permettendo all’altro di infliggere ferite a proprio piacimento. E` dunque stupido per il Cristiano trascurare di impiegare giornalmente, per la mortificazione del peccato, lo Spirito e la nuova natura dataci e continuare apermettere alla carne di colpire come le pare. In verita`, e` di per se` un peccato contro “la bonta`, gentilezza, saggezza, grazia e amore di Dio, che ci ha forniti di un principio per farlo [cioe`, mortificare la carne].”36 I Cristiani che persistono in questo atteggiamento, possono scoprire che Dio sta giustamente trattenendo la mano dal concedere loro piu` grazia, dato che i doni sono dati per essere usati e esercitati.
Paolo dice che, sebbene all’esterno stiamo morendo, internamente noi siamo rinnovati giornalmente (2 Cor 4:16). Ma, senza la mortificazione del peccato, noi danneggiamo seriamente questo processo divinamente disegnato: il peccato prospera e la grazia e` eclissata nel cuore. Pertanto Owen fa notare che “esercizio e successo” sono i due principali nutrimenti della grazia nel cuore; quando essa [la grazia] e` costretta a giacere immobile, appassisce e si deteriora: le cose che le appartengono stanno per morire (Ap 3:2).37
Rev 3:2 Risvegliati dunque e rafforza il resto che sta per morire, perche` non ho trovato le tue opere complete davanti al mio Dio.
Eb 3:13 Ma esortatevi a vicenda ogni giorno, fintanto che si puo` dire “Oggi”, cosicche` nessuno di voi venga indurito dall’inganno del peccato.
Ecco perche` i Cristiani, che erano una volta zelanti verso Dio e i Suoi metodi, sono diventati freddi: essi non hanno messo a morte le opere della carne e hanno aperto l’accesso perche` il peccato indurisse i loro cuori nei confronti di Dio. Questo e` il tipo di tiepidezza che vediamo cosi`comunemente nel ventunesimo secolo. Certamente le seguenti parole di John Owen parlano alla nostra stessa situazione oggi in America:
La verita` e` che, da una parte il rendere la mortificazione un tipo di spirito rigido e ostinato -che e` per lo piu` terreno, legalistico, censorio e parziale, e si accorda bene con rabbia, invidia, malizia e orgoglio- e dall’altra le pretese di liberta`, grazia e non so che altro, hanno fatto si` che la vera mortificazione evangelica sia quasi andata perduta fra noi38
I seguenti tre passaggi chiariscono ancora che e` nostro dovere giornaliero mortificare la carne e perfezionare la santita` per reverenza verso Dio. E non ci sara` crescita in santita` senza mortificazione della carne. Come dice Owen, “che nessuno pensi di fare alcun progresso in santita`, senza calpestare le interiora dei propri desideri. Chi non uccide il peccato nella propria condizione [cioe`, lungo il percorso della propria vita], non fa passi avanti verso la fine del suo viaggio”39 Le parole di Owen sono una buona medicina per noi che viviamo in un’era che promuove ogni sorta di pseudo-spiritualita` al cui centro non c’e` la croce di Cristo e pratica santita`. Forse oggi, abbiamo bisogno di chiarificazioni su questa dottrina piu` di ogni altra.
2 Cor 7:1 Pertanto, carissimi, poiche` abbiamo queste promesse, purifichiamoci da ogni contaminazione del corpo e dello spirito, compiendo cosi` la nostra santificazione per reverenza verso Dio.
2 Pietro 3:18 Ma crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesu` Cristo.
2 Cor 4:16 Percio` non ci scoraggiamo: anche se il nostro corpo fisico si sta deteriorando, il nostro uomo interiore si sta rinnovando di giorno in giorno.
Ci sono due mali che accadono alla persona che si professa Cristiana eppure continua volutamente in un noto peccato. Primo, una tale persona dimostra di trattare il peccato con leggerezza e di conseguenza anche la croce di Cristo. La gente si comporta in questo modo, dice Owen, quando “ingoia e digerisce” peccati giornalmente, senza un minimo di amarezza dentro la propria anima. Essi usano il sangue di Cristo, che ci fu dato per purificarci (1 Gv 1:7), l’esaltazione di Cristo, che deve dare pentimento (Atti 5:31), e la dottrina della grazia, che ci deve insegnare a rinnegare le passioni mondane (Tito 2:11-12), come ragioni e scuse per peccare. Owen considera questa condizione come uno stato di “ribellione che... spezzera` le ossa.”
Quando un uomo ha stabilito la propria convinzione su un tipo di comprensione della grazia e della misericordia tale da essere capace di inghiottire e digerire peccati giornalmente, senza amarezza, quell’uomo e` sull’orlo di trasformare la grazia di Dio in lascivia e di essere indurito dall’ingannevolezza del peccato.40
Il secondo male che questa condizione produce, riguarda gli altri e ha una doppia natura. Primo: indurisce gli altri. Il punto di Owen sembra essere questo: quei Cristiani che non mortificano la carne, induriscono gli altri, portandoli a pensare di essere in una condizione tanto buona quanto il migliore dei Cristiani. Quando quindi costoro guardano ai Cristiani devoti con occhi macchiati dal peccato, essi immaginano se stessi altrettanto devoti. Pertanto essi hanno un cosiddetto zelo verso Dio che pero` non e` accompagnato da pazienza con la gente e rettitudine universale. Essi si separano dal mondo, ma vivono poi vite egoistiche, totalmente focalizzati su se stessi. Essi parlano spiritualmente, ma vivono vanitosamente. Essi si vantano del perdono, ma non perdonano mai gli altri. Secondo, i professanti non mortificati ingannano gli altri incoraggiandoli a credere che se possono arrivare a eguagliarli (cioe` eguagliare i professanti non mortificati) tutto andra` bene. Ma, come Owen fa notare, anche se questi “altri” sembrano essere di gran lunga superiori al professante non mortificato, possono comunque essere privi di vita eterna.
Abbiamo detto che la tesi primaria di Owen in questo capitolo era di dimostrare che “i migliori credenti, che sono sicuramente liberati dal potere di condanna del peccato, dovrebbero tuttavia prendersi cura di mortificare, ogni giorno della loro vita, l’ insito potere del peccato”. Egli lo ha fatto mostrando da vari testi, oltre a Romani 8:13, che non solo il peccato insito rimane dopo la conversione, ma agisce anche potentemente per produrre desideri e atti peccaminosi. Questi desideri peccaminosi mireranno sempre a raggiungere il massimo grado del loro tipo ma, mediante lo Spirito e la nuova natura -basandosi sulla meritoria totale mortificazione del peccato fatta da Dio con la croce di Cristo- il Cristiano dovrebbe mettere a morte tali desideri. Trascurare questo dovere, e` continuare a dare al peccato un punto d’appoggio nell’anima; produrre un cuore duro verso Dio, e prendere alla leggera sia il peccato che la croce. Rispetto agli altri, li fa indurire nella “loro stessa rettitudine” e li inganna, facendo loro credere che tale comportamento e` il livello accettabile da Dio e coerente con il possesso della vita eterna.
21 VI:9.
22 Owen e` sempre chiaro nel mettere il dovere della mortificazione al suo corretto posto nell' ordo salutis o via di Dio per la salvezza dal peccato. E` un imperativo che poggia sull'indicativo della finita opera di Dio in Cristo e sul presente dono dello Spirito.
23 Owen e` perfettamente corretto su questo punto. In verita`, come Paolo ha appena discusso, e` perche` siamo morti al peccato in Cristo e stimolati dal Suo Spirito che noi vogliamo mortificare le opere della carne.
24 VI: 9-10.
25 Cioe`, trovare se stessi esonerati
26 VI:10.
27 Ricordate che Paolo sta qui scrivendo a Cristiani, non per suggerire che tale lotta e` insolita e anormale, ma per sostenere invece esattamente l'opposto, cioe` che questa continua, implacabile guerra, e` la normale vita Cristiana. Questo, naturalmente, e` il punto di Owen.
28 VI:11.
29 La precisa interpretazione di questo verso e`, naturalmente, colma di sfide. Per una breve discussione delle possibili interpretazioni e delle loro varianti, vedi Ralph P. Martin, James, Word Biblical Commentary, ed. David A. Hubbard and Glenn W. Barker, vol. 48 (Dallas: Word, 1988), in loc., elec. version; vedi anche Buist M. Fanning, “James,” in A Biblical Theology of the New Testament, ed. Roy B. Zuck e Darrell L. Bock (Chicago: Moody, 1994), 422, f.n. 11.
30 VI:11.
31 VI:11-12. Il lettore e` esortato a non lasciarsi scoraggiare dal realistico quadro fatto da Owen circa la nostra battaglia contro la carne. Il quadro e` lo stesso fatto dall'apostolo Paolo, il quale scrisse sotto l'ispirazione dello Spirito (lo stesso Spirito cioe`, che combatte assieme a noi in questa battaglia). Sia egli/ella invece incoraggiato a continuare a leggere e vedere come Owen tratta il problema della perseveranza. Questo verra` visto piu` avanti, sebbene anche in questo capitolo egli parli del ministero dello Spirito. In seguito, nei capitoli 7-14, egli ci offrira` consigli molto saggi per aiutarci nella nostra lotta contro il peccato. Continuate la lettura dei vari capitoli!
32 VI:12
33 Cioe` come il peccato ha avviato gli stadi iniziali di indurimento del cuore verso Dio e le cose spirituali; siamo separati dalla vitale comunione con Dio e la maggior parte delle volte non lo sappiamo neppure, finche` Egli non ci fa tornare ai nostri sensi spirituali. Owen non si riferisce alla perdita della salvezza, ma alla perdita della comunione in cui esiste il riconoscimento della santita` di Dio e della mia depravazione.
34 VI:12.
35 VI:12.
36 VI:13.
37 IV:13.
38 VI:14.
39 VI:14.
40 VI:15.
Nel capitolo precedente abbiamo visto che era dovere di tutti i veri Cristiani mortificare costantemente le opere della carne. Questo perche` il peccato insito rimane nel Cristiano dopo la conversione fino alla morte e, se lasciato a se stesso, produrra` peccati scandalosi. In questo capitolo Owen parlera` della grande, causa efficiente della mortificazione , cioe` lo Spirito.
Lo Spirito e` di per se` sufficiente per quest’opera; tutti i modi e i mezzi senza di Lui sono una nullita`; e Egli ne e` la grande causa efficiente: Egli opera in noi a Suo piacimento.
In questa sezione Owen critica con durezza sia la Chiesa Cattolica — che lui chiama la religione del papa — sia i Protestanti, molti dei quali stavano tentando di mortificare il peccato con metodi e mezzi non biblici e ostinatamente sbagliati. Nella misura in cui le chiese continuano oggi in tali idee, e in larga misura molte lo fanno, le sue parole sono corrette. Sia detto ora che, essendo io stesso stato un Cattolico, non sto scrivendo questo semplicemente per castigare la religione Cattolica ne`, in quanto a questo, una qualsiasi denominazione Protestante, ma solo per guidarci alla verita` per quanto riguarda la mortificazione, la centralita` di Cristo e l’opera dello Spirito in questo processo.
Owen dice che i papisti e certi Protestanti, che dovrebbero sapere meglio (avendo piu` luce e conoscenza del vangelo) sono caduti nell’idea che con i loro “ indumenti volgari “ (abbigliamento papale) e tutti i loro “voti, ordini, digiuni, penitenze... prediche, sermoni, libri devozionali... prestazioni esteriori... esercizi del corpo... prestazioni personali, doveri legalistici,” stanno effettivamente mortificando i peccato. Ma questi metodi e mezzi sono ostinatamente sbagliati e pericolosi poiche` sono praticati “senza fare la minima menzione di Cristo e del Suo Spirito” e “sono verniciati con parole gonfie di vanita`.41 La radice del problema, come dice Owen, e` che questa gente, mentre e` incurabilmente religiosa — nessuno negherebbe questo — ha una “profondamente radicata mancanza di familiarita` con il potere di Dio e il mistero del Vangelo.”42
Ci sono almeno due ragioni, dice Owen, per cui la gente, che siano Cattolici o Protestanti, non puo` mortificare nemmeno un peccato in questo modo. Primo: essi non usano i metodi e i mezzi ordinati da Dio e nessun metodo o mezzo ha potere alcuno per la mortificazione del peccato se Dio non ha stabilito che sia cosi`. Tutti i voti, le penitenze, le discipline, la vita monastica e “le auto-flagellazioni” susciteranno semplicemente la domanda da parte di Dio: “Chi vi ha chiesto di fare queste cose?” e : “Voi mi adorate invano, insegnado le tradizioni degli uomini come dottrine”.
Secondo: i metodi e i mezzi stabiliti da Dio — cioe` preghiera, digiuno, vigilanza, meditazione e simili — per la mortificazione del peccato, non sono usati da questa gente nel luogo e ordine appropriati. Qui e` dove Owen colpisce alla radice delle false religioni dovunque: coloro che usano questi mezzi, egli dice, li usano come se essi fossero la causa efficiente della mortificazione e non semplicemente mezzi divinamente stabiliti.
Questi [cioe` preghiera, digiuno ecc.] hanno la loro funzione nella materia in questione ma, mentre devono essere tutti visti come ruscelli, essi li vedono come la fonte. Mentre producono e raggiungono lo scopo solo come mezzi subordinati allo Spirito e alla fede, essi si aspettano che lo facciano per virtu` del lavoro compiuto (italici miei).43
In altre parole, i papisti e molti altri tentano di eradicare la presenza e il potere del peccato semplicemente praticando attivita` religiose. Questo modo di pensare, dice Owen, sta alla base di molta superstizione e indescrivibile “auto-macerazione” e forse, in larga misura, dell’idea della vita monastica stessa (almeno per come la conosceva Owen). Coloro che perseguono questa rigida auto-mortificazione, agiscono solamente sull’uomo naturale e lasciano il corrotto “uomo vecchio” completamente incolume. Nessuno di questi metodi e`di per se` sufficiente per il lavoro in questione.
Che nessuno di questi metodi sia sufficiente e` evidente dalla natura del lavoro stesso che si deve fare: e` un lavoro che in se` richiede la concorrenza di un tale numero di azioni, che nessuno sforzo personale puo` acquisirlo ed e` di natura tale, che solo un’onnipotente energia puo` portarlo a compimento.44
La mortificazione non puo`essere fatta semplicemente ripetendo certi doveri religiosi, senza l’opera dello Spirito di Dio. Lo Spirito e` la causa efficiente della mortificazione.
Owen dichiara che mettere a morte il peccato e` un lavoro dello Spirito in accordo con la promessa e lo scopo del Suo venire a risiedere in noi. Egli cita i seguenti testi a conferma del suo punto:
Ezechiele 11:19 Io daro` loro un medesimo cuore e mettero` un nuovo spirito dentro di loro; io togliero` il cuore di pietra dal loro corpo e daro` loro un cuore di carne, 11:20 cosicche` essi camminino secondo le mie leggi e osservino i miei comandamenti e li pratichino.
Ezechiele 36:26 Io vi daro` un cuore nuovo e mettero` un nuovo spirito dentro di voi; e togliero` il cuore di pietra45dal vostro corpo e vi daro` un cuore di carne. 36:27 Mettero` il mio Spirito dentro di voi, e voi camminerete secondo i miei statuti e osserverete le mie prescrizioni e le metterete in pratica.46
Owen dice, in accordo con la buona, biblica, Trinitaria teologia, che tutti i doni di Cristo sono comunicati a noi dallo Spirito. La mortificazione, sia meritoria che progressiva, e` data da Cristo mediante lo Spirito insito. “Tutte le dispensazioni di soccorso e sollievo, negli iniziali, crescenti, atti di grazia di qualunque tipo provenienti da Lui [Cristo], avvengono mediante lo Spirito, per mezzo del quale solamente Egli opera nei e sui credenti”47 Cristo fu esaltato per garantirci il perdono e il dono dello Spirito.
Atti 5:31 Dio Lo innalzo` alla Sua destra come Capo [Principe] e Salvatore, per portare pentimento a Israele e perdono dei peccati
Atti 2:33 Cosi` dunque, innalzato alla destra di Dio, e avendo ricevuto dal Padre la promessa dello Spirito Santo, Egli ha riversato cio` che voi potete vedere e sentire.
Owen suggerisce tre modi in cui lo Spirito mortifica il peccato in noi: Egli (1) fa si` che abbondiamo in grazia; (2) produce un reale effetto fisico sulla radice del peccato e (3) porta la croce di Cristo nel cuore del peccatore. Diamo ora a questi uno sguardo piu` in dettaglio.
Primo: lo Spirito mortifica il peccato in noi facendo si` che i nostri cuori abbondino in grazia e nei frutti che sono contrari alla carne. In Galati 5:19-21 Paolo elenca alcune opere della carne e in 5:22-23 egli enumera i frutti dello Spirito e pone i due in reciproca opposizione. Owen chiede: se il frutto dello Spirito e` abbondantemente in noi, non saranno anche le opere della carne altrettanto abbondanti, in modo da cercare di sovvertire il frutto dello Spirito? Dopotutto essi sono in reciproca opposizione. La risposta e` “no”, perche` la carne e` stata crocefissa con Cristo (5:2). Pertanto, poiche` lo Spirito fa si` che abbondiamo dei Suoi frutti, il potere della carne appassisce e muore progressivamente. Owen ripete ancora:
Egli, [cioe` lo Spirito] fa si` che cresciamo, ci sviluppiamo, prosperiamo e abbondiamo in quelle grazie che sono contrarie, opposte e distruttive per tutti i frutti della carne, e per la quiete o lo sviluppo del peccato stesso.48
Secondo, lo Spirito colpisce alla vera radice o abitudine del peccato. Per usare le parole di Owen, lo Spirito produce
un reale effetto fisico sulla radice e abitudine del peccato, per indebolirlo, distruggerlo e rimuoverlo. Pertanto Egli e` chiamato uno ‘Spirito di giudizio e fuoco’, Isa. iv. 4, che realmente consuma e distrugge i nostri desideri... perche` come Egli comincia l’opera per quanto riguarda il tipo, cosi` la porta avanti per quanto riguarda i progressivi stadi. Egli e` il fuoco che consuma la radice stessa del desiderio.49
Il terzo modo in cui lo Spirito opera per produrre la mortificazione in noi e` portando la croce di Cristo dentro il cuore del peccatore mediante la fede. Cosi` facendo, Egli ci da` comunione con Cristo nella Sua morte e associazione nelle Sue sofferenze. Owen avra` di piu` da dire a questo proposito durante lo sviluppo della sua tesi nei successivi capitoli.
La domanda finale in questo capitolo riguarda la relazione fra lo Spirito come Santificatore e il comando dato a tutti i Cristiani di mortificare le opere della carne. Se lo Spirito e` Colui che mortifica, perche` viene tuttavia comandato a me di farlo? Lasciamo che lo faccia Lui. In una forma o nell’altra questo e` l’insegnamento che prevale oggi, cioe` “Lascia andare e lascia fare a Dio” oppure “Io cerco solo di tenermi in disparte e lasciare che il Signore faccia il Suo lavoro”. Ora e` importante notare che, in un certo senso, ciascuna di queste affermazioni contiene una qualche verita` ma, a se` stanti, esse sono deplorevolmente inadeguate come dottrina di santificazione, biblicamente parlando. Mentre e` vero, come Owen si e` preso la pena di dimostrare, che e` lo Spirito Colui che in realta` mortifica il peccato, e` un’idea errata (spiritualmente persino dannosa) pensare che ne consegua che noi non vi contribuiamo; il comandamento di “mettere a morte” i misfatti del corpo e` effettivamente un comandamento, non un suggerimento.
Owen nota che, in un certo senso, non e` diverso da tutte le opere buone che facciamo e siamo comandati di fare; in definitiva esse vengono dallo Spirito, tuttavia ci viene comandato di eseguirle. Filippesi 2:13 esplicitamente dice che: “Colui che produce in noi sia la volonta` che l’azione... e` Dio,” cioe`, lo Spirito. Come dice Isaia: “SIGNORE, Tu stabilisci la pace per noi; tutto cio` che noi abbiamo compiuto, l’hai fatto Tu per noi.” Lo Spirito, “madiante il Suo potere”, vi rendre “meritevoli della vostra chiamata” e “compie ogni ‘opera buona’ (e[rgon, ergon) sollecitata dalla vostra fede” (2 Tess. 1:11). Tuttavia, in ognuno di questi casi, noi siamo esortati a compiere l’opera buona e non stare ad aspettare apaticamente che Dio faccia qualcosa. Si tratta percio` di entrambe le cose. Tutto cio` che Owen sta facendo, da buon teologo, e`dimostrare l’appropriata relazione biblica fra il comando di fare buone opere (che e` parte della mortificazione) e il ruolo dello Spirito in questo processo:
Egli non opera la mortificazione in noi senza mantenerla un atto di obbedienza da parte nostra. Lo Spirito Santo opera in noi e su di noi, a seconda di come noi siamo adatti ad essere lavorati, vale a dire, in modo tale da preservare la nostra liberta` e libera obbedienza. Egli lavora sulla nostra comprensione, volonta`, coscienza e emozioni, in accordo con la loro propria natura; Egli opera in noi e con noi e non contro di noi e senza di noi. Pertanto la Sua assistenza e` un incoraggiamento per rendere il lavoro piu` facile e non l’occasione per trascurare il lavoro stesso.50
Le persone religiose hanno cercato, attraverso la storia, di mortificare il peccato (sebbene esse possano non avere usato questo termine), ma senza successo. La ragione e` che esse pensano di poterlo fare semplicemente mediante le loro opere. In realta`, non possono. Alla fine, esse risultano frustrate e confuse o, ancor peggio, arroganti, poiche` pensano di avere ottenuto per proprio merito un certa santita`. In questo modo esse confondo, come dice Owen, i ruscelli con la fonte.
Pertanto, noi non mortifichiamo la nostra carne per conto nostro, mediante le opere che noi stessi compiamo, sia che esse appaiano bibliche o no. Persino la preghiera, quando e` compiuta sensa lo Spirito, e` inutile nel lavoro di mortificazione. E` invece lo Spirito che in effetti mette a morte il peccato in noi: posizionalmente e meritoriamente al momento della conversione, e progressivamente o praticamente, attraverso tutto il corso delle nostre vite cristiane. Egli compie il Suo lavoro di mortificazione progressiva, causandoci di abbondare nel frutto dello Spirito, mediante un lavoro diretto sull’abitudine e la radice del peccato, e portadoci ad essere in comunione con Cristo nella Sua morte e condivisione delle Sue sofferenze. Il Suo lavoro non ci da` in alcun modo ragione di trascurare i comandi di Dio a tale fine, ma porta piuttosto consolazione durante il processo e ci stimola all’obbedienza, usando nel contempo la nostra ubbidienza come mezzo per mortificare il peccato in noi. Abbiamo buone ragioni per rallegrarci perche` sappiamo che lo Spirito sta operando per produrre santita`, lavorando persino al livello della nostra volonta` e azione.
41 VI:16-17.
42 VI:17.
43 VI:17-18.
44 VI:18.
45 Nella letteratura Rabbinica, una pietra era associata con inclinazioni malvage (b. Sukk. 52a).
46 Ger 31:31-34 e` parallelo a questo passaggio. Owen cita anche Isa 57:17-18, sebbene sia difficile dire come questo verso si colleghi a questo argomento. Forse e` per far notare che non c'e` pace per l'empio, ma che Dio e` il solo che puo` guarirci dai nostri peccati.
47 VI:19.
48 VI:19.
49 VI:19.
50 VI:20.
Fino a ora Owen ha delineato la sua discussione secondo i punti piu` importanti in Romani 8:13, sebbene egli non abbia in alcun modo limitato la sua discussione semplicemente a questo testo. Nel primo capitolo egli ha delineato i principali punti che voleva trattare e poi nel secondo capitolo ha lanciato la sua prima principale asserzione, vale a dire, che i migliori credenti si devono impegnare a mortificare il peccato continuamente, durante tutta la loro vita. Nel terzo capitolo egli ha spiegato la sua seconda principale asserzione, vale a dire, che lo Spirito fa il lavoro di mortificazione e che Egli usa certi speficici mezzi. Ora, nel quarto capitolo, egli comincera` a dimostrare il suo ultimo importante punto, che e` il seguente:
Che la vita, il vigore e il conforto della nostra vita spirituale dipendono molto dalla nostra mortificazione.
Cio` che Owen sta essenzialmente cercando di fare in questo breve capitolo e` dimostrare la corretta relazione fra la mortificazione e la nostra esperienza di pace, vigore e conforto. Egli non la considera una causa necessaria, ma solamente un mezzo.
Owen comincia la sua discussione con un’interessante comprensione. Egli dice che in realta` ci sono solo due domande che i credenti pongono e ogni altra o e` correlata in qualche modo a queste due, o semplicemente non vale la pena di essere considerata. Questo e` quanto egli dice:
Se venisse seriamente chiesto a chiunque di noi cos’e` che ci disturba, dovremmo attribuirlo a uno di questi pensieri: o vogliamo forza e potere, vigore e vita, nella nostra obbedienza durante il nostro percorso con Dio, oppure vogliamo la pace, il conforto e la consolazione che ne fanno parte. Qualunque altra cosa accadesse a un credente che non appartenesse a uno di questi due categorie, non merita di essere menzionata nei giorni delle nostre condoglianze.51
Ora, molti di noi che vivono oggi nell’America urbana hanno interpretato male questi legittimi ardenti desideri. Ogni volta che percepiamo intensi desideri nel nostro cuore, li interpretiamo come segnali di bisogno, cioe` il bisogno di qualche altro possedimento, relazione o privilegio. Queste “cose”, naturalmente, non possono mai produrre la guarigione dell’anima o il genuino potere spirituale. In ogni caso, il credente che riconosce che cio` che Owen dice e` vero, deve sapere che l’esperienza di genuino potere, pace e conforto, dipende molto, dice Owen, dal nostro “costante percorso di mortificazione”.
Potere, pace, vigore e consolazione non fluiscono dalla pratica della mortificazione nel senso che essi non sono necessariamente legati ad essa. Nei nostri giorni e epoca, spesso la gente tratta Dio come un Nicolodiano: “basta inserire un gettone e ho la canzone che voglio”. Ma Owen dice che non e` cosi` che funziona con il rapporto fra potere spirituale e pace, e il dovere della mortificazione. La pace di Dio e` qualcosa che Egli decide di conferire, non e` un’interiore relazione di causa-effetto cosicche` la mortificazione automaticamente risulti in pace, come se la pace spirituale fosse inerente alla mortificazione. Non lo e`. Owen cita la dolorosa narrazione di Eman in Salmo 88 come prova di questa verita`. Eman l’Ezraita aveva perso i suoi piu` stretti amici e familiari (88:8, 18). Egli dice che anche la sua vita si sta avvicinando alla tomba e che egli sta per andare nel paese dell’oblio. In grande angoscia egli gridava il suo lamento verso il Signore “giorno e notte” (88:1), “ogni giorno” (88:9), “al mattino” (88:13), ma sentiva che Dio lo aveva respinto e nascosto a lui il Proprio volto (88:14). Eman aveva conosciuto la sofferenza sin dalla propria giovinezza, chiamando l’oscurita` il suo piu` stretto amico (88:15, 18). Cosi` fu che Eman si mantenne in un fedele corso di mortificazione e non cadde nel peccato o nell’amarezza o nel lagnarsi, eppure egli non fece esperienza della pace e probabilmente ando` nella tomba grande agli occhi di Dio, ma considerato come un maledetto dai suoi amici di un tempo.
Pertanto Eman e` per noi un esempio che ci dimostra molte cose, ma una in particolare salta agli occhi: Colui che da` la pace e` Dio. Come Egli dice in Isaia 57:18-19, “Io compiro` quell’opera”, riferendosi al parlare di pace a Israele e consolarlo:
“Ho visto come si comporta, ma lo risanero`; lo guidero` e gli offriro` conforto, creando lode sulle labbra degli afflitti in Israele. Pace, pace, a quelli lontani e vicini,” dice il Signore. “E Io li guariro`”.
Pertanto fare esperienza della pace e` un grazioso dono di Dio. Owen non sta dicendo qui che Dio e` capriccioso e non ha a cuore il Suo popolo, ne` che Egli non e` fedele alla Sue promesse di pace come quella che vediamo fare da Gesu` in Giovanni 14:27: “Vi lascio la pace, vi do` la mia pace. Io non ve la do` come la da` il mondo...” Owen sta semplicemente dicendo che Dio e` sovrano nel conferire la pace e che la mortificazione non e` un sistema esclusivo per ottenere cio` che vogliamo. Per usare le sue parole: “L’uso di mezzi per ottenere la pace e` nostro; il concederla e` prerogativa di Dio”.52
La mortificazione non e` l’immediata causa di potere, vigore, pace e consolazione nella vita Cristiana. In verita`, dice Owen, privilegi come quello di fare esperienza della pace di Dio stesso che viene attraverso la nostra adozione e giustificazione, sono usati sotto il controllo dello Spirito. “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rom. 8:16) e questa e` la causa dell’immediata sensazione e conoscenza della presenza, potere e pace di Dio. A questo punto, come fa spesso, Owen sta sicuramente seguendo Calvino nella sua dottrina della testimonianza dello Spirito (e.g., Institutes, 3.1.3; 3.2.7).
Primo: il peccato, se non mortificato, indebilira` l’anima e la privera` della sua forza. Pensate per un momento al peccato in cui si e` avventurato Davide e come il suo stato, inconfessato e non mortificato, lo sconvolse. In salmo 38:8, egli dice “non c’e`piu` nulla di sano nelle mie ossa a causa del mio peccato”, e in verso 8: “Sono debole e sfinito all’estremo.” Piu` avanti, in Salmo 40:12 dice: “i miei peccati mi opprimono e non posso vedere”. Come dice Owen, “un desiderio non mortificato assorbira` tutto lo spirito.”53
Ora, ci sono per questo almeno tre ragioni secondo Owen. Primo: distrae i sentimenti dell’anima che si suppone siano rivolti a Dio e che sono necessari per intrattenere una vigorosa comunione e associazione con Dio.
Fa presa sui sentimenti, rendendo il proprio oggetto amato e desiderabile, soppiantando cosi` l’amore per il Padre; pertanto l’anima non puo` dire onestamente e veramente a Dio: “Tu sei la mia porzione,” perche` c’e` qualcos’altro che essa ama. Paura, disperazione, speranza, che sono i sentimenti primari dell’amima e che dovrebbero essere colmi di Dio, saranno in un modo o nell’altro invischiati da esso.54
A questo punto Owen cita 1 Giovanni 2:15-16 e noi faremmo bene a leggere e meditare su queste sagge parole dell’apostolo Giovanni:
Non amate il mondo, ne` le cose del mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non e` in lui. Perche` tutto cio` che e` nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non vengono dal Padre, ma dal mondo.
E potremmo anche voler aggiungere a questo la tristissima verita` che segue in v. 17, cioe`, che “il mondo con i suoi desideri passa, ma colui che fa la volonta` di Dio rimane per sempre”.
Secondo: il peccato non mortificato non solo invischia i sentimenti o le emozioni, rimpiazzando Dio con gli interessi di questo mondo e il desiderio degli occhi (1 Giovanni 2:15-16) e pertanto fondandosi sul grande inganno che questo presente ordine di cose e` per sempre, ma colma anche i pensieri di modi per essere soddisfatto. Il peccato non mortificato urge costantemente l’immaginazione per trovare il modo di essere soddisfatto e distrae cosi` i nostri pensieri dalla concentrazione su Dio. Come dice Owen:
I pensieri sono i grandi approvvigionatori dell’anima per provvedere a soddisfare i propri affetti; e se il peccato rimane non mortificato nel cuore, essi devono sempre e comunque pensare alla carne, per doffisfarne i desideri.55
Terzo: il peccato non mortificato effettivamente sfugge e impedisce il dovere; esso indebolisce la nostro volonta` di fare il volere di Dio. La persona ambiziosa e` costantemente alla ricerca di qualunque cosa la fara` avanzare. La persona mondana e` costantemente impegnata a perseguire cio` che il mondo ha da offrire e la persona puramente vanitosa e` in egual modo impegnata in attivita` che la faranno apparire migliore. Il punto che Owen cerca di dimostrare qui e` che la volonta` di fare il volere di Dio e` deviata su cose terrene nei momenti in cui dovrebbe essere in adorazione. Questo perche` l’energia che sta dietro a cio` che potrebbe essere un’attivita` buona e necessaria (in certi casi un comportamento innocente), e` in effetti l’irrequieta energia della carne.
Per riassumere quindi, Owen ha arguito che il peccato non mortificato indebolira` l’anima (1) distraendo i sentimenti; (2) perseguendo i mezzi di soddisfazione attraverso il sistema di pensiero e (3) deviandola dal suo dovere verso Dio. In questo modo il peccato non mortificato corrompe le nostre emozioni, mente e volonta`, e la totalita` della nostra anima e` indebolita.
Tanto quanto il peccato non mortificato indebolisce l’anima, cosi` pure esso la oscura. Owen fa notare che il peccato non mortificato...
…e` una nuvola, una densa nuvola, che si estende sulla superficie dell’anima e intercetta i raggi dell’amore e del favore di Dio. Toglie tutto il senso del privilegio della nostra adozione; e se l’anima comincia a raccogliere pensieri di consolazione, il peccato li disperde velocemente.56
Tutti noi, come Davide, abbiamo attraversato periodi di oscurita` e abbiamo scoperto, quando il Signore ha graziosamente aperto i nostri occhi, che la nostra oscurita` e malattia spirituale erano dovute al peccato non confessato e non mortificato con cui siamo vissuti e che abbiamo intrattenuto come un ospite.
Pertanto, la nostra mortificazione ha a che vedere con l’indebolimento dell’anima e il suo oscurarsi, ed e` il solo mezzo ordinato da Dio per la relativa cura. Gli uomini hanno tentato molti altri metodi, ma questo e` il metodo di Dio.
La mortificazione e` il processo continuo di mettere a morte qualunque cosa appartenga alla nostra natura terrena, ai desideri della carne. L’aspetto positivo e` che essa fa spazio per la crescita nel nostro cuore delle grazie del potere, pace e somiglianza con Cristo.
L’esempio che Owen usa e` quella di una preziosa pianta in un giardino. Se il terreno non e` propriamente coltivato e le erbacce rismosse, la pianta puo` crescere, ma sara` in modo malato, atrofizzato e inutile per qualunque intento e fine. Puo` persino non essere riconoscibile. Ma, dice Owen, prendete un’altra pianta esattamente in simili malandate condizioni e piantatela nel giardino. Poi rimuovete le erbacce, nutrite propriamente il terreno, datele appropriata innaffiatura e luce del sole e questa pianta si sviluppera` e fiorira`. Cosi` pure e` per le grazie dello Spirito impiantate nei nostri cuori. Essi rimangono nel cuore tanto quanto rimane lo Spirito, ma senza la mortificazione, cioe` il trattare le erbacce del peccato che soffocano l’anima, esse sono deboli e vicine alla morte, come dice Giovanni in Apocalisse 3:2: “ Svegliati! Rafforza cio` che rimane ed e`sul punto di morire, perche` non ho trovato le tue opere completate agli occhi del mio Dio.” Owen finisce questa sezione con queste parole:
Il cuore [non mortificato] e` come il campo del pigro: talmente ricoperto da arbacce che puoi a mala pena vedere il buon grano... Ma ora lascia che [quel] cuore sia purificato dalla mortificazione; le erbacce dei desideri costantemente e giornalmente sradicate (poiche` esse spuntano giornalmente essendo la natura umana il loro terreno ideale); fa spazio perche` la grazia possa svilupparsi e fiorire: vedrai come ogni grazia fara` la sua parte e sara` pronta per qualunque uso e scopo. 57
La pace viene come risultato di una sincera mortificazione dei desideri della carne.
Il punto che Owen ha cercato di dimostrare in questo capitolo concerne la sua ultima principale asserzione, cioe` che la vita, vigore e conforto della nostra vita spirituale dipendono molto dalla nostra mortificazione del peccato. Questo non significa che queste grazie siano necessariamente legate alla mortificazione cosi` da fare della mortificazione la sola causa e non il mezzo per goderle. E non e` neppure che la mortificazione sia la causa immediata della vita, vigore e conforto: e` compito dello Spirito il farci direttamente conoscere queste cose. Piuttosto, la mortificazione e` il mezzo divinamente assegnato allo scopo e se omettiamo di praticarla non entreremo mai in tale beatitudine. Questo perche` ogni peccato non mortificato (1) indebolisce l’anima invischiando nel peccato la mente, le emozioni e la volonta`; e (2) oscura l’anima rendendoci non ricettivi verso l’amore di Dio. Ma quando il peccato viene mortificato, si espande la capacita` del cuore di ricevere, sviluppare e godere del potere, vigore, conforto e pace che vengono dallo Spirito di Dio.
51 VI:21.
52 VI:21.
53 VI:22.
54 VI:22.
55 VI:22.
56 VI:23.
57 VI:23.
Nel primo capitolo Owen ha stabilito le fondamenta dell’intero discorso riguardante la mortificazione del peccato nei credenti. Basandosi su Romani 8:13 egli ha notato cinque cose correlate: (1) la mortificazione e` un dovere; (2) e` solo per i credenti; (3) c’e` una promessa connessa a questo dovere: una promessa di vita; (4) lo Spirito e` la causa efficiente della mortificazione; (5) c’e` una condizionale a questo processo.
Nel secondo capitolo egli ha spiegato perche` e` neccessario, persino per il piu` maturo dei credenti, impegnarsi per tutta la vita nella mortificazione del peccato. Nel terzo capitolo ha ulteriormente indagato nel ruolo dello Spirito come il mezzo effettivo del processo di mortificazione e nel quarto capitolo egli ha discusso la promessa di vita associata al dovere della mortificazione. Questo e`, in una versione veramente breve, la sostanza di cio` che egli vuole dire. Dove si collocano quindi i capitoli dal quinto al quattordicesimo? Owen comincia il quinto capitolo con le seguenti parole:
Supponiamo che un uomo sia un vero credente e tuttavia trovi in se` un potente peccato insito che lo tiene prigioniero della sua legge, consumandogli il cuore di preoccupazione, rendendogli dubbiosi i pensieri, indebolendogli l’anima verso i doveri di comunione con Dio, togliendogli la pace e, magari, contaminandogli la coscienza ed esponendolo ad essere indurito a causa della ingannevolezza del peccato: cosa fara`? come dovra` agire e su cosa insistere per la mortificazione di quel peccato, desiderio, intemperanza o corruzione, a tal punto che, sebbene egli non sia completamente distrutto, tuttavia nel lottarlo sia incapace di mantenere potere, forza e pace in comunione con Dio?58
Torniamo alla nostra domanda. Dove si collocano i capitoli dal quinto al quattordicesimo nel suo discorso? Risposta: essi costituiscono, alla luce di cio` che Owen ha gia` detto nei capitoli dal primo al quarto, una dettagliata risposta alla domanda che egli pone qui. Ogni genuino credente desidera ardentemente la presenza di Dio, conoscerLo intimimante ed essere libero dalle catene del peccato. Molti di noi, oserei dire tutti quelli di noi che sono maturi, vivono esattamente al centro della domanda di Owen. Tutti noi vogliamo avere la “vittoria” sul peccato, sul mondo e sul demonio, per usare il gergo moderno (e anche biblico: 1 Giovanni 2:13-14), ma non siamo sicuri della “rotta” da seguire per arrivare la`. Owen ci ha detto che il percorso verso la santita` avviene attraverso la mortificazione. I capitoli dal quinto al quattordicesimo intendono “mostrarci la rotta”, praticamente parlando, in materia di vittoria sul peccato. Essi intendono mostrarci come applicare cio` che ci ha insegnato fino a qui, cioe` i suoi insegnamenti nei capitoli dal primo al quarto.
Nei capitoli dal quinto al quattordicesimo, Owen desidera insegnarci come la verita` di Romani 8:13 si applica alla nostra esperienza quotidiana; come possiamo “mantenere potere, forza e pace in comunione con Dio”. Nel quinto e sesto capitolo Owen parla di cosa significa mortificare ogni peccato, sia sotto l’apetto positivo che negativo. Nel settimo e ottavo capitolo egli da` alcuni principi generali per la mortificazione del peccato, e nei capitoli dal nono al tredicesimo egli si fa` veramente specifico nel trattare il peccato, elencando nove principi pratici (stabiliti e spiegati), basandosi sui principi generali che egli ha gia` spiegato. Il capitolo finale, il quattordicesimo, tratta piu` ampiamente della fede in Cristo e del lavoro dello Spirito in questa opera di mortificazione. Percio` ora sapete dove stiamo andando: torniamo quindi alla relazione fra il quinto capitolo e il sesto.
Il quinto capitolo si occupa di cio` che significa mortificare qualunque peccato, cioe` negativamente parlando. Nel sesto capitolo Owen trattera` cio` che significa mortificare il peccato, positivamente parlando. Questi sono due capitoli veramente importanti. Essi si basano sulla precedente discussione e hanno il potere di rendere il credente libero da ipotesi sbagliate circa questo processo: ipotesi che possono dimostrarsi scoraggianti e dannose se vi si aderisce. Torniamo ora a un riassunto del quinto capitolo e all’argomento di Owen riguardante cosa significa mettere a morte il peccato, visto da una prospettiva negativa.
Lo scopo di questo capito e` discutere della mortificazione del peccato vista da una angolazione negativa, cioe` cosa non e`.
Mortificare un peccato non e` ucciderlo totalmente, sradicarlo o distruggerlo. E` vero che questo e` cio` a cui miriamo, ma non viene compiuto in questa vita. Owen ricorda ai suoi lettori le parole di Paolo in Filippesi 3:12: “Non che io abbia gia` ottenuto tutto questo o che sia gia` stato reso perfetto, ma continuo...” Paolo, da santo eccellente, e` un esempio per tutti noi circa la teologia in cui credere e la vita che dobbiamo vivere. Pertanto in questa vita non c’e` perfezione come Cristo e` perfetto. Non c’e` uomo che intenda mettere a morte un peccato, che non intenda sradicarne totalmente sia il frutto che la radice, ma non si puo` mai raggiunge lo stato di assenza del peccato. Questo non significa che un tale uomo possa fallire completamente nella sua lotta contro il peccato. Veramente, grazie al potere dello Spirito e alla grazia di Cristo, egli puo` avere notevole successo e camminare costantemente vittorioso sul peccato. In effetti, gran parte della normale vita Cristiana e` fatta dell’avere costante vittoria sul peccato. Ma, ancora una volta, questo non e` come dire che si e` eradicato il peccato o la propria natura peccaminosa. E` Cristo stesso che trasformera` i nostri corpi peccaminosi (corpi di umiliazione) nel Suo corpo glorioso al Suo ritorno (Fil. 3:21).
Con dissimulazione Owen intende lo smettere o l’abbandonare un peccato per quanto concerne il suo aspetto esteriore, a tal punto che gli uomini considerano tale persona un uomo “cambiato”. Il problema con il semplice cambiamento esteriore e` che l’interno rimane corrotto e Dio puo` “vedere” l’interno:
Dio sa che a questa precedente iniquita` egli ha aggiunto la maledetta iposcrisia, ed e` ancor piu` sul sentiero verso l’inferno di quanto fosse prima. Egli ha ottenuto un cuore diverso da prima, che e` piu` astuto; non un cuore nuovo che e` piu` santo.59
Sebbene Owen non ne faccia menzione, si possono a mala pena leggere queste sue parole senza che venga alla mente l’insegnamento di Gesu`. Ai Farisei che amavano atteggiarsi in modo da apparire profondamente religiosi e spirituali, Gesu` riservo` le Sue piu` amare denunce:
Matteo 23:25 “Guai a voi Scribi e Farisei ipocriti! Voi pulite l’esterno della tazza e del piatto, ma all’interno sono colmi di avidita` e intemperanza. 23:26 “Fariseo cieco! pulisci prima l’interno della tazza cosicche` anche l’esterno diventi pulito”.
Pertanto, l’opera di mortificazione non comporta pulire soltanto l’esterno della tazza, per cosi` dire. Comporta un lavoro molto piu` profondo. Coinvolge l’intera persona e non meno dell’intera persona. Non c’e` niente in Gesu`, Paolo o Owen che sia solamente una chirurgia plastica..
La mortificazione del peccato non consiste nel progredire verso una quieta e calma natura. Owen dice che il solo fatto che una persona sia arrivata a un temperamento naturalmente quieto, non vuol dire, nemmeno per un attimo, che abbia mortificato il peccato. Ci sono uomini, egli dice, che lottano con peccati come rabbia, malizia ecc. per tutti i giorni della loro vita, i quali hanno fatto di piu` per mortificare la carne di un uomo quieto e calmo:
Alcuni uomini hanno il vantaggio, grazie alla loro naturale costituzione, di non essere esposti, come molti altri sono, a quel tipo di violenza che le passioni incontrollate e i sentimenti tumultuosi comportano... C’e` chi, magari per tutta la vita, non e` mai stato tribolato da rabbia e passione; ne` crea problemi agli altri, come invece accade a un altro quasi ogni giorno; eppure quest’ultimo ha fatto di piu` riguardo alla mortificazione, di quanto abbia fatto il primo. 60
“Un peccato non e` mortificato quando e` solamente dirottato”. Owen dice che una persona potrebbe impegnarsi con determinazione contro il peccato; potrebbe aver cura di non fare nulla che potrebbe farlo balzare in vita, ma alla fine non fa che scambiare un peccato con un altro. Questo scambiare un peccato con un altro, o dirottamento del peccato, puo` accadere, dice Owen, in qualunque momento, ma e` piu` comune quando le persone cambiano relazioni, interessi e occupazioni. Anche l’invecchiare dirotta il peccato. Gli uomini anziani spesso non inseguono i desideri che avevano quando erano giovani, ma i loro cuori non sono meno colmi di desiderio, solo che ora e` dirottato verso altre cose. Questo perche` essi non hanno mai veramente mortificato il peccato ma hanno semplicemente cambiato gli oggetti dei loro sentimenti peccaminosi. Oppure, per dirlo come Owen:
Nonostante la professione che hai fatto, nonostante tu abbia rinunciato alle tue stregonerie, il desiderio in te e` potente come non mai; il desiderio e`lo stesso, ma le sue correnti sono dirottate... Chi cambia l’orgoglio con la mondanita`, la sensualita` con il Fariseismo, la propria vanita` con il disprezzo verso gli altri, non pensi di aver mortificato il peccato che egli sembra aver lasciato. Egli ha cambiato padrone, ma rimane tuttora un servo (italici miei).61
“L’occasionale conquista sul peccato non corrisponde al mortificarlo”. Ci sono due occasioni in cui un uomo o una donna possono pensare di aver mortificato un peccato e possono in effetti averne preso il controllo, ma questo non corrisponde alla mortificazione.
Primo: ci sono momenti nelle nostre vite in cui il peccato erompe e noi pensiamo, diciamo o facciamo qualcosa, che ci fa sentire colpevoli, perdiamo la pace, causiamo gran danno a qualcun altro e ci aspettiamo pertanto che Dio ci castighi severamente. Noi possiamo veramente detestare il nostro peccato, rinunciarvi, e piangere chiedendo a Dio misericordia e aiuto. In tal modo il peccato si ritira per un momento, ma solo per cercare un altro momento opportuno. Pertanto, anche se il nostro pentimento era sincero, non abbiamo continuato il processo di mortificazione del peccato in questione.
Poiche`ora l’intero uomo, sia spirituale che naturale, e` risvegliato, il peccato si ritira nella sua testa; non appare, ma giace come morto davanti a lui: come quando uno si e` avvicinato ad un esercito di notte e ha ucciso la persona piu` importante... le guardie si svegliano all’istante, gli uomini diventano eccitati e una stretta indagine viene fatta circa il nemico, il quale frattanto, finche` il rumore e il tumulto cessano, si nasconde o giace come morto, ma con la ferma intenzione di ripetere lo stesso danno non appena si ripresenti la stessa opportunita`. 62
C’e` una seconda situazione in cui il peccato non e` stato mortificato: proprio quanto la gente pensa che lo sia stato. Quando ci troviamo in una situazione di intensa sofferenza, o la morte appare imminente, decidiamo di abbandonare il peccato e fare pace con Dio. Molti arrivano persino a dire: “Dio, se mi permetti di uscirne, ti serviro` per sempre... senza condizioni”. Questo problema e` perfettamente descritto in Salmo 78:32-37:
78:32 Nonostante tutto cio`, continuarono a peccare; nonostante i suoi prodigi, essi non credettero. 78:33 Pertanto egli consumo` i loro giorni in nullita` e i loro anni in terrore. 78:34 Ogni volta che Dio li faceva perire, essi lo cercavano; tornavano ad essere desiderosi di ritrovare Dio. 78:35 Ricordavano che Dio era la loro rocca; che l’Altissimo era il loro Liberatore. 78:36 Essi pero` Lo adulavono con le loro bocche e Gli mentivano con le loro lingue; 78:37 i loro cuori non erano sinceri con Lui e non erano fedeli al Suo patto.
Come Owen fa notare ancora, questa improvvisa spinta a rifiutare il peccato, non costituisce mortificazione perche` quando le cose tornano calme, abbiamo ancora modo di dimenticarci sia del nostro peccato che della grandezza della grazia di Dio nel preservare le nostre vite. Ci sono uomini che sostengono che...
…il peccato non trovera` mai piu` posto in loro; essi non si metteranno mai piu` al suo servizio. Di conseguenza, il peccato sta quieto, non si agita, sembra essere mortificato; non che abbia veramente ricevuto ferita alcuna, ma semplicemente perche` l’anima ha preso possesso delle proprie facolta`, pertanto potrebbe affermare se stessa con pensieri in contraddizione con la sua spinta [cioe` pensieri che oppongono il peccato]; se invece essi [cioe` i pensieri contro il peccato] vengono lasciati da parte, ecco che il peccato torna alla propria precedente vita a vigore. 63
La mortificazione di qualunque peccato consiste nelle seguenti tre cose di cui faremo solo menzione qui e descriveremo in dettaglio nel sesto capitolo: (1) indebolirlo; (2) combatterlo e (3) avere successo contro di esso.
Riassumiamo in breve questo importante capitolo. Questo capitolo e` veramente importante perche` ci dice cosa la mortificazione non e`, pertanto non ci dovrebbe essere confusione nelle nostre menti. La mortificazione non equivale a uccidere totalmente il peccato una volta per tutte. Il peccato persiste in noi fino alla glorificazione. Questo punto e` stato fermamente stabilito nel secondo capitolo. La mortificazione non e` semplicemente una questione di cambiamento esteriore, dove una persona getta via qualche peccaminosa abitudine o comportamento. Questa persona puo` apparire cambiata, ed effettivamente in un certo senso lo e`, ma questo non significa che abbia effettivamente mortificato il peccato; non significa necessariamente che lo abbia messo a morte assieme ai suoi desideri. Inoltre, la mortificazione non e` il progresso verso una natura quieta e calma. Ci sono persone che devono lottare molto contro la rabbia, le quali hanno fatto, per cosi` dire, molti piu` passi avanti nella mortificazione di quel peccato, di uomini che sembrano averla completata in quella (o qualunque altra) area. E la mortificazione non e` neppure il dirottamento o lo scambio di una peccaminosa abitudine con un’altra. In questo caso, il vecchio desiderio non era mai stato mortificato, prova ne e`che tale desiderio ha ora trovato un altro oggetto. E, infine, la mortificazione non e` la stessa cosa che avere occasionalmente vittoria sul peccato. Noi possiamo rinunciare a un certo peccato come risultato di essere stati portati alla disperazione a causa della sua intempestiva esplosione, ma questa non e` mortificazione. Anche il semplice rinunciare al peccato perche` siamo in una qualche pericolosa situazione che richiede l’immediata attenzione di Dio, non e` come mortificare il peccato. Mortificazione e` molto piu` di questo. Procediamo ora verso il sesto capitolo per scoprire di piu` circa la mortificazione del peccato, ma ora da una prospettiva positiva.
58 VI:24.
59 VI:25.
60 VI:25.
61 VI:26.
62 VI:26.
63 VI:27.
Nel precedente capitolo (5) abbiamo imparato cio` che la mortificazione non e`. Moltificazione non e` l’uccisione o l’eradicazione di un peccato. Il peccato sara` con noi fintanto che siamo in questi corpi. La mortificazione non e` neppure la dissoluzione di un peccato, cioe` lo smettere o abbandonare un peccato in termini di azioni esterne. Noi dobbiamo ricordare che Dio guarda nel cuore e esso pure deve essere purificato dal peccato. In verita`, Gesu` si focalizza principalmente, anche se non esclusivamente, sul cuore. Mortificazione non e` acquisire una calma e quieta natura. Alcuni sono piu` naturalmente portati di altri verso questo tipo di comportamento, ma questo non indica che essi abbiamo mortificato anche un solo peccato. Mortificazione non e` neppure dirottamento di un peccato. Gli uomini anziani spesso non inseguono i desideri che avevano quando erano giovani, ma i loro cuori non sono meno colmi di desiderio, ora dirottato verso altre cose. Owen ha arguito che questo e` dovuto al fatto che che essi non hanno mai veramente mortificato alcun peccato, ma hanno cemplicemente cambiato gli oggetti dei loro peccaminosi sentimenti. Essi hanno dirottato i loro peccaminosi desideri, non li hanno mortificati. Infine, mortificazione del peccato non e` lo stesso che reagire con determinazione al peccato quando erompe inaspettatamente o quando ci troviamo in qualche grave situazione e abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio. Petanto la mortificazione non equivale all’avere un`occasionale vittoria sul peccato.
Torniamo ora al nostro riesame del capitolo 6 e ai positivi commenti di Owen sul significato della mortificazione. Ci sono tre punti principali che egli vuole stabilire. Egli arguisce che la mortificazione involve: (1) l’abituale indebolimento del peccato; (2) la costante lotta contro il peccato e (3) l’avere vittoria e successo sul peccato.
Owen comincia questa sezione ponendo l’enfasi sul fatto che “ogni desiderio e` una depravata abitudine o disposizione che inclina continuamente il cuore verso il male.” 64 La condizione di ogni uomo e` davvero esattamente catturata in Gen. 6:5: “ogni inclinazione dei pensieri del cuore dell’uomo e` sempre e solamente verso il male.” Tale e` la nostra disperata e pietosa condizione. Pertanto e` importante realizzare sin dall’inizio che il peccato si schierera` contro la vostra anima con violenza e impetuosita`. Esso fara` di tutto per “oscurare la mente, disperdere le convinzioni, spodestare la ragione, far cessare il potere e l’influenza di qualunque considerazione atta a ostacolarlo, passare attraverso tutto in una fiammata,”... rimanere vivo e vigoroso, “per ribellarsi, concepire, agitare, provocare, sedurre, [e] turbare.” 65Come gli apostoli Pietro e Giacomo notarono:
1 Pietro 2:11 Carissimi, vi esorto, come stranieri e pellegrini, ad astenervi dai desideri carnali che combattono contro l’anima.
Giacomo 1:14-15 Invece, ognuno e` allettato e sedotto dalla propria concupiscenza. Poi quando la concupiscenza ha concepito, partorisce il peccato e quando il peccato e` compiuto, produce la morte.
Ci sono, comunque, due limitazioni all’idea che ogni desiderio costringa egualmente a commettere il peccato. Primo: a volte un desiderio, per via del naturale temperamento della persona, o per via di certe occassioni e opportunita` (cioe`, tentazioni) puo` essere piu` grandemente rafforzato rispetto ad altri in quella persona o a desideri simili in un altra. Forse Satana ha portato la persona ad una particolare abitudine o modo di pensare, cosicche` ora certi peccati si manifestano piu` spesso e con maggior forza. In ogni caso, basta un solo desiderio, profondamente radicato nel comportamento, per produrre oscurita` nell’anima. Noi possiamo persino riconoscere nelle nostre menti cio` che e` giusto, ma le nostre emozioni e sentimenti sono talmente avvinti, che siamo incapaci di rispondere.
Secondo: non tutti i peccati costringono in egual misura, vale a dire in termini di consapevolezza interiore e della loro manifestazione esteriore. Paolo fa una distinzione fra fornicazione e tutti gli altri peccati:
1 Corinti 6:18 Fuggite la fornicazione! Ogni altro peccato commesso da una persona e` fuori dal corpo, ma il fornicatore pecca contro il suo stesso corpo.
Pertanto, dice Owen, “le spinte di quel peccato sono... piu` riconoscibili” di altre, come per esempio dell’amore per il mondo. L’ “amore per il mondo,” come dice Giovanni (1Giovanni 2:15-16), puo` avere avvinto l’anima piu` della fornicazione, ma in qualche modo e` piu` difficile da scoprire, sia per la persona che per gli altri. Ne consegue percio` che il mondo vede spesso l’uomo che combatte contro la fornicazione come meno mortificato dell’uomo che e` mondano. Naturalmente non e` necessariamente cosi`, bensi` le “spinte” dell’immoralita` sessuale sono per noi piu` evidenti di quelle della mondanita`, specialmente quando un gran numero di persone non sanno neppure cosa sia la mondanita`!
In questa sezione Owen ha percio` mostrato tanto l’avvincente potere del peccato, quanto i due modi da cui appare che non tutti i desideri agiscono sempre con la stessa intensita` per produrre il peccato. Ora che abbiamo capito queste cose, Owen ci porta al suo primo punto principale:
Io dico allora che la prima cosa nella mortificazione e` l’indebolimento di questa abitudine [del peccato], che esso non costringera` e agitera` come prima; che non attrarra` e deviera`; che non turbera` e non rendera` dubbiosi: l’uccisione della sua vita, vigore, rapidita` e prontezza a essere eccitante. Questo e` chamato “crocifiggere la carne con i suoi desideri,” Gal. 5:24; cioe` toglierle la linfa vitale e lo spirito che le danno forza e potere: il deperire del corpo di morte “giorno per giorno,” 2 Cor. 4:16.66
I due passaggi che Owen cita meritano di essere letti in connessione con questo:
Galati 5:24 Ora, coloro che appartengono a Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e desideri.
2 Corinti 4:16 Pertanto non ci scoraggiamo, ma anche se il nostro corpo fisico si va deteriorando, il nostro uomo interiore si sta rinnovando di giorno in giorno.
Owen paragona la mortificazione del peccato ad un uomo inchiodato alla croce. Cosi` come tale uomo inizialmente lotta e piange chiedendo di essere messo giu`, cosi` il peccato lotta con grande violenza fino a quando, eventualmente, gli viene tolta la linfa vitale e la sua forza viene dissipata attraverso la mortificazione. Esso puo` urlare violentemente verso la fine della sua vita, ma morira`. Questo, dice Owen, e` descritto in Romani 6:6:
Romani 6:6 Noi sappiamo che il nostro vecchio uomo e` stato crocifisso con Lui, affinche` il corpo del peccato non ci dominasse piu` e noi non fossimo piu` schiavi del peccato.
Da questo verso Owen fa ancora numerose osservazioni. Qual’e` il fine o lo scopo della crocifissione della natura peccaminosa? Affinche` noi possiamo non essere piu` schiavi del peccato e possiamo non essere piu` costretti a ubbidire a ogni sua anche minima richiesta. E questa liberazione dal peccato si applica non solo ai peccati carnali e sensuali, quali la concupiscenza della carne e degli occhi, e la superbia della vita, ma e` anche liberazione dall’opposizione che esite fra noi e Dio a causa della nostra depravata natura, cioe` le nostre menti e volonta`. Il peccato, sia che ci costringa a compiere azioni malvage o ci impedisca di fare cio` che e` buono, e` indebolito grazie alla crocifissione dello stesso corpo da cui scaturisce. Meno di cosi` e` colpire solamente il frutto e mancare la radice.
Pertanto, la mortificazione comporta prima di tutto l’indebolimento del peccato per mezzo della crocefissione dei desideri, distruggendo la radice stessa che lo origina. La mortificazione comporta anche una costante lotta e conflitto con il peccato.
Ci sono almeno tre aspetti nel lottare e contendere con il peccato che ognuno deve riconoscere se vuole sconfiggere il peccato. Primo: bisogna realizzare che si ha un nemico. Secondo: si deve cercare di capire i metodi, le astuzie e gli espedienti del proprio nemico. Terzo: l’apice del conflitto e` sopraffare il nemico con qualunque cosa sia distruttiva per i suoi piani.
Alcuni Cristiani, non avendo familiarita` con la santita` di Dio, non hanno familiarita` alcuna con la propria peccaminosita` e con il nemico all’interno. Il primo passo per la mortificazione del peccato e` riconoscere chiaramente e ammettere che abbiamo un nemico spietato e che dobbiamo trattare il peccato come tale. Il peccato e` un nemico mortale che non fa prigionieri. Chiunque pecca, muore. Il peccato deve essere distrutto con ogni mezzo possibile: con tutti i mezzi ordinati da Dio.
Come in ogni battaglia, il generale in carica farebbe bene a conoscere il proprio avversario. Farebbe bene a conoscere le sue strategie, metodi, avanzamenti, tattiche, cosi` come le occasioni del suo successo. In questo modo, egli puo` anticipare e superare il nemico, conoscendo in anticipo ogni sua mossa. Owen descrive la spiritualita` pratica in questi termini:
E, invero, una delle parti migliori e piu` eminenti della pratica saggezza spirituale consiste nello scoprire le sottigliezze, le procedure e le profondita` del peccato insito; considerare e conoscere dove giace la sua piu` grande forza; di quali vantaggi fa uso per creare occasioni, opportunita`, tentazioni; quali sono le sue argomentazioni, pretesti, ragionamenti; quali sono i suoi stratagemmi, apparenze, scuse; schierare la saggezza dello Spirito contro l’astuzia del vecchio uomo; seguire le tracce di questo serpente in tutte le sue curve e tortuosita`; essere capaci di dire al suo piu` segreto e (per un cuore comunemente strutturato) impercettibile agire: “Questa e`la tua vecchia via e rotta: so a cosa miri”: pertanto, essere sempre pronti e` buona parte della nostra guerra. 67
Owen dice che dovremmo giornalmente sopraffare il peccato con tutte quelle cose che sono aggressive, mortali e distruttive per esso. Che dovremmo impegnarci a causare al peccato nuove ferite e farlo ogni giorno, e che questo e` l’apice del conflitto contro il peccato e della mortificazione. Egli si occupera` di questo principio piu` dettagliatamente nei capitoli dal nono al quattordicesimo.
Owen arguisce che un’altra evidenza della vera mortificazione e` avere frequentemente successo sul peccato e le sue spinte. Questa non e` semplicemente una vittoria momentanea sul peccato, ma piuttosto il comparare ogni impulso peccaminoso con la Legge di Dio (vederlo per cio` che realmente e`: nefando) e l’amore di Cristo (sfuggire la condanna), condannandolo totalmente e portando distruzione alla vera e propria radice della concupiscenza o desiderio. Owen dice che quando un uomo ha portato il peccato a un tale punto di morte, sia per quanto riguarda la radice che il frutto, e puo`, con una calma attitudine, scovare il peccato e sconfiggerlo, egli fara` l’esperienza della pace per tutti i giorni della sua vita e in lui il peccato e` veramente mortificato. Pertanto il genuino successo sul peccato e` un reale marchio della mortificazione biblica.
Nel quinto capitolo Owen ha citato numerosi punti allo scopo di chiarire cosa non sia mortificazione. Qui, nel sesto capitolo, egli ha spiegato cosa e` la mortificazione e cosa comporta. Primo: comporta l’abituale indebolimento del peccato esattamente alla sua radice. Questo avviene crocifiggendo il peccato e i suoi desideri. Secondo: la vera mortificazione consiste nel lottare e contendere contro il peccato. In questa battaglia dobbiamo prendere consapevolezza che abbiamo veramente un nemico mortale di cui dobbiamo aver cura di imparare e saper identificare gli stratagemmi, e che dobbiamo fare uso di tutte le nostre risorse per far pressione su di esso. Terzo: la vera mortificazione, basata com’e` sulla precedente opera di Dio nel darci il Suo Spirito e una nuova natura, comporta durevole successo sul peccato.
Nel settimo e ottavo capitolo Owen stabilira` due regole generali circa il dovere della mortificazione. Questi si riferiscono a punti che egli ha gia` dimostrato circa la necessita` di essere credenti (7) e la necessita` di sincera e completa obbedienza (8). Senza di questi, nessuno potra` mai mortificare neppure un singolo peccato. Nei capitoli dal nono al quattordicesimo, egli delineera` principi specifici per la mortificazione del peccato.
64 VI:28.
66 VI:30.
67 VI:31.
Il settimo capitolo riprende esattamente da dove il quinto e il sesto avevano lasciato. Nel nostro riassunto del quinto capitolo abbiamo visto in generale la parte restante del libro di Owen. Primo: abbiamo detto che il quinto e il sesto capitolo trattavano la dimostrazione di cio` che significa mortificare un peccato, considerato sia positivamente che negativamente. Era intenzione di Owen disperdere gli consueti miti riguardo alla mortificazione e presentare un chiaro quadro di cio` che mortificazione significa esattamente. Ancora oggi esiste su queste questioni quasi la stessa confusione che esisteva quattrocento anni fa, quando Owen scrisse. Secondo: il settimo e l’ottavo capitolo mirano a dare direzioni generali circa il processo di mortificazione. Terzo: i capitoli dal nono al quattordicesimo si diffondono in particolari su come una persona puo` mortificare un peccato che le e` di impedimento nel suo cammino con Cristo. Quindi, dato che in questa lezione stiamo trattando il settimo capitolo, considereremo direttive generali concernenti “i modi e i mezzi con cui un’anima procede alla mortificzione di un certo desiderio o peccato che Satana sfrutta per privarlo della pace e indebolirlo”. 68
L’argomento del settimo capitolo e` veramente molto semplice e diretto. Il fondamento basilare per la mortificazione e` che un uomo o una donna siano credenti, altrimenti la propria casa e` costruita sulle sabbie mobili. In accordo con questo fondamento, di cui Owen ha gia` parlato molte volte, e` la fede lo strumento con cui il peccato viene mortificato. Con questi fondamenti gemelli, Owen stabilisce il suo primo principio generale riguardo alla necessita` di avere un vitale interesse per Cristo, se si vuole che la mortificazione possa essere mai una realta`.
Abbiamo gia` visto in Romani 8:13 e Colossesi 3:5 che la mortificazione e` il lavoro dei credenti. Gli uomini possono tentare di praticarla e persino alcuni filosofi come Seneca, Tullio e Epiteto hanno scritto discorsi appassionati sul rinunciare al mondo con le sue passioni, ma essi sono stati incapaci di mortificare anche un singolo peccato in senso biblico. Lo stoicismo puo` difficilmente andare d’accordo con la dottrina biblica del come trattare col peccato. La stessa cosa vale per i papisti i quali, mediante i loro “voti, penitenze e soddisfacimenti”, tentano la mortificazione in modi non ordinati da Dio. Come ha detto Paolo, essi ignorano i metodi stabiliti da Dio per la rettitudine, tentando di stabilire i propri mediante le opere personali. (Rom 9:31-32).
Mortificare il peccato e` dovere di tutti gli uomini che ascoltano il vangelo, ma non e` loro immediato dovere. Prima essi devono venire a Cristo mediante la fede e ricevere lo Spirito di Dio. Poi, con lo Spirito insito, senza il quale un uomo non e` un Cristiano ne` conosce alcunche` di reale riguardo a Cristo, essi non sono piu` “nella carne e sono morti al peccato”, pero` sono vivi e “stimolati al retto vivere.” Per un non-credente, lavorare per mortificare un peccato e`, come dice Owen, operare nel fuoco, con tutti i propri lavori consumati mentre costruice. E` un processo futile.
Quando Pietro predico` il suo sermone di Pentecoste in Atti 2, egli non chiamo` gli Israeliti alla mortificazione del peccato di per se`, ma li chiamo` piuttosto a pentirsi, convertirsi e avere fede in Cristo. Owen dice:
Io dico allora che la mortificazione non e` l’attuale lavoro per uomini non-rigenerati. Dio non li chiama ancora a questo; la conversione e` il loro lavoro: la conversione dell’anima, non la mortificazione di questo o quel particolare desiderio. Voi ridereste di un uomo se lo vedeste costruire un grande fabbricato [palazzo] senza tener conto delle fondamenta; particolarmente se lo vedeste cosi` stupido da continuare a operare nello stesso modo, pur avendo sperimentato migliaia di volte che cio` che un giorno costrui` crollo` in un altro.69
Un uomo che non e` rigenerato, cioe` che non crede in Cristo e pertanto non possiede lo Spirito, lavora invano per mortificare il peccato. Sebbene faccia uso di una grande quantita` di medicinali, egli non verra` mai guarito. Egli sta rispondendo in modo sbagliato al problema del peccato nella sua vita. Quando Dio causa alla sua coscienza di venire distrutta a causa del peccato, e al suo cuore di essere scoraggiato, egli dovrebe venire a Dio attraverso Cristo, non mettersi al lavoro per cercare di alleviare la propria coscienza mediante sforzi personali, ma senza Dio. Religioni che insegnano questo, portano gli uomini all’inferno, non a Dio.
Owen lamenta il fatto che molti sono portati a credere che questo e` cio` che Dio vuole da loro, quando niente potrebbe essere piu` lontano dalla verita`. Se un uomo avesse cio` che gli appare essere in qualche misura un successo nell’eliminare la pratica di qualche allarmante peccato, egli finirebbe con l’illudere la propria anima e si troverebbe, nel momento del bisogno, piu` lontano da Dio di quanto sarebbe stato altrimenti. Egli “mortifica” il peccato per amore verso di se`, non per amore verso Dio. Alla fine arriva a credere che la propria condizione davanti a Dio non e` poi cosi` brutta e diventa severo grazie al suo stesso credersi virtuoso. Ne consegue che e` molto difficile far staccare tale persona dal suo credersi virtuosa.
Ma quando una persona, durante il corso di una lunga vita, sembra non avere mai successo nel reprimere veramente un peccato, magari puo`, dopo tanto lottare, decidere di gettare la spugna e concedersi di peccare. Dopotutto, a cosa serve tentare cosi` strenuamente? Eliminare certi peccati mediante le sole forze personali, sarebbe come cercare di rimuovere un chiodo dal legno con le sole mani. Alla fine, in molti casi, il peccato li distrugge.
Gli uomini che vivono senza Cristo, sono spiritualmente morti secondo l’apostolo Paolo (Efesini 2:1). Essi non hanno, ora come ora, quella facolta` o strumento, come Owen vi si riferisce, di produrre effetto alcuno sul processo di mortificazione: essi non hanno una genuina fede viva in Cristo. E` follia cercare di fare un lavoro senza i necessari attrezzi o strumenti. Questo vale anche per una persona che cerchi di praticare la mortificazione senza l’amore per Cristo ispirato dallo Spirito, e una viva fede in Lui. E` la fede, secondo Pietro, che purifica il cuore (Atti 15:9).
Dopo aver messo in chiaro che la mortificazione e` una pratica che riguarda i credenti e non i non-credenti, cioe` coloro che posseggono lo Spirito e non coloro che sono tuttora morti nei loro peccati, Owen stabilisce la prima regola generale per i credenti che vogliono mortificare il peccato. E` espressa come segue: Assicurati di avere interesse in Cristo; se intendi mortificare il peccato senza di questo, non succedera` mai. Ora, ci puo` essere qualcuno che fa obiezione all’idea che i non-credenti non debbano mortificare il peccato.
Owen ha sostenuto che la mortificazione non e` lavoro per un uomo non-rigenerato. Coloro che pensano di essere credenti perche` vanno in chiesa, hanno bisono di comprendere che questo non fa di loro dei Cristiani. Essi possono amare la religione Cristiana e tuttavia essere estranei a Cristo e percio` non possedere la vita del Suo Spirito (Rom 8:9). Una persona deve avere fede in Cristo; deve avere lo Spirito; deve essere rigenerata.
Bene dunque, cosa deve fare il non-credente? Poiche` la mortificazione non e` decisamente affar suo, secondo Owen, cosa dovrebbe fare? Dovrebbe soltanto peccare allegramente? Owen anticipa questa obiezione:
Voi direte: “Cosa vorreste allora che facessero gli uomini non rigenerati che sono convinti dell’empieta` del peccato? Dovranno smettere di lottare contro il peccato, vivere dissolutamente, dare libero corso ai loro desideri e essere tanto empi quanto il peggiore degli uomini? Questa sarebbe la via per creare confusione per il mondo intero; per portare tutte le cose nell’oscurita`; per aprire le paratie del desiderio e mollare le redini sul collo degli uomini, facendo si` che si precipitino in ogni genere di peccato con diletto e avidita`, come per il cavallo in battaglia.70
Owen fornisce quattro risposte a questa domanda. Primo: egli dice che si deve considerare come buona saggezza, misericordia e amore di Dio, il fatto che Egli possa scegliere di usare qualsiasi mezzo per impedire agli uomini di agire secondo ogni loro desiderio. Questo include la loro stessa illusione di sapere come evitare di peccare. Secondo: Dio si compiace spesso di impedire agli uomini di peccare mediante la Sua parola predicata, cosi` che essi possano venire a Cristo in fede: coloro che non lo fanno, vengono cosi` comunque spesso trattenuti dal commettere abominevoli peccati. La Parola ha un potente effetto sulle persone. Terzo: sebbene gli uomini siano trattenuti dal peccare mediante il lavoro dello Spirito e l’insegnamento della Parola, questo comunque non significa che essi siano in qualche modo salvi o spirituali; essi continuano a essere morti nei loro peccati e sotto il potere dell’oscurita`. Quarto: fate sapere alle persone che la mortificazione e` veramente il loro dovere, ma va praticata nel modo appropriato. Prima di tutto essi devono essere convertiti, e quindi affidarsi allo Spirito insito (mediante genuina fede) per portare avanti il processo di mortificazione.
A questo punto Owen porta la sua discussione a toccare i predicatori o coloro che cercano questo “impiego”. Egli dice che essi devono avere cura, nel proprio dovere di parlare agli uomini dei loro peccati, di farlo con l’intento di aiutarli soprattutto a vedere la loro reale condizione personale. Diversamente, il denunciare il peccato senza guidare gli uomini a Cristo, puo` sicuramente renderli piu` sobri, ma puo` costituire un puro cambiamento formale o esterno, senza nessun genuino cambiamento interiore: essi possono cioe` rimanere non-convertiti. In questo caso, non li avete portati a Cristo per essere purificati, ma li avete lasciati ai loro stessi ipocriti espedienti e alla loro personale forza in materia di trattare col loro peccato:
Inveire contro particolari peccati di ignoranti persone non-rigenerate, delle quali il mondo e` pieno, e` un buon lavoro, ma se, anche facendolo con grande efficacia, vigore e successo, sortira` solamente l’effetto di portare le persone a cercare di mortificare da se`, con ancor maggiore diligenza, i peccati loro proclamati, sara` stato solo come battere un nemico in campo aperto e guidarlo poi dentro un inespugnabile castello, impossibile conquistare. Vi avvantaggiate talvolta su un peccatore a ragione di un certo peccato? Avete qualcosa con cui far presa su di lui? portategliela al suo stato e condizione, dirigetegliela su fino alla testa, e li` trattate con lui. Far breccia negli uomini riguardo a certi peccati e non far breccia nei loro cuori, e` privarci del vantaggio di trattare con loro. 71
Per riassumere, Owen ha detto che la vera mortificazione e` solo per coloro che sono veri credenti in Cristo. Tale credente possiede lo Spirito ed e` rigenerato: ha dentro di se`la vita di Dio. Egli deve quindi esercitare la fede nel processo di mettere a morte il peccato. Pertanto, la prima regola generale di Owen per la mortificazione del peccato e` che il/la credente si assicuri di sviluppare un interesse per Cristo, senza il quale non ci sara` alcuna mortificazione del peccato. [Possiamo qui aggiungere, e Owen sviluppera` piu` avanti questa idea, che certe discipline, come la lettura delle Scritture e specialmente la meditazione, assieme alla preghiera e la gioiosa compagnia con altri credenti, sono strumenti chiave che il Signore usa per stimolare la nostra comprensione di Lui e la nostra sete di conoscerLo e amarLo di piu`. Naturalmente, il nostro modo di rispondere alle prove e` di grande importanza nella nostra giornaliera comunione con il Signore, cosi` come l’abitudine di compiere con gratitudine opere buone e condividere con gentilezza il Vangelo con i nostri amici].
Ma le persone non-rigenerate, per quanto serie e religiose, non possono mortificare il peccato ed e` pericoloso insegnare loro a farlo, perche` lo faranno inevitabilmente per amore di se stessi e non perche` amano Dio. In realta`, essi non stanno comunque veramente mortificando il peccato ed e` una grande illusione far loro pensare che lo stanno facendo. Alla fine l’orgoglio sara` la loro rovina poiche` diverrano radicati nel loro considerarsi virtuosi. Questo non significa che il non-credente e` libero davanti a Dio di fare come gli pare e piace e peccare secondo i propri desideri. Dio si compiace di usare numerosi metodi nel frenare tale tipo di male e la totale confusione che ne risulterebbe. I predicatori devono comunque trattare con gli uomini portandoli a Cristo alla luce dei loro personali peccati, non semplicemente inveendo contro il peccato stesso.
68 VI:33.
69 VI:35.
70 VI: 38.
71 VI: 39. Questo consiglio di Owen ai predicatori e` una forte medicina. Spiegare alla gente la natura del peccato e parlare loro dei loro specifici peccati era certamente il lavoro dei profeti, di Gesu` e degli apstoli, cosi` come e` lavoro nostro. Ma dobbiamo portare avanti questo ministero con profonda umilta`, come Isaia stesso arrivo` a comprendere (Isa 6:1-8). Soprattutto, deve essere fatto con amore e rispetto per l'attuale condizione altrui (Col. 4:5-6). Non violate il frutto dello Spirito per dare il Suo messaggio. Piuttosto fate si` che, compiendo opere buone, la vostra luce splenda davanti agli uomini, e da questo contesto portate parole di verita` nelle loro vite. Voi non siete la quintessenza; siete un peccatore come loro; un peccatore assetato che, per grazia di Dio, sa dov'e` l'acqua!
Nel quinto capitolo Owen ha mostrato cio` che non si puo` definire mortificazione. Essa non e` nessuno dei seguenti punti: (1) eradicare totalmente il peccato; (2) smettere la pratica esterna di qualche peccato; (3) il miglioramento di una natura gia` quieta; (4) scambiare un peccato con un altro o (5) la conquista occasionale di qualche peccato a causa di pericolose circostanze o per qualunque altra ragione. Queste cose, dice Owen, non sono vera mortificazione. Egli ha comunque controbilanciato tutto questo nel sesto capitolo con una chiara descrizione di cio` che significa mortificare il peccato. Significa (1) costantemente indebolire il potere del peccato durante tutto il corso della propria vita; (2) lottare costantemente contro il peccato e (3) avere un continuo e abituale successo contro il peccato.
Con la descrizione sia positiva che negativa della mortificazione, Owen ha dunque fatto la preparazione per cio` che seguira` nel suo discorso, vale a dire principi generali e particolari per il processo di mettere a morte il peccato: ora che comprendiamo cosa sia la mortificazione, egli procede a mostrarci come praticarla. Egli comincia cosi` a darci, nel settimo e ottavo capitolo, alcuni principi generali per la mortificazione, sui quali costruira` nei dettagli attraverso i capitoli dal nono al quattordicesimo. Nel settimo capitolo abbiamo visto che la mortificazione e` strettamente per i Cristiani e che i non-Cristiani che si accollano tale dovere finiscono illusi circa la loro personale virtu` o, dopo molti fallimenti, finiscono con smettere di sperare. Essi devono prima di tutto essere convertiti a Cristo e rigenerati. Quindi possono cominciare il processo di mortificazione grazie allo Spirito che e` venuto a stabilirsi dentro di loro. Pertanto, il primo principio generale di Owen e`: Assicurati di avere interesse per Cristo; se intendi mortificare il peccato senza di questo, non avverra` mai. Qui, nell’ottavo capitolo, Owen porcedera` a darci il suo secondo e ultimo principio generale riguardante la mortificazione. Esso e`: Senza sincerita` e diligenza nell’universalita` dell’obbedienza, non si puo` ottenere la mortificazione di nessun desiderio che ci sconcerta.
L’argomento dell’ottavo capitolo implica tre idee distinte, eppure correlate: (1) non ci sara` mortificazione senza un genuino desiderio di ubbidienza universale, cioe` ubbidienza in tutte le aree della propria vita; (2) ubbidienza parziale non portera` a vera mortificazione perche` deriva dall’egocentrismo e pertanto poggia su un fondamento corrotto e (3) Dio permette a volte a un desiderio di prendere il sopravvento su di noi come punizione per la nostra mancanza di ubbidienza in altre aree della nostra vita. Vediamo piu` da vicino questi tre principi.
Nel processo di mortificazione non basta semplicemente provare e sopprimere un desiderio perche` ci ha causato molto dispiacere e pena, permettendo nel frattempo ad altri noti peccati di fiorire. Ci deve essere ubbidienza in ogni area, un’ubbidienza universale, come la definisce Owen:
Un uomo trova che un desiderio lo porta nella condizione precedentemente descritta; e` potente, forte, tumultuoso, cattura, affligge, inquieta, toglie pace; egli non e` capace di sopportarlo; pertanto si dispone contro di esso, prega contro di esso, geme sotto di esso, sospira di essere liberato; forse pero` nel frattempo, in altri doveri,—nella costante comunione con Dio,—nella lettura, preghiera e meditazione,—in altri modi che non sono dello stesso tipo del desiderio da cui e` tribolato,—egli e`dissoluto e negligente. Che quell’uomo non pensi di arrivare mai alla mortificazione del desiderio che lo preoccupa.72
Owen dice che questo principio puo`essere visto nella vita di Israele ed e` anche ovvio. Prima di tutto, con Israele, Isaia scortica la nazione a causa della sua duplicita` riguardo all’ubbidienza verso Dio. Egli dice (es. vv. 5-7):
58:1 “Grida a squarciagola! Non ti trattenere! Urla come una tromba. Confronta il mio popolo riguardo ai suoi atti di ribellione; dichiara alla casa di Giacobbe i suoi peccati 58:2 Essi mi cercano giorno dopo giorno; vogliono conoscere le mie vie, come una nazione che pratichi cio` che e` giusto e non abbia abbandonato la legge del suo Dio. Mi chiedono giusti giudizi; desiderano essere vicini a Dio. 58:3 Essi si lagnano, ‘Perche` non ci vedi quando digiuniamo? Perche` nemmeno noti quando ci mortifichiamo?’ Vedete, voi digiunate e allo stesso tempo soddisfate i vostri desideri egoistici, voi opprimete i vostri operai. 58:4 Vedete, voi digiunate fra litigi e alterchi e venite alle mani. Smettete di digiunare come fate oggi, solo per cercare di far udire la vostra voce in cielo. 58:5 E` forse questo il tipo di digiuno che Io voglio? Voglio Io dunque solamente un giorno in cui la gente si mortifica piegando la testa come un giunco e sdraiandosi sul sacco e sulla cenere? E` realmente questo cio` che voi chiamate digiuno, giorno gradito al SIGNORE? 58:6 No, questo piuttosto e` il tipo di digiungo che io richiedo: Io voglio che siano rimosse le empie catene, strappati via i legami del pesante giogo, mandati liberi gli oppressi e spezzato ogni tipo di giogo gravoso. 58:7 Io voglio che condividiate il vostro cibo con chi ha fame e offriate ricovero alla gente oppressa e senza tetto. Quando vedete qualcuno nudo, vestitelo! Non girate le spalle a chi e` carne della vostra carne! 58:8 Allora, la vostra luce splendera` come l’alba; la vostra guarigione avverra` in fretta; la vostra giustizia vi precedera` e lo splendore del SIGNORE sara` la vostra retroguardia. 58:9 Allora, invocherete il SIGNORE e Egli vi rispondera`; implorerete aiuto e Egli dira`, ‘Eccomi’. Dovete togliere di mezzo a voi il giogo dell’oppressione e smettere di puntare il dito accusatore e parlare iniquamente. (NET Bible)
Isaia dice che e` da ipocriti digiunare e cercare Dio da una lato, e opprimere la gente dall’altro. Come dice l’apostolo Giovanni: “chi non ama suo fratello che ha visto, non puo` amare Dio che non ha visto (1 Giovanni 4:20). L’ubbidienza deve essere universale se dobbiamo vincere il peccato attraverso la mortificazione. Questo principio e` anche ovvio. Se si ha qualche indisposizione fisica dovuta a un abuso sul corpo causato da negligenza o da una dieta insufficiente o altro, e` inutile tentare di trattare la malattia senza avere controllo sul proprio stile di vita, almeno per quanto riguarda le attivita` che hanno portato a quella indisposizione.
Paolo ha reso chiaro in 2 Corinti 7:1 che il Cristiano deve schierarsi contro ogni cosa (cioe` ogni peccato) nella propria vita che e` iniqua, non soltanto contro certi peccati che sembrano essere, al momento, particolarmente fastidiosi.
Pertanto cari amici, poiche` abbiamo queste promesse, purifichiamoci da ogni cosa che potrebbe contaminare il corpo e lo spirito, e compiamo quindi la nostra santificazione per reverenza verso Dio.
Dio non ha forse permesso e tollerato che un certo desiderio crescesse e diventasse forte dentro di essi, come punizione per peccati non confessati in altre aree, incluso il peccato di tiepidezza? “La furia e predominio di una particolare concupiscenza e` comunemente frutto e questione di in modo di agire, generalmente inaccurato e negligente, e questo su un doppio conto”74:
Primo: c’e` un effetto naturale in un peccato non mortificato. Quando noi facciamo la guardia ai nostri cuori e li osserviamo attentamente, siamo capaci, se vogliamo, di sconfiggere il peccato ai suoi primi segnali. Ma se abbandoniamo la nostra posizione e il nostro cuore diventa incustodito, il peccato, attraverso i sentimenti, si fara` strada nei nostri pensieri e vi prendera` alloggio. Possiamo persino dare occasione a quel peccato di essere agito, dandogli cosi` un punto d’appoggio ancora piu` solido. Avendo cosi` mancato di custodire il nostro cuore—e noi dovremmo custodirlo bene, perche` da esso fluisce la sorgente della vita—il peccato prende il sopravvento. Alcuni spendono il resto della loro vita nel dolore, occupandosi di tale peccato—peccato che avrebbe potuto essere prevenuto mediante la vigilanza (Prov. 4:23).
Secondo: come Owen ha gia` fatto notare, Dio puo` permetterci di essere sofraffatti dal peccato per punirci, cioe` per prevenire o curare qualche altro male in noi. Questa e` l’esperienza di Paolo in 2 Corinti 12:7
Pertanto, affinche` io non diventassi superbo, mi fu data una spina nella carne, un messaggero di Satana che mi tribolasse, cosi` che io non potessi insuperbirmi.75
Owen suggerisce, che questo potrebbe essere stato anche il caso per l’apostolo Pietro. Forse Dio gli permise di rinnegare il suo Maestro tre volte per curarlo della sua vana sicurezza di se`.
Il risultato finale e` che, senza il desiderio per un’universale ubbidienza, nessun tentativo di mortificazione avra` successo, perche` tale desiderio procede quasi certamente da un cuore corrotto e egocentrico. Owen conclude:
Mentre nel cuore abita una fraudolenza nell’indulgere verso una certa negligenza nel non insistere universalmente alla totale perfezione nell’obbedire, l’anima e` debole, poiche` non da` alla fede la sua totale opera, e egoista, poiche` tiene piu` in considerazione il fastidio del peccato che l’oscenita` e la colpa di esso, e vive in una costante provocazione verso Dio: pertanto essa non si puo` aspettare niente di favorevole da qualunque dovere spirituale intraprenda, ancor meno in quello che stiamo qui prendendo in considerazione che, per essere attuato, richiede un differente principio e condizione dello spirito. 76
Owen ha suggerito due principi generali da prendere in considerazione. Il primo era di diventare interessati verso Cristo. Questo puo` sembrare ovvio, ma molta gente pensa alla mortificazione come a una specie di stoicismo. Incoraggiare un personale interesse verso Cristo, aiuta comunque a comprendere che e` nel contesto di una relazione con Cristo che la mortificazione cresce. Il secondo principio e` che la vera mortificazione e` impossibile per la persona che non sviluppa sincerita` e diligenza in un’universale ubbidienza. Primo: il fondamento della mortificazione e` l’odio per il peccato come peccato, e l’amore verso Cristo. Pertanto, voler essere liberi dal peccato semplicemente perche` ci ostacola o ci priva della nostra pace, e` un fondamento corrotto. Tale persona tratta inevitabilmente con leggerezza quei peccati che non le procurano pena o la disorientano in qualche modo. Secondo: per contrasto, il tipo di mortificazione che e` sostenuta dallo Spirito e` quella che si fonda su un odio per tutti i peccati nella propria vita e su una corrispondente determinazione a schierare se stessi contro tutto cio` che ci contamina e rovina la nostra completa o universale ubbidienza verso Dio. Questo, e solo questo, e` in accordo con la morte di Cristo, cioe` il Vangelo della grazia di Dio. Nell’esaminare la tua vita e affidarla al Signore, chiediti se ci sono certi persistenti peccati nella tua vita come risultato del Suo castigarti. Ha forse Dio permesso che tu cadessi in certi peccati perche` tu non ti sei dedicato all’ubbidienza con tutto il cuore? Esaminiamo le nostre vite con i Suoi attenti occhi e Scritture, per vedere se c’e` qualche iniqua via in noi che abbiamo mancato di confessare e mortificare.
72 VI:40.
73 VI:41.
74 VI:42.
75 La precisa identificazione della "spina nella carne" di Paolo e` difficile da definire con certezza, dato che egli non ce lo dice. Di conseguenza, ci sono state numerose supposizioni, da una vista debole a una insufficiente eloquenza, e numerose altre. Owen sembra suggerire che ci possa essere stata una costante tentazione verso un certo peccato (p.e., superbia spirituale), una tentazione portata avanti da un demone mandato da Dio a tale scopo.
76 VI:43.
Nel settimo e ottavo capitolo Owen ha stabilito due regole generali per la corretta comprensione e pratica della mortificazione. Primo: una persona deve sviluppare amore e interesse per Cristo. Nel dire questo, Owen sta cercando di tagliar fuori quei papisti che riducono la mortificazione alla pratica di certi riti religiosi ecc., ma non incrementano in alcun modo la reale conoscenza e amore per Cristo. Pertanto essi hanno una religione, ma non hanno nessun potere e l’intero sistema, direbbe Owen, e` inutile. Essi operano per la grazia e non dalla grazia. Owen ci ha invece dimostrato, mediante Romani 8:13 e vari altri testi, che Dio ci ha gia` accettati grazie alla fede e ci ha dato il Suo Spirito come vera causa efficiente della mortificazione.
Il secondo principio generale esposto da Owen era nell’ottavo capitolo e riguardava cio` che egli chiama universalita` di ubbidienza. Veramente, cio` che egli stava dicendo e` che la vera mortificazione origina dal corretto fondamento di una sincera e diligente condizione del cuore verso un’universalita` di obbedienza a Dio. La persona che cerca semplicemente di liberarsi di un desiderio inquietante, cosi` come Owen vi si riferisce, senza desiderare di ubbidire in tutte le aree della propria vita, sta costruendo la propria casa sulle sabbie mobili e alla fine non mortifichera` alcun peccato.
Avendo stabilito questi due principi generali, Owen procede ora a dare, nei capitoli dal nono al quattordicesimo, “direttive particolari” per la pratica della mortificazione. Queste direttive particolari possono essere suddivise in due categorie: (1) quelle che sono preparatorie per la mortificazione, e (2) quelle che descivono l’effettiva opera di mortificazione. La prima direttiva particolare e` preparatoria per il lavoro di mortificazione e riguarda i pericolosi sintomi che accompagnano un desiderio e le caratteristiche di questi sintomi.
Il primo principio particolare suggerito da Owen e` il seguente:
Considera quali pericolosi sintomi accompagnano o sono alle dipendenze del tuo desiderio; se esso ha su di se` qualche marchio mortale oppure no; se cosi` fosse, esso richiede che siano usati straordinari rimedi: un comune processo di mortificazione non servira`.
Voi direte: “Quali sono questi pericolosi marchi o sintomi che tu intendi essere i disperati attendenti di un’insita concupiscenza,?77
Il resto del capitolo si impegna a dimostrare alcuni dei “pericolosi sintomi”, cioe` i “disperati attendenti”, della concupiscenza insita.
Owen dichiara che se abbiamo permesso a qualche peccato di rimanere a lungo nel cuore, “di risiedere in potere e predominio”, e abbiamo ricevuto da esso molti colpi senza cercare di metterlo a morte, o abbiamo nutrito le ferite che ci ha arrecato, allora quel desiderio e` pericoloso:
Hai permesso per lungo tempo alla mondanita`, ambizione, avidita` di conoscenza, di erodere altri doveri, come quelli che tu avresti di mantenerti costantemente in comunione con Dio? O hai permesso alla fornicazione di inquinare il tuo cuore con vane, folli e inique immaginazioni per molti giorni? Questo tuo desiderio ha un pericoloso sintomo... Quando un desiderio e` stato a lungo nel cuore, corrompendo, infettando, incancrenendo, porta l’anima a un’orribile [sic] condizione. In tal caso, un comune processo di umiliazione non fara` al caso.78
Questo tipo di desideri e peccati, dice Owen, si fanno strada in tutte le facolta` dell’anima, comprese le emozioni, dove spesso essi stabiliscono, per cosi` dire, la propria residenza. Ne risulta che diventano familiari alla mente e non causano grande allarme quando appaiono, potendo cosi` lavorare assiduamente, senza la benche` minima resistenza. Owen dice che essi sono pericolosi per due ragioni: (1) la persona che vive in tale condizione diventa sempre piu` incapace di distinguere fra il prolungato dimorare di un peccato non mortificato e il dominio del peccato, cosa quest’ultima che puo` dirsi solo di un non-Cristiano, e (2) la persona che vede il proprio desiderio fissato in tal modo nella propria anima perde la speranza, faticando a credere che le cose cambieranno e che potra` riguadagnare la propria pace. Paragonando il peccato a un occupante Owen dice:
Le vecchie ferite trascurate sono spesso mortali, sempre pericolose. Insite intemperanze fanno la ruggine e diventano ostinate, continuando con facilita`e calma. Il desiderio e` un tipo di occupante che, se puo` appellarsi al tempo e a qualche prescizione, non sara` facilmente espulso. Poiche` da se` non muore mai, se non viene ucciso giornalmente riprendera` sempre forza. 79
I nostri cuori hanno la tendenza a giustificarci, pur sapendo che possediamo qualche desiderio che non tentiamo nemmeno di mortificare. Questo e` un altro “sintomo pericoloso di una mortale intemperanza nel cuore”. Owen dice che facciamo questo in diversi modi, due dei quali sono i seguenti:
Primo: quando riconosciamo qualche peccato nel nostro cuore e trascuriamo di applicare diligenza nel mortificarlo, guardando invece al buono che c’e` nel nostro cuore cosi` che possiamo sentirci bene e le nostre coscienze possano essere alleviate, allora il peccato ha stabilito una pericolosa radice. Owen non sta dicendo che non dovremmo mai pensare alle nostre esperienze di Dio e richiamarle spesso alla mente per essere confortati e incoraggiati, ma quando lo facciamo per sfuggire al senso di colpa, allora siamo in una posizione pericolosa. Ascoltate cosa dice Owen:
Per un uomo, sommare le proprie esperienze di Dio, richiamarle alla mente, riordinarle, considerarle, provarle e migliorarle, e` una cosa eccellente, un dovere praticato da tutti i santi, raccomandato sia nel Vecchio e che nel Nuovo Testamento... E cosi` come di per se` e` eccellente, e` ancora migliore al tempo opportuno, in un momento di prova, tentazione, o inquietudine del cuore riguardo al peccato... Ma il farlo come fine a se stesso, [cioe`] per soddifare la coscienza che grida e richiama con un altra motivazione, e` il disperato espediente di un cuore innamorato del peccato. Quando un uomo avra` a che fare con la propria coscienza; quando Dio lo rimproverera` per la peccaminosa intemperanza del suo cuore, se egli, invece di impegnarsi per avere quel peccato perdonato nel sangue di Cristo e mortificato dal Suo Spirito, si giustifichera` con una qualsiasi altra dimostrazione che egli ha, o crede di avere, svincolandosi cosi` dal giogo che Dio stava mettendogli sul collo, la sua condizione e` veramente pericolosa; la sua ferita e` difficilmente curabile.80
Un secondo modo in cui il cuore di un uomo o di una donna si autogiustifica (cioe` si da` pace) e` convertendo la grazia di Dio in licenziosita`. Le persone che applicano grazia e misericordia a un peccato non-mortificato, o a un peccato che non hanno sinceramente tentato di mortificare, sono ingannatrici e invischiate nell’amore per il peccato. Indulgere nel peccare perche` si sa che Dio perdonera` e` il colmo dell’ipocrisia e scambia la grazia di Dio in un occasione di licenziosita`, esattamente cio` contro cui Paolo ammoni` in Romani 6:1-2:
6:1 Cosa dovremo dire allora? Dobbiamo rimanere nel peccato cosicche` la grazia possa aumentare? 6:2 Assolutamente no! Come possiamo essere morti al peccato e continuare a vivere in esso? (NET Bible)
Noi dunque, sia grazie all’astuzia di Satana che alla nostra persistente mancanza di fede, distorciamo cio` che ha lo scopo di liberarci dal peccato in un’occasione propizia per carne. Benche` Owen non ne faccia qui menzione, faremmo bene a leggere Tito 2:10-11 per vedere quale sia il vero effetto della grazia:
2:10 Infatti la grazia di Dio si e` manifestata, portando salvezza a tutti gli uomini. 2:11 Ci insegna a rinnegare l’iniquita` e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrieta`, giustizia e virtu`. (Vedere anche 1 Cor. 15:10).
La persona che ha un tale segreto piacere per il peccato, ma in certi momenti non lo mette in pratica semplicemente perche` ci sono persone presenti o qualche altra circostanza glielo impedisce, e si alleggerisce la coscienza con metodi diversi dalla mortificazione e dal sangue di Cristo, e` una persona corrotta e si trovera`, “senza una pronta liberazione, sul ciglio della morte”.
Un altro sintomo pericoloso, secondo Owen, e` la frequenza del successo del peccato nell’ottenere il consenso della volonta` verso quel peccato. Owen intende dire che quel peccato ha successo quando ottiene il diletto della volonta`, anche se l’atto non puo` essere consumato o il peccato non puo` “completare” il suo corso (come dice Giacomo) in un determinato momento. Anche questa e` una pessima condizione in cui trovarsi: “pericolosa”, per dirlo con parole di Owen. Inoltre, secondo Owen, non importa se questa condizione sorge come risultato di una scelta della volonta` oppure inavvertitamente. Egli dice:
Quando siamo inavveduti e negligenti, mentre abbiamo l’obbligo di essere vigili e cauti, quell’inavvedutezza non si discosta dalla volontarieta` di cio` che facciamo a quel punto, perche` anche se gli uomini non scelgono e decidono di essere negligenti e inavveduti, tuttavia se scelgono le cose che li rendono tali, scelgono l’inavvedutezza stessa, dato che puo` essere la causa per cui una cosa viene scelta.81
Secondo Owen, gli uomini non dovrebbero pensare che il male nei loro cuori e` trascurabile, solo per il fatto che il loro stesso consenso li sorprende. Perche` quindi non e` trascurabile? Perche` e` spesso uno stato di cose causato dalla loro stessa precedente negligenza.
Alcuni di noi parlano di non peccare solo nel contesto del giudizio del peccato. “Meglio che io non faccia quella cosa perche` Dio mi punira` per questo”. Mentre questa affermazione e`a prima vista vera, questa stessa verita` diventa corrotta nelle mani dei peccatori. Stiamo tentando infatti di vincere il peccato chiamando in causa la legge e le sue punizioni; abbiamo scambiato il gentile giogo di Cristo, con il giogo di ferro della legge. La punizione a causa del peccato non e` la ragione primaria o centrale per mortificare le opere della carne. Secondo Owen, tale prospettiva rivela che il peccato ha preso fortemente possesso della nostra volonta`. Dovremmo invece usare le “armi del Vangelo” contro il peccato: armi come (1) la morte di Cristo; (2) l’amore di Dio; (3) l’abominevole natura del peccato; (4) la preziosita` della comunione con Dio, e (5) un odio profondamente radicato per il peccato come peccato. Owen dice che questa era l’attitudine di Giuseppe nel Vecchio Testamento (Gen. 39:9) e di Paolo nel Nuovo Testamento. Leggete per esempio 2 Corinzi 7:1 e notate la progressione dalla grazia di Dio (attraverso le promesse), al comando di crescere in santita`:
7:1 Carissimi, poiche` dunque abbiamo queste promesse, purifichiamoci da tutto cio` che potrebbe contaminare la carne e lo spirito, portando cosi` a compimento la nostra santita`, grazie alla venerazione verso Dio.
Riassumendo, Owen dice:
Ma se un uomo e` talmente sotto il potere della propria concupiscenza che non ha altro da opporle che la legge; se non puo` combatterla con le armi del Vangelo, ma la tratta solamente con l’inferno e il giudizio, che sono le armi della legge, e` oltremodo evidente che il peccato ha preso possesso, in misura prevalente e dominante, della sua volonta` e sentimenti.
Tale persona ha abbandonato, per quanto abbiamo specificamente detto, la condotta della grazia rinnovante, ed e` trattenuto dal rovinarsi solo per mezzo della grazia contenente. 82
Owen ci dice che quando ci sentiamo di prendere posizione contro il peccato, dovremmo chiederci se lo facciamo per paura di “essere colti” (cio` puniti da Dio), oppure odiamo veramente il peccato e amiamo Cristo. Il credente dovrebbe essere orientato prevalentemente verso il secondo atteggiamento perche` egli “non e` piu`controllato dalla legge, ma dalla grazia”.
Ci sono momenti, dice Owen, in cui Dio ci lascia sotto lo sconcertante controllo di qualche particolare desiderio o peccato, come punizione per qualche precedente peccato, negligenza e follia. Questa puo` essere esattamente la cosa di cui Israele si lamenta davanti a Dio in Isaia 63:17:
63:17 Perche`, o Signore, ci fai peregrinare lontano dalle tue vie e rendi ostinate le nostre menti cosi` che non ti obbediamo? Ritorna, per amore dei tuoi servi, le tribu` della tua eredita`! (NET Bible)
Sorge dunque la questione di come possiamo sapere se questo “pericoloso sintomo” accompagna i nostri desideri.
Ma come fa un uomo a sapere se l’essere lasciato alla propria inquietante intemperanza e` in relazione con il castigo portato per mano di Dio? Risp. Esamina il tuo cuore e le tue vie. Qual era la condizione della tua anima prima che tu cadessi preda di quel peccato di cui ora tanto ti lamenti? Hai trascurato i tuoi doveri? Sei vissuto disordinatamente? C’e`in te un senso di colpa per qualche grave peccato di cui non ti sei pentito? Un nuovo peccato puo` essere permesso, cosi` come una nuova afflizione puo` essere mandata, per riportare alla memoria un vecchio peccato.83
Owen conclude dicendo che se abbiamo ricevuto misericordia, protezione e liberazione da Dio e non siamo stati grati; se non abbiamo operato per mortificare il peccato; se abbiamo ceduto alle tentazioni del mondo e questa e` la nostra attuale condizione, dobbiamo “risvegliarci e invocare Dio” perche` siamo “profondamente addormentati, mentre una tempesta di rabbia ci circonda.84
Talvolta, quando Dio ci punisce, invece di pentirci, vorremmo rimanere nel nostro peccato. Ci rifiutiamo di rinunciare a quella attitudine o cosa anche dopo che Dio ci ha graziosamente diciplinati per quella regione. Isaia parla di questo argomento e di come Dio disciplini mediante afflizione e diserzione:
57:17 Ero adirato a causa della loro iniqua avidita`; li ho attaccatti e irosamente respinti, eppure essi hanno continuato nella loro disobbedienza e ostinazione.(NET Bible)
Owen dice che se un uomo continua in tale peccato dopo una prolungata disciplina da parte di Dio, non c’e` nulla che possa farlo ravvedere, eccetto la grazia sovrana di Dio. Nessuno dovrebbe pero` presumere che Dio lo fara`, o essere sicuro della liberazione da parte del Signore. Dio potrebbe non liberarlo, e lasciarlo invece continuare nella sua follia.
Ci sono momenti in cui Dio richiamera` gli uomini a causa della loro malvagita` e questo e` esattamente il caso dei fratelli di Giuseppe. Questo li fece riflettere sul loro peccato e autogiudicarsi per quello che avevano commesso. Egli potrebbe anche parlare forte e chiaro mediante qualche pericolo, malattia e tribolazioni in cui un uomo viene a trovarsi. Egli parla anche chiaramente attraverso l’insegnamento della Sua parola—la grande regola per la convinzione, conversione e edificazione della Sua gente—scuotendo i peccatori, chiamandoli ad abbandonare il desiderio dei loro cuori e cosi` tornare da Lui. L’anima che quindi non si pente anche quando Dio ha fatto tutto questo, e` veramente in una tristissima condizione. Owen dice:
I mali che accompagnano una tale condizione del cuore sono indescrivibili. Qualsiasi richiamo fatto a un uomo in tale stato, e` un inestimabile atto di misericordia; quanto dunque, chi li resiste, disprezza Dio in essi! Quanta infinita pazienza c’e` invece in Dio a questo proposito, che non bandisce quel tale e, nella Sua ira, non promette che questi non entrera` mai nel Suo riposo!
Questa e` la prima direttiva particolare: Considera se il desiderio o il peccato con cui stai confrondandoti e` accompagnato da uno di questi pericolosi sintomi.85
Owen avverte i suoi lettori che solo perche` si stanno confrontando con desideri che sono comuni a tutti i credenti, questo non significa che essi siano in effetti dei credenti. Questi sono i tipi di peccati in cui i credenti possono cadere, ma non costituiscono cio` che un credente e`. Tu potresti anche chiamare te stesso un credente, dice Owen, perche` commetti adulterio: dopotutto re Davide, un credente conforme al cuore stesso di Dio, commise adulterio! No, queste lotte col peccato appartengono al Cristiano a causa della realta` del peccato insito e un giorno saranno conluse con la glorificazione. Il non-credente non ha tale speranza. Una persona deve pertanto realizzare che si diventa credenti grazie alla fede in Cristo, non perche` si hanno peccaminosi travagli simili a tutti gli uomini, siano essi credenti o non-credenti. Uno deve cercare altre indicative conferme di fede, se deve correttamente determinare il proprio stato. Owen dice che sostenere l’opposto e` come suggerire che, poiche` talvolta gli uomini saggi commettono follie, commettere follie significa essere un uomo saggio.
In questo capitolo Owen ci ha esposto un proncipio particolare e sei modi di determinare quale rilevanza abbia nelle nostre vite. Il principio e`: Determina quali pericolosi sintomi accompagnano il tuo desiderio perche`, se ce ne sono, un normale processo di mortificazione non servira`. Ora, per determinare se esiste qualche pericoloso sintomo, una persona dovrebbe controllare sei punti. Essi sono: (1) l’inveteratezza del peccato, cioe` per quanto tempo e` stato permesso al peccato di risiedere nel cuore e quindi la sua forza; (2) i modi in cui il cuore nega la presenza del peccato e cerca di darsi pace, anche se sa che c’e` un peccato non mortificato; (3) quanto frequente sia il successo del peccato nell’assicurarsi il diletto della volonta`, anche se, per una qualunque ragione, quel desiderio non puo` essere immediatamente messo in atto; (4) il desiderio di mortificare il peccato solo in relazione a possibili punizioni; (5) una durezza giudiziaria, per cui Dio permette a un certo desiderio di angustiarvi a causa di peccati inconfessati in qualche altra area, e (6) resistere continuamente alla mano punitiva di Dio, punizione che avviene mediante il confronto, i sermoni e difficili circostanze. Nel prossimo capitolo Owen costruira` su questa base apportando un altro principio particolare: trattare col peccato mediante la ricerca di un chiaro e permanente senso di colpa, pericolo e male.
77 VI:43.
78 VI:44.
79 VI:44.
80 VI:45.
81 VI:46.
82 VI:47.
83 VI:48.
84 VI:48
85 VI:49
Come sempre, iniziamo ogni nuovo capitolo facendo un ripasso. Questa volta cominceremo dall'inizio e considereremo fino al presente capitolo. Nei capitoli dal primo al terzo imparammo che la mortificazione e` un dovere che dura per tutta la vita di ogni Cristiano, anche quelli [cosi`detti] migliori fra noi, e che lo Spirito ne e` la causa efficiente. La nostra discussione si basava e fluiva da un'esegesi di Romani 8:13. Nel quarto capitolo imparammo che il vigore e il benessere della nostra vita spirituale dipendono dalla mortificazione del peccato. Nel quinto e sesto capitolo, avendo stabilito una base dal primo al quarto, imparammo cio` che la mortificazione non e`, come pure cio` che effettivamente e`. Nel settimo e ottavo capitolo si erano stabilite due regole generali per la mortificazione del peccato. Per prima cosa, nel settimo capitolo, Owen dichiara che non c'e` reale mortificazione se un uomo non e` un credente. Secondariamente, nell'ottavo capitolo, Owen arguisce che la mortificazione di un qualunque peccato dipende dall'universalita` dell'ubbidienza, cioe` ubbidienza in tutto, non solo riguardo al peccato che ci disorienta. Nel nono capitolo, Owen ha dato la prima di varie direttive particolari per la mortificazione di un desiderio: considera i pericolosi sintomi che accompagnano il tuo desiderio. Con questo egli vuole dire che una persona dovrebbe essere vigile riguardo ad almeno sei punti: (1) l'inveteratezza del peccato, cioe` quanto a lungo e` stato permesso a un certo desiderio di rimanere incontestato nel nostro cuore e la forza che ne ha pertanto acquisito; (2) in quali modi alleviamo la nostra coscienza a dispetto di un peccato inconfessato; (3) quanto quel peccato abbia avuto successo, se non altro nel dilettare le nostre menti, e se siamo o no capaci di intervenire su di esso immediatamente; (4) una volonta` di liberarci del peccato, solo alla luce di possibili punizioni; (5) l'esistenza di una durezza giudiziaria e (6) la forza che un desiderio ha di resistere ai messaggi di Dio, messaggi che includono afflizione, diserzione e il richiamo di Dio attraverso il ministero della parola. Se esistono questi sei punti, un normale processo di mortificazione non servira`.
Abbbiamo brevemente riassunto i capitoli dal primo al nono. Nel decimo capitolo, Owen continua la sua discussione di particolari principi per la mortificazione di un desiderio. Ecco il secondo principio (per il primo, vedi il nono capitolo): Ottieni un chiaro e durevole senso, nella mente e nella coscienza, della colpa, pericolo e male, di quel peccato che ti disorienta.
L'argomento del decimo capitolo e` un'esposizione del secondo principio particolare stabilito immediatamente sopra. Owen ci da` quindi due modi in cui possiamo approfondire il senso della colpa di un peccato, cosicche` non ci giustifichiamo riguardo a esso. Inoltre, ci da` quattro indicazioni riguardo al pericolo di un desiderio, includendo l'ingannevolezza; la correzione divina; la perdita di pace e forza; e la rovina eterna. Infine, Owen parla di tre mali che accompagnano ogni peccato, cioe` il fatto che addolori lo Spirito di Dio, ferisca di nuovo il Signore Gesu` Cristo e privi l'uomo della propria utilita` per il Signore. Guardiamo ora piu` dettagliatamente a queste tre aree.
E` un tratto distintivo dell'umanita` caduta, il fatto che troviamo scuse per il nostro peccato, a volte persino davanti ai piu` atroci crimini. Spesso lo facciamo deviando lo sguardo altrui dall'offesa che abbiamo appena commesso, verso qualche altra (peggiore) offesa commessa da altri. Guarda diciamo, non sono cattivo come quella persona. Perche`... io quello non l'ho mai fatto! Non c'e` da meravigliarsi che la Bibbia si riferisca al peccato come incredibilmente imbroglione e sia anche colma di esempi che illustrano questo punto. Prendete per cominciare la vita di Davide. Basti pensare a che punto egli arrivo` per potersi assolvere dal proprio peccato verso Betsabea, finche` finalmente il profeta Natan tacito` tutti i sotterfugi e le finzioni con la sua parabola, cosicche`[sic] Davide finisse con l'essere assalito completamente dal senso della colpa del proprio peccato. Owen dice:
Ci sono innumerrevoli modi in cui il peccato distrae la mente da un giusto e dovuto timore per la propria colpa. Le sue clamorose esaltazioni oscurano la mente, impedendole di avere una giusta valutazione delle cose. Ragionamenti confusi; estenuanti promesse; tumultuosi desideri; false motivazioni; speranze di perdono; tutti giocano la loro parte nel perturbare la mente dal considerare la colpa di un dominante desiderio.86
C'e` quindi, per i Cristiani, il bisogno di esaminare profondamente le proprie inique vie e non evocare troppo in fretta pensieri di perdono, altrimenti non si comprende realmente cio` che si e` fatto. Essi devono piuttosto imparare a stabilire un corretto giudizio circa la colpa del proprio peccato. Owen suggerisce due vie per crescere in questo. Primo: dobbiamo comprendere che, poiche` siamo coloro che sono stati portati dalla morte alla vita e abbiamo fatto esperienza della grazia liberatrice di Dio, in un certo senso il peccato diventa piu` grave quando viene commesso da noi, di quando e` commesso da un non-credente. Questo perche` abbiamo peccato contro la personale conoscenza della misericordia, grazia, assistenza, sollievo, risorse e liberazioni di Dio, cosa che i non-credenti non hanno. Secondo: Dio vede l'abbondanza della bellezza che esiste nei desideri dei nostri cuori di credenti, piu` di quanto essa possa esistere nel migliore degli uomini non-rigenerati e nelle loro opere, ma Egli vede anche l'incredibile malvagita` nei nostri cuori, dato che commettiamo peccati nonostante la nostra conoscenza della grazia. Noi dichiariamo una cosa e ne pratichiamo un'altra; siamo ipocriti riguardo alla nostra testimonianza verso Dio. Dio, vede tutto questo. Ricordate cio` che Cristo disse alla chiesa di Laodicea: Io conosco le vostre opere (Rev 3:15).
Riassumento quindi, la consapevolezza di questi due fatti, cioe` che il nostro peccato e` in un certo senso piu` grave perche` noi pecchiamo coscientemente contro Cristo, e anche il fatto che Dio veda questa malvagita`, dovrebbe esserci di aiuto per guidarci a un corretto riconoscimento della colpa del nostro peccato. Noi non possiamo correre a nasconderci come hanno pensato di poter fare i nostri primi genitori.
Noi, non solo dobbiamo considerare la colpa del nostro peccato, ma anche riconoscere i pericoli che vi sono connessi. Il primo reale pericolo che corriamo e` di diventare insensibili a causa dell'ingannevolezza del peccato. In verita`, questo e` estremamente pericoloso perche` e` ingannevole; e` difficile rendersene conto quando sta avvenendo. Ebrei 3:12-13 dice:
3:12 Badate, fratelli e sorelle, che non ci sia in nessuno di voi un cuore malvagio e incredulo che vi allontani dal Dio vivente. 3:13 Ma esortatevi a vicenda ogni giorno, finche` si puo` dire Oggi, perche` nessuno diventi insensibile a causa dell'ingannevolezza del peccato.
E` importante realizzare che l'insensibilita` di cui si parla qui e` estrema; non lasciatevi ingannare: il peccato non si accontenta mai di fermarsi prima della rovina; con ogni mezzo disponibile, esso fara` passi in quella direzione. Piu` ci inoltriamo progressivamente nel peccato, piu` esso ci inganna, e minore diventa il timor di Dio. In questo senso e` simile all'ipossigenazione o perdita di ossigeno: siamo spesso incapaci di riconoscere il problema prima che sia troppo tardi. Riguardo alle devastanti conseguenze dell'ingannevolezza del peccato, Owen commenta:
Il peccato diventera` per te sempre piu` cosa da poco; ci passerai sopra come se niente fosse; crescera` fino a questo punto. E quale sara` la fine di tale condizione? Pensi possa capitarti niente di piu` triste? Arrivare al punto di considerare il peccato cosa insignificante, non e` sufficiente a far tremare il cuore? Pensieri che sottovalutano la grazia, la misericordia, il sangue di Cristo, la legge, il paradiso e l'inferno, vengono tutti allo stesso momento. Stai attento, questo e` cio` a cui ti porta il tuo desiderio: rende il cuore insensibile, danneggia la coscienza, acceca la mente, stordisce i sentimenti e inganna l'intera anima.87
Il secondo pericolo che si corre continuando in un peccato, implica la correzione di Dio, chiamata a volte retribuzione, giudizio, o punizione. Owen non sta dicendo che Dio abbandonera` in eterno il suo amato (cf. Ro. 8:1, 38-39), ma che Egli usera` con noi la verga. Basti ricordare ancora una volta la relazione di Yahveh con Davide. A causa del suo peccato, il figlio di Davide mori`, il suo regno fu ridotto, il suo corpo agonizzo` e egli stesso fu esposto a pubblico scandalo e umiliazione. Dio aveva promesso che lo avrebbe fatto; Salmo 89:30-33 dice:
89:30 Se i suoi figli abbandonano la Mia legge e non camminano secondo i miei decreti, 89:31 se essi violano i miei statuti, e non osservano i miei comandamenti, 89:32 allora puniro` la loro trasgressione con la verga, e flagellero` le loro iniquita`. 89:33 Ma non gli togliero` la mia grazia, ne` tradiro` mai la mia fedelta`.
Il terzo pericolo che corriamo quando persistiamo in un noto peccato e` la perdita di pace e forza. Come dice Owen essere in pace con Dio, avere forza per camminare davanti a Dio, e` il compendio delle grandi promesse del patto di grazia. 88 Ma che valore ha la vita se ogni giorno diventa un compito tedioso e sperimentiamo cosi` poco della Sua perfetta pace, che supera ogni comprensione, e della Sua forza, grazie alla quale possiamo fare qualsiasi cosa? Permettere a un peccato non-mortificato di avere via libera, ci puo` portare a questo punto. Ascoltate le parole di Isaia e Osea:
Isaia 57:17 Ero adirato a causa della sua empia avidita`, e con rabbia distolsi il mio volto, eppure egli continuo` a fare a modo suo.
Osea 5:14 Perche` io saro` come un leone per Efraim, come un grosso leone per la casa di Giuda. Io li faro` a pezzi e me ne andro`; li trasportero` via e non ci sara` nessuno a salvarli. 5:15 Poi me ne ritornero` alla mia dimora fino a quando essi ammetteranno la loro colpa. Allora essi cercheranno il mio volto; nella loro desolazione mi invocheranno intensamente.
Quando la casa di Giuda trasgredi`, Dio adirato si nego`loro. Owen chiede quindi: Che pace ci puo` essere quando Dio si nega a noi? Questo e` diverso dall'ira e dal giudizio che Dio riversa continuamente sui non-credenti (vedi Romani 1:18-32). Questo e` il modo in cui Dio tratta il Suo popolo perche` esso arrivi a riconoscere la propria colpa, abbandoni la propria ostinazione e torni a invocarLo. Quando, per cosi` dire, Dio si nega a noi, perdiamo la bellezza della Sua compagnia e il potere di camminare alla Sua presenza. Lo scopo e` di farci ritornare a Lui. Owen dice:
Considera questo per un momento: anche se Dio non ti distruggesse completamente, tuttavia potrebbe porti nella condizione di vivere continuamente nel timore di essere distrutto. Abitua il tuo cuore a pensare a questo; fa che riconosca quale puo` essere il risultato di questa condizione. Non smettere di ponderare su questa eventualita` fino a quando hai portato la tua anima a tremare dentro di te.89
Queste sono parole forti, ma vengono dal cuore di un pastore, un cuore che conosce cosa sia la peccaminosa ostinazione e quanto bruciante sia la mano di Dio che castiga. Owen vuole farci riflettere sul fatto che Dio potrebbe toglierci la pace e la forza; Egli potrebbe darci pena e sofferenza a causa di un peccato non-mortificato. Faremmo bene a pensare a lungo e intensamente a questo e ritornare ai nostri sensi; dobbiamo ricominciare ad avere un santo timore del Signore Iddio.
Il quarto pericolo che noi corriamo quando viviamo con un peccato non-mortificato, e` il pericolo della distruzione eterna. Poiche` Owen crede nella sicurezza eterna del credente, si prende cura di spiegare cosa vuole dire con questo. Primo, egli nota che c'e` una connessione fra il continuo peccato e la distruzione eterna:
…che sebbene Dio decida di liberare alcuni dal continuare a peccare affinche` non possano essere distrutti, tuttavia Egli non liberera` dalla distruzione chi continua nel peccato; pertanto, a chiunque viva sotto il permanente potere di un peccato, si deve nel contempo far considerare la minaccia di distruzione e eterna separazione da Dio. Cosi` in Ebrei iii. 12; a cui si aggiunge il cap. x. 38.90
Owen continua a discutere il problema del peccato abituale. Faremmo bene ad ascoltare attentamente cio` che egli ha da dire perche` questo e` un argomento che oggi molti (inclusi insegnanti della Bibbia) non comprendono molto bene, o non comprendono affatto. Generalmente, essi hanno talmente confuso l'amore di Dio con una certa sentimentale attitudine verso il peccato, che non c'e` piu` posto per la Sua santita`, ne` c'e` alcuna analoga fiducia che Egli possa proteggerli fino alla fine. Vale infine la pena di citare Owen:
Che colui che e` cosi`vincolato... sotto il potere di una corruzione, non puo` avere a questo punto alcuna prova tangibile del proprio interesse per il patto, grazie alla cui efficacia egli possa essere liberato dal timore della distruzione; pertanto la distruzione del Signore puo` giustamente essere un motivo di terrore per lui e egli dovrebbe guardare a essa come alla fine del proprio percorso e modo di vivere. Non c'e` condanna per coloro che sono in Cristo Gesu`, Rom. viii.1. Vero; ma chi avra` il conforto di questa affermazione? chi puo` presumerla per se stesso? Coloro che camminano secondo lo Spirito e non secondo la carne. Ma voi direte: Non e` questo che porta gli uomini a non credere? Io rispondo: No. C'e` un doppio giudizio che un uomo fa di se stesso: prima di tutto circa la propria persona; e secondariamente circa il proprio comportamento. Io sto parlando del giudizio del suo comportamento, non della sua persona. Assumiamo pure che un uomo ottenga la migliore testimonianza possibile riguardo alla propria persona, rimane tuttavia suo dovere presupporre che un iniquo comportamento finira` con la distruzione; non farlo, e` ateismo. Io non sto dicendo che in tale condizione un uomo dovrebbe gettar via le prove del proprio personale interesse in Cristo; ma io dico che egli non puo` conservarle. Esiste una doppia condanna per la personalita` di un uomo. Prima di tutto riguardo all'abbandono, quando l'anima conclude che merita di essere tagliata fuori dalla presenza di Dio; e questo non ha niente a che fare con il non credere, ma e` piuttosto un effetto della fede. Secondariamente, riguardo al soggetto e evento, quando l'anima conclude che sara` dannata. Io dico che questo non compete a nessuno, ne` chiamo a farlo; ma dico che se un uomo fosse portato a concludere da se` che la fine del proprio comportamento sara` la morte, questo puo` portarlo a fuggire da quel comportamento. E questa e` un'altra considerazione che dovrebbe stabilirsi nell'anima, se essa desidera essere liberata dal groviglio dei propri desideri.91
Riassumiamo cio` che Owen sta affermando qui. Io penso sia questo: la persona che crede di poter continuare in peccato senza il minimo desiderio di esserne liberato/a (molto spesso perche` essa non considera neppure che il peccato in questione sia un vero peccato), non dovrebbe credere che il paradiso sara` la sua destinazione; essa dovrebbe arrivare alla conclusione che ad attenderla vi siano terrore e giudizio. La speranza del paradiso non dovrebbe venire offerta a coloro che non ne desiderano, in qualche misura, il regno nel qui e ora. Per contro, la persona che dice che dovrebbe essere scacciato/a dalla presenza di Dio, e` certamente un credente, perche` i non-credenti non posseggono tale acuta comprensione del proprio peccato in relazione con Dio e la Sua santita`. Si dovrebbe permettere al proprio peccato e alle sue possibili conseguenze, di spingerci a sfuggirlo.
In breve, notate che Owen non sta dicendo che, poiche` una persona pecca, egli/ella non dovrebbe avere speranza alcuna nel paradiso. Non e` affatto cosi`. Egli non sta infatti formulando un tale giudizio. Egli sta semplicemente asserendo che, se voi veramente continuate a peccare senza pensare neppure per un attimo alla vostra destinazione finale, egli non vi offrirebbe il paradiso. Pertanto non sta dicendo che voi siete o non siete credenti, ma solamente che egli non vi tratterebbe come tali, e voi pure dovreste essere cauti nell'affermare di credere, quando state facendo cosi` poco riguardo al vostro peccato. L'argomento e` un'evidenza per la deduzione, non la causa di un effetto. Owen non sta dicendo che la causa della vostra salvezza e` la mortificazione. Egli sta invece dicendo che uno puo` ragionevolmente dedurre dall'evidenza (cioe` mancanza di preoccupazione riguardo il proprio continuare nel peccato), che voi correte il pericolo di essere giudicati da Dio; voi siete in realta` come un non-credente. Per concludere, nessuno dovrebbe comunque formulare il giudizio che egli sara` certamente condannato da Dio, ma solo riconoscere il proprio peccato (cioe` il proprio comportamento) e sfuggirlo.
Mentre il pericolo del peccato ha a che fare con cio` che avverra` in futuro, cioe` il giudizio di Dio, i mali connessi col peccato hanno a che fare col presente; il suo impatto e` qui e ora. Owen elenca tre mali che accompagnano un peccato e il Cristiano dovrebbe seriamente prenderli in considerazione.
Primo: c'e` il male connesso coll'addolorare lo Spirito Santo col quale siamo stati sigillati per il giorno della redenzione. Nel dare una ragione per cui i Cristiani dovrebbero liberarsi del vecchio uomo con tutti i suoi desideri, l'apostolo Paolo dice in Efesini 4:30:
Non addolorate lo Spirito Santo con cui siete stati sigillati per il giorno della redenzione.
I Cristiani dovrebbero pertanto astenersi dai desideri carnali perche` cio` addolora lo Spirito di Dio. Inoltre, e` attraverso lo Spirito che noi riceviamo tutti i benefici della salvezza e e` grazie a Lui che veniamo a conoscere la reale presenza di Cristo in noi. I nostri corpi sono tempi di Dio e pertanto spetta a noi considerare profondamente e scrupolosamente a cosa esponiamo questo tempio, poiche` Dio e` geloso del Suo tempio, il luogo dove Egli risiede mediante lo Spirito. Owen dice:
Cosi` come un tenero e amorevole compagno viene addolorato dalla mancanza di gentilezza del proprio amico che egli ha ben meritata, cosi` pure avviene per il tenero e amorevole Spirito che ha scelto i nostri cuori come abitazione in cui risiedere, e da li` fare per noi tutto cio` che la nostra anima desidera. Egli viene addolorato dal fatto che noi, assieme a Lui, ospitiamo nei nostri cuori i Suoi nemici, quelli che Egli deve distruggere. Egli non ci affligge volontariamente, ne` ci addolora, Lam iii. 33; dovremmo dunque noi addolorarLo giornalmente? 92
Secondo: il peccato volontario ferisce nuovamente il Signore Gesu` Cristo. Esso ferisce noi, coloro per cui Egli mori`, e ferisce Lui, per il fatto che frustra la comunicazione del Suo amore per noi; inoltre il fatto che noi pecchiamo procura soddisfazione ai Suoi nemici. Come un totale rifiuto di Lui, mediante l'inganno del peccato, e` 'crocefiggerLo di nuovo e esporLo a totale vergogna', cosi` pure l'ospitare il peccato che Egli venne a distruggere, Lo ferisce e Lo addolora. 93
Terzo: un altro male che attende i desideri non mortificati e` che essi privano un uomo della propria utilita` nella sua generazione. Owen fa notare che Dio sara` spesso in opposizione all'ufficio di tali persone, cosicche` essi effettivamente lavorino nel fuoco senza alcun successo. Riguardo a un uomo cosi` vincolato dai suoi desideri, Owen dice:
Le sue opere, i suoi tentativi, i suoi lavori, raramente vengono benedetti da Dio. Se egli e` un pastore, di solito Dio crea impedimenti al suo servizio, cosicche` egli lavori come nel fuoco, non sia onorato da successo, o possa in alcun modo lavorare per Dio; la stessa cosa si puo` dire di altre situazioni.94
Owen lamenta il fatto che in Inghilterra, nel diciassettesimo secolo, cosi` tanti professassero di conoscere Cristo, ma non vi fosse in essi alcuna evidenza del loro cammino con Lui. E` soprendente come queste cose non cambino mai! Indubbiamente ci sono molte ragioni per questo, dice Owen, ma difficilmente puo` essere negato che la ragione principale e` che molti uomini portano in seno desideri che divorano lo spirito, i quali giacciono alla radice della loro obbedienza, corrodendola e indebolendola ogni giorno.
In questo capitolo Owen ha delineato il secondo principio particolare per la mortificazione di un desiderio: Ottieni un chiaro e durevole senso, nella mente e nella coscienza, della colpa, pericolo e empieta` di quel peccato che ti disorienta. Egli ha parlato della colpa del peccato per quanto concerne i credenti che consapevolmente peccano contro Dio che li ha liberati e come questo renda il loro peccato piu` grave di quello commesso da coloro che non ne sono consapevoli. Ha discusso inoltre i quattro pericoli che accompagnano il peccatto non-mortificato. Essi sono: (1) l'insensibilita` del cuore a causa dell'ingannevolezza del peccato; (2) il pericolo della verga correttrice di Dio; (3) la perdita della pace e della forza; e (4) la rovina eterna. Owen elabora infine i tre mali che accompagnano il peccato non-mortificato. Questi sono: (1) esso addolora lo Spirito Santo; (2) ferisce nuovamente Cristo e (3) priva l'uomo della propria utilita` nel servire Dio. Cio` che Owen vuole dimostrare nella sua discussione e` che la persona che ha a che fare con peccati profondamente radicati, deve prendere a cuore queste considerazioni, farle spesso oggetto di meditazione, finche` le diventi chiaro quali effetti il peccato ha realmente avuto sulla sua anima: si dovrebbe pensare a queste cose fino al punto di tremare. Questo e` il secondo principio particolare. Nel prossimo capitolo trattera` del terzo, quarto, quinto, sesto e settimo principio.
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Nell'ottavo capitolo Owen ci fornisce un principio generale per la mortificazione del peccato, vale a dire il bisogno di un'universalita` di obbedienza se si deve veramente mettere a morte un desiderio. Nei capitoli dal nono al tredicesimo Owen discute nove principi particolari per la mortificazione del peccato. Per prima cosa, nel nono capitolo, ci dice di considerare i pericolosi sintomi che accompagnano un desiderio che ci sta dando problemi. Quando seguiamo il consiglio di Owen, arriviamo alla realizzazione dell'ampiezza e forza del peccato nel cuore, mentre prima potremmo aver continuato a esserne totalmente inconsapevoli. Il secondo principio particolare, delineato nel decimo capitolo, comporta l'idea di ottenere un chiaro senso, nella mente e nella coscienza, della colpa, pericolo e iniquita` del peccato con cui abbiamo a che fare. Questo e` importante, altrimenti ci passeremmo sopra con leggerezza o mancheremmo addirittura di riconoscerlo come peccato.
Veniamo ora all'undicesimo capitolo. In questo capitolo Owen ci fornisce cinque principi particolari, vale a dire dal terzo al settimo. Tutti questi principi ci sono comunicati perche` possiamo ottenere liberazione dal potere del peccato insito. Il consiglio di Owen scaturisce da un comando del testo; da una sana sintesi teologica e da un'affettuosa intuizione e cura pastorale; faremmo quindi veramente bene a seguirlo, tanto piu` in un'epoca in cui la gente e` cosi` totalmente incapace e non disposta ad ammettere la gravita` della propria depravazione. I Cristiani hanno un Salvatore che rende possibile e necessario esaminare se stessi sotto il Suo attento sguardo, allo scopo di distoglierci dal peccato e farci crescere sempre piu` spiritualmente conformi all'immagine di Cristo.
Come gia` menzionato, in questo capitolo Owen ci da` i principi particolari dal terzo al settimo. Essi sono: (3) carica la tua coscienza con la colpa del peccato; (4) desidera ardentemente la liberazione dal potere di esso; (5) considera se un certo peccato e` radicato nel tuo naturale temperamento e costituzione; (6) considera quali sono le occasioni che suscitano il tuo peccato, e (7) insorgi con veemenza contro i primi segni di attivita` del tuo peccato. Guardiamo piu` da vicino questi cinque principi.
Owen dice che non dovremmo limitarci a pensare che il peccato ha colpa, ma dovremmo caricare la nostra coscienza con la colpa delle sue effettive irruzioni e interferenze; dovremmo sentirci profondamente in colpa quando commettiamo un peccato. Egli ci da` numerose chiarificazioni per questa direttiva e le vediamo qui di seguito.
Primo: dovremmo usare il metodo di Dio nel caricare le nostre coscienze; dovremmo cominciare con considerazioni generali e poi scendere alle particolari. La prima considerazione generale comporta il caricare le nostre coscienze con la colpa del nostro peccato alla luce della rettitudine e santita` della Legge.
Metti la tua coscienza di fronte alla santa legge di Dio; applicala alla tua corruzione; prega che essa possa avere effetto su di te. Considera la santita`, spiritualita`, intensa severita`, interiorita`, assolutezza della legge, e vedi come tu non possa reggerti di fronte a essa. Fa che la tua coscienza venga molto toccata, io dico, dal terrore del Signore che e` insito nella Legge, e dal fatto che sia giusto che ogni tua trasgressione debba ricevere la ricompensa che merita. 95
Non permettere alla tua coscienza di trovare scappatoie, inclusa l'idea che tu non sei sottomesso alla legge, ma alla grazia. La legge parla tuttora all'iniquita` di tutti gli uomini e il suo santo criterio e` eterno. Dichiarare che sei libero dal potere del peccato e della legge, mentre permetti a qualche desiderio non-mortificato di regnare nella tua anima, e` una cosa pericolosa. Lascia che la Legge pronunci il suo verdetto di condanna per un simile pensiero! Lascia che la Legge ti guidi a Dio per il perdono; lascia che ti riveli la colpa del tuo peccato e ti conduca al punto di umilta` davanti al Signore. Owen lamenta che molti ai giorni suoi, come pure ai nostri, difendono la liberta` dalla Legge e non le permettono di parlare ai loro peccati, scoprendoli e condannandoli. Pertanto essi consentono alla volonta` e alle predilezioni di lasciarsi andare a ogni genere di cose scandalose.
Il secondo principio generale e`: metti il tuo desiderio di fronte al Vangelo, non per sollievo, ma per ulteriore dichiarazione della colpa; guarda a Colui che hai trafitto, e colmati di amarezza. 96 Dobbiamo considerare quale amore, grazia e misericordia arriviamo a calpestare e disprezzare quando pecchiamo. Ho corrotto il cuore, per purificare il quale il Figlio mori` e in cui lo Spirito venne a risiedere? Sto giornalmente addolorando lo Spirito e deludendo lo scopo per cui Cristo mori`? Ho ricevuto tutti i benefici della salvezza di Dio, compresa la Sua presenza, pace, bonta` e perdono, e li ho valutati come cosa da nulla? Dovremmo supplichevolmente meditare su queste cose. Io dico ancora una volta che noi abbiamo virtualmente eclissato la santita` ('unicita`' e purezza) di Dio in nome del Suo amore (erroneamente considerato, comunque: vedi 1 Pietro 1:17-19).
Avendo osservato due idee generali, cioe` guardare al nostro peccato in termini di santita` della legge e quindi esaminarlo alla luce dei benefici del Vangelo, passiamo ora a discutere tre direttive particolari. Primo: dovremmo considerare l'infinita pazienza e tolleranza di Dio. Pensa cosa potrebbe aver fatto per renderti oggetto di disprezzo da parte degli uomini e esporre la vergogna del tuo peccato. Ma non l'ha fatto; Egli ti ha dato tempo per pentirti e tornare al Suo amore. Non provocare la Sua ira! Pensa anche a quante volte tu sei stato sul punto di diventare insensibile nel tuo cuore a causa dell'inganno del peccato, e Dio ti ha salvato. Se vedi che il piacere per i doveri e l'amore per Dio si stanno deteriorando nella tua anima e il tuo comportamento sta diventando permissivo e negligente, allora ritorna da Lui in umilta`. Considera infine tutti gli atti della provvidenza di Dio verso di te, inclusa la tua conversione, quando per grazia Sua tu venisti per la prima volta a conoscerLo in modo personale. Lascia quindi che questo carichi la tua coscienza con la colpa del peccato in cui stai ora trovando piacere. Non usare una simile grazia come licenza per peccare, ma rifletti piuttosto su di essa, cosicche` la tua coscienza realizzi l'immensa iniquita` del proprio peccato e senta la colpa che, nella sana coscienza di un Cristiano, accompagna il male.
Per riassumere, il terzo principio particolare consiste nel caricare la tua coscienza col senso di colpa per lo specifico peccato in questione. Owen, riguardo a questo, da` due principi generali e tre principi particolari. Comincia a valutare l'iniquita` del tuo peccato sulla base del santo comando della Legge e della misericordia di Dio evidente nei benefici del Vangelo. Poi passa a considerare tre punti particolari connessi a queste dichiarazioni generali: (1) considera l'infinita pazienza di Dio; (2) come Egli in passato ti abbia salvato dall'insensibilita` del cuore; (3) rammenta tutte gli atti della grazia di Dio verso di te e fa che portatino la tua coscienza a realizzare la colpa del tuo peccato. Passiamo ora a parlare del quarto principio particolare.
Una volta che ci siamo esercitati sulla la colpa del nostro peccato, dobbiamo ottenere una costante brama, anelando alla liberazione dal suo potere. Bramare di essere libero e` di per se` una grazia e ha grande potere nel renderci come cio`a cui aspiriamo. Owen dice:
Di conseguenza l'apostolo, descrivendo il pentimento e il santo dolore dei Corinzi, considera questo come un significativo intervento della grazia operante: Veementi desideri, 2 Cor. vii.11. E in questo caso di peccato insito e del suo petere, in che modo si esprime l'apostolo? Rom. vii. 24. Il suo cuore da` sfogo al suo anelito con la piu` appassionata espressione del suo desiderio di liberazione... Stai pur certo che se non aneli alla liberazione, non la otterrai.97
Intensi desideri di rilascio e liberazione da qualche prorompente desiderio, ci spingeranno a cogliere ogni occasione per pregare, leggere le Scritture, parlare con fratelli e sorelle, ecc. per poter trovare liberta`. In verita`, forti passioni e aspirazioni al riguardo, fanno sorgere grande fede e sicura speranza, e sono in realta` l'avvicinarsi dell'anima al Signore.
Veniamo ora al quinto principio particolare di Owen. Esso e`: considera se il desiderio o peccato che ti sconcerta maggiormente e` radicato nella tua stessa natura, cioe` nel tuo naturale temperamento. Se pensi che questa sia la situazione, allora considera i seguenti tre punti:
Primo: questo non ci esonera affatto dal nostro peccato; non e` una scusa appropriata. Questo e` vero, perche` il nostro peccato proviene in definitiva dalla caduta e non dal nostro naturale temperamento, seppure il nostro naturale temperamento possa cedere, piu` o meno facilmente, a un peccato piuttosto che a un altro. Come Owen acutamente osserva:
Davide riconosce il suo essere stato formato in iniquita`e concepito in peccato98 come un'aggravante [cioe`, causa ultima] del suo cedere al peccato, non una riduzione o un'attenuante. Il fatto che tu sia particolarmente incline a una peccaminosa intemperanza, non e` altro che la tipica irruzione del desiderio originale nella tua natura, il che dovrebbe particolarmente prostrarti e umiliarti.99
Secondo: dobbiamo fissare i nostri pensieri su questa situazione, altrimenti un peccato che ci viene cosi` naturale si avvantaggera` molto su di noi; per non parlare poi del vantaggio che Satana si prendera` su di noi, se non prestiamo una scrupolosa attenzione alle nostre anime a questo riguardo.
Terzo: per i peccati che sono specificamente connessi al proprio naturale temperamento, esiste un particolare mezzo di mortificazione che ben si adatta al problema ed e` quello citato dall'apostolo Paolo in 1 Cor ix. 27:
Anzi io sottometto il mio corpo e lo rendo mio schiavo, perche` non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato.
Owen commenta:
Il ridurre il corpo in soggezione e` un ordine di Dio che mira alla mortificazione del peccato. Questo procura il controllo sulla naturale radice dell'intemperanza e la fa appassire, rimuovendone il terreno fertile... Per qualcuno puo` diventare una tentazione [dato che i papisti lo fanno impropriamente] il trascurare [questi] mezzi di umiliazione che appartengono a Dio e sono scelti da Dio stesso. Anzi, nel caso su cui stiamo insistendo, il sottomettere il corpo, riducendone il naturale desiderio, digiunando, vigilando e simili, e` senza dubbio cosa gradita a Dio...100
Ma, per quanto riguarda la sottomissione del corpo, Owen da` due limitazioni. Prima di tutto, l'indebolimento esteriore del corpo, diciamo mediante il digiuno, non e` di per se` cosa buona se non porta all'indebolimento della radice di un desiderio. Secondariamente, digiunare, vigilare e simili, non hanno si per se` alcun potere per produrre la mortificazione del peccato. Essi sono piuttosto mezzi che lo Spirito talvolta usa nel processo del liberarci da certi imbarazzanti desideri che hanno guadagnato eccessivo terreno nella nostra anima, al passo con le nostre naturali inclinazioni.
Il sesto principio particolare comporta l'attenta considerazione delle occasioni e vantaggi che le nostre intemperanze (parola usata da Owen per desiderio o peccato insito) hanno colto per entrare in azione; stai in guardia pertanto contro ognuna di esse. Questa e` la disciplina spirituale sul cui esercizio Gesu` istrui` i suoi discepoli. In Marco 13:37 il Maestro dice:
13:35 Pertanto vigilate, perche` voi non sapete quando il padrone di casa verra`: se di sera; a mezzanotte; al canto del gallo o al sorgere del sole; 13:36 affinche`, venendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. 13:37 Cio` che dico a voi, lo dico a tutti: Vigilate.
Dobbiamo stare in guardia contro tutte le irruzioni delle [nostre] corruzioni, come correttamente dice Owen. Questo e` cio` che Davide voleva dire quando affermo` di essersi astenuto dalla propria iniquita`. Egli si era osservato attentamente per non cadere nel suo abituale modo di peccare, e noi dobbiamo fare lo stesso, seguendo il suo esempio (Salmo 119:9, 11). Una persona dovrebbe imparare quali circostanze, ambienti o momenti, causano il suo peccato, e evitarli scrupolosamente, perche` chi non evita la tentazione, alla fine sara` incapace di evitare il peccato. Quella persona sta puramente creando l'occasione di essere sopraffatta dall'ingannevolezza del peccato. Poiche` Owen considerava cosi` grave il problema di essere indotti in tentazione, scrisse un altro intero libro su tale soggetto. Riassumeremo quel materiale in seguito. E` comunque sufficiente dire qui, che chi e` coscientemente indotto in tentazione mediante la negligenza o l'arroganza, prima o poi non potra` resistere al peccato.
Nel settimo e finale principio particolare di questo capitolo, Owen ci sprona a insorgere con veemenza contro i primi segni di attivita` delle nostre intemperanze, gia` al loro iniziale concepimento nel cuore. Egli ci consiglia di non concedere loro il benche` minimo spazio dentro di noi. Non dobbiamo dire al peccato Puoi arrivare fin qui, ma non oltre. Questo si basa su una nozione gravemente sbagliata dell'insidiosa natura del peccato: il peccato non si fermera` finche` non avra` portato avanti la sua opera fino all'estremo. Non si accontentera` mai del fin qui e non oltre. Esso vuole fare il percorso completo in ribellione contro Dio e, se possibile, condurre alla completa morte dell'anima. Rammenta le parole di Giacomo:
1:14 Ma ognuno e` tentato quando e` attratto e sedotto dai suoi stessi desideri. 1:15 Poi, quando il desiderio concepisce, partorisce il peccato e quando il peccato e` compiuto, produce la morte.
Owen dice:
Trovi che la tua corruzione stia cominciando a imbarazzare i tuoi pensieri? Insorgi contro di essa con tutta la tua forza, con la stessa indignazione che avresti se fosse riuscita a compiere cio` che si proponeva. Considera cosa comporterebbe un pensiero impuro: farebbe si` che tu ti rotolassi nella follia e nell'oscenita`. Chiediti cosa comporterebbe l'invidia: omicidio e distruzione sono la sua conclusione. Schierati contro di essa con la stessa veemenza con cui agiresti se ti avesse totalmente degradato fino all'iniquita`. Senza questo metodo, non prevarrai. Cosi` come il peccato ottiene terreno nelle predilezioni per ricavare piacere da esse, altrettanto fa con la comprensione per minimizzarla.101
In questo capitolo Owen ci ha dato addizionali consigli su come mortificare i desideri insiti quando sembrano aver guadagnato troppa forza nelle nostre anime. Egli ci ha dato cinque principi (3-7) che ripetiamo qui di seguito. Primo (no.3): dobbiamo caricare la nostra coscienza con la colpa del nostro peccato. Possiamo fare questo guardando al nostro peccato attraverso la santa lente della Legge di Dio e quindi meditare sui benefici della grazia che Egli ci ha dato mediante il Vangelo. Possiamo anche farlo riconsiderando la Sua particolare pazienza e misericordia verso di me come peccatore; il Suo intervento per impedire a me di diventare completamente insensibile verso di Lui, e il Suo provvidenziale modo di trattare con me che scaturisce dalla Sua infinita misericordia, grazia e amore. Questo basterebbe a caricare la nostra coscienza del peso della colpa del peccato. Secondo (no.4): dobbiamo ottenere da Dio l'ardente desiderio di essere liberati dal potere del peccato. Terzo (no.5): dobbiamo prestare accurata attenzione al peccato che sembra aver radici nel nostro naturale temperamento. Non siamo scusati per questo peccato, ma dobbiamo anzi osservarlo attentamente per non esserne mantenuti schiavi e per impedire a Satana di prendere il sopravvento. Quarto (no.6): dobbiamo considerare in quali occasioni e momenti certi peccati sembrano prendere piu` vantaggio su di noi. Dobbiamo evitare queste situazioni; nutrire le nostre anime; e stare alla larga dalle tentazioni che conosciamo. Quinto (no.7): dobbiamo insorgere con veemenza contro i primi segni di attivita` del peccato nelle nostre anime. Quando vedi che stai cominciando a pensare in modo iniquo o che stai cominciando a prendere la strada sbagliata (come si usa dire oggi), rifletti sul male che esiste in quel particolare peccato e sul fatto che non si fermera` prima di aver completato il suo intero percorso.
Nel dodicesimo capitolo, osserveremo il principio numero otto. Esso ha a che vedere con un modo di pensare biblico che porta all'umilta`, cioe` alla giusta valutazione di chi io sono alla luce della maesta` e grandezza di Dio. Nel tredicesimo capitolo, chiuderemo la nostra discussione sui principi particolari dati da Owen con un riassunto di questi nove principi. Parleremo del pericolo che esiste nel mancare di ascoltare cio` che Dio ci sta dicendo riguardo al nostro peccato, per via della nostra fretta di volerci mettere l'animo in pace. Dovremmo invece ascoltare, e lasciare che sia Dio a darci la pace quando Egli decide che e` il momento opportuno.
95 VI:57.
96 VI:58.
97 VI:60.
98 Salmo 51:5.
99 VI:60.
100 VI:61.
101 VI:62.
La mortificazione e` solo per i credenti e e` definitivamente causata dallo Spirito che risiede in noi. Alla luce di questa verita` e del fatto che questo dovere divino e` comandato ai credenti, Owen comincia nel sesto capitolo a definire cio` che la mortificazion e `, e cio` che non e`. Nel settimo e ottavo capitolo stabilisce due principi generali senza i quali la mortificazione non puo essere raggiunta. Primo: se una persona non e` credente non ci sara` mortificazione (cap. 7); secondo: senza sincerita` e diligenza in un'universalita` di obbedienza, non ci sara` mortificazione (cap. 8). Pertanto, avendo stabilita la base con questi due principi generali, Owen delinea nove principi particolari per la mortificazione del peccato. Questi sono esposti nei capitoli dal nono al tredicesimo. Essi sono: (1) considera i pericolosi sintomi che accompagnano il tuo desiderio (cap. 9); (2) ottieni un chiaro senso della colpa, pericolo e iniquita` del peccato (cap. 10); (3) carica la tua coscienza con la colpa del peccato; (4) ottieni un costante anelito per la liberazione dal peccato in questione; (5) considera se il peccato in questione sia radicato nella tua natura e acuito dalla tua costituzione; (6) considera le occasioni in cui questo peccato solleva piu` spesso la sua odiosa testa; (7) ribellati con veemenza ai primi segnali del peccato (cap. 11) Ci sono altri due principi particolari, il numero otto e il numero nove. L'ottavo principio verra` delineato in questo capitolo, e il nono nel seguente.
Il principio particolare che Owen desidera discutere in questo capitolo e` questo: Usa e esercitati in quelle meditazioni che possono continuamente colmarti di auto-umiliazione e pensieri riguardanti la tua stessa depravazione. Per prima cosa Owen ci dara` due principi pratici per eseguire questo compito e poi difendera` l'idea contro potenziali detrattori.
Come puo` un uomo arrivare alla personale realizzazione della propria depravazione di fronte a Dio e essere umile? Le Scritture dicono che la vera umilta` risulta dal conoscere Dio e meditare sulla Sua grandezza. Questo e` il primo principio pratico. Owen dice:
Rifletti molto sulla preminenza della maesta` di Dio e sulla tua infinita, inconcepibile, distanza da Lui. Pensare molto a questo non puo` che riempirti del senso della tua corruzione che colpisce fino alla radice del peccato insito... Pondera molto su pensieri di questo tipo, per diminuire l'orgoglio del tuo cuore e mantenere la tua anima umile dentro di te. Niente puo` renderti meno disposto a cader preda dell'inganno del peccato di una simile disposizione del cuore. Pensa intensamente alla grandezza di Dio.101
I seguenti testi tratti da Giobbe e Abacuc spronano i santi a questa attitudine:
Giobbe 42:5 Il mio orecchio aveva sentito parlare di Te, ma ora il mio occhio Ti ha visto. 42:6 Pertanto disprezzo me stesso e mi pento nella polvere e nella cenere.
Abacuc 3:16 Ho udito, e mi si rimescolarono le viscere; il rumore fece tremare le mie labbra. Vacillai come se le mie ossa si stessero sgretolando e tremai a ogni passo. Aspetto con ansia il giorno in cui l'angoscia assalira` chi ci attacca.
Il secondo principio pratico e` che pensiamo molto alla nostra stessa scarsa familiarita` con Lui. E` vero che conosciamo Dio attraverso Cristo, ma considera quanto poco terreno abbiamo realmente acquisito nella nostra relazione con Lui. Conosciamo... ma non conosciamo come dovremmo! Pensa alla testimonianza di Agur, quel saggio uomo in Proverbi 30:2-4:
Proverbi 30:2 Certo io sono piu` rozzo di ogni altro uomo, e non ho umana conoscenza; 30:3 Io non ho imparato la saggezza, ne` conosco il Santo. 30:4 Chi e` salito in cielo e ne e` disceso? Chi ha raccolto i venti nei propri pugni? Chi ha contenuto le acque nel proprio mantello? Chi ha stabilito tutti i confini della terra? Qual e` il suo nome, e qual e` il nome di suo figlio? — se lo conosci!
Il salmista disse che i cieli non Lo possono contenere! Quanto e` infinito! Quanto e` immenso! Quanto poco Lo conosciamo! Come dice Owen: Puoi guardare senza terrore dentro l'abisso dell'eternita`? Tu non puoi sopportare i raggi del Suo glorioso essere.102
Owen fa giustamente notare che alla pratica di questo secondo principio deve corrispondere la filiale baldanza con cui, attraverso Cristo, ci avviciniamo al trono celeste (cf. Eb. 4:15-16). Le due verita` devono essere mantenute insieme nella nostra esperienza. Non dobbiamo percio` concludere che, a causa della nostra scarsa conoscenza di Dio, in qualche modo non siamo suoi figli o figlie. Al contrario, dobbiamo gioiosamente fare esperienza della nostra adozione, impegnandoci a conoscerLo piu` profondamente e continuando a riconoscere il nostro fallimento in questa relazione: una relazione impiantata, innaffiata e nutrita, dalla grazia di Dio (cf. Giovanni 15:6).
Considera quindi, io dico, per mantenere il tuo cuore in continuo timore della maesta` di Dio, che persone dalla piu` elevata e eminente cognizione, dalla piu` vicina e abituale comunione con Dio, tuttavia in questa vita conoscono cosi` poco di Lui e della Sua gloria. Dio rivela il Suo nome a Mose`[per esempio], i piu` gloriosi attributi che Egli abbia manifestato nel patto di grazia, Esodo xxxiv. 5, 6: eppure non sono che le parti posteriori di Dio. Tutto cio` che egli viene a conoscere da questo, e` poco, minimo, paragonato alle perfezioni della Sua gloria.103
Qualcuno potrebbe pero` rispondere che Mose` (l'esempio dato sopra da Owen) era sotto l'ombra della Legge, mentre noi abbiamo ora la piena luce del Vangelo; abbiamo, per cosi` dire, Dio rivelato. Non siamo piu` lasciati soltanto con le Sue parti posteriori, ma ora possiamo vedere il Suo volto. Ci sono percio` quelli che non sono d'accordo con Owen. Essi sostengono che non dovremmo cercare di ridurre il nostro orgoglio con idee di quanto poco in realta` noi conosciamo Dio. Essi sostengono che, attraverso il Vangelo, noi Lo conosciamo bene e il negarlo e` negativo per la fede personale. Su questo punto Owen solleva numerose considerazioni.
Primo: egli e` d'accordo con loro che il Vangelo e` una rivelazione di Dio molto maggiore della legge: Il nostro giorno e` molto piu` chiaro di quanto fosse il loro; le nuvole sono spazzate via e disperse; le ombre della notte sono scomparse e volate via; il sole e` sorto.104 Owen non sta percio` affermando che i Cristiani non conoscono Dio e non godono di questa conoscenza. Egli sta semplicemente dicendo che questa storia ha due lati. Secondo: la visione che Mose` ebbe di Dio fu veramente una visione evangelica, ma era minima e povera se paragaonata, non tanto a quella odierna, quanto alle perfezioni di Dio stesso. Terzo: persino Paolo, nel considerare l'enorme benedizione spirituale acquisita sotto il nuovo patto, dice che noi stiamo tuttora guardando in uno specchio in modo oscurato, per cosi` dire (1 Cor 13:12). La nostra visione e` seriamente impedita: vediamo parzialmente, in confronto a come vedremo quando il perfetto avverra`. Persino la Regina di Saba, quando vide Salomone faccia a faccia, dovette confessare che tutte le storie che aveva udito impallidivano al confronto. Lo stesso e` per la nostra presente conoscenza e esperienza di Dio: impallidisce al confronto di cio` che vedremo in futuro. Noi conosciamo come bambini: con debolezza, fragilita` e incompletezza. Questo dovrebbe farci sentire umili, perche` al momento noi non Lo vediamo, dice Giovanni (1 Giovanni 3:2), ma un giorno Lo vedremo. Le nostre anime arroganti farebbero bene a fissarsi su questa verita`.
Ma come mai noi, che abbiamo ricevuto il Vangelo e conosciamo Cristo, possediamo in realta` una cosi` minima conoscenza di Dio? La ragione e` semplice: Dio e` incomprensibile. Noi otteniamo cioe` una conoscenza del Suo essere essenziale, negando cio` che Egli non e`. Noi diciamo che Egli e` infinito e immortale, cioe` che non e` finito e mortale come noi. Pertanto Egli e` totalmente altro da questo e risiede in una luce inavvicinabile, che nessun uomo ha visto o puo` vedere (1 Tim 4:16). Il risultato e` che noi non conosciamo per esperienza alcunche` della Sua natura essenziale. Owen chiaramente evidenzia che nessun uomo ha mai visto o vedra` mai Dio, e il creare coi nostri sensi un qualunque concetto del Suo essere, vorrebbe dire cader istantaneamente preda dell'idolatria. Noi semplicemente non possiamo conoscere l'essenza del Suo divino essere. Noi conosciamo Dio per cio` che fa, non per cio` che e`.
Un'altra ragione per cui noi conosciamo cosi` poco Dio, sta nei mezzi con cui Egli ha ordinato che Lo conoscessimo, cioe` mediante la fede. La fede e` un assenso di fronte a una testimonianza e non una prova di fronte a una dimostrazione. Pertanto ha sempre opportunita` di crescere: noi vediamo in uno specchio in modo oscurato. Possiamo sempre avere fiducia piu` completamente; dare noi stessi piu` completamente; sottometterci piu` doverosamente; pertanto la nostra conoscenza di Dio va sempre piu` approfondendosi, espandendosi, estendendosi e maturandosi. Ma anche quando abbiamo fatto passi avanti nella nostra fede, sono solamente le parti posteriori delle Sue perfezioni che noi realmente vediamo. Facciamo in modo che le nostre anime ricordino tutto questo quando si ergono con orgoglio.
Alcuni potrebbero ulteriormente obiettare che cio` che Owen descrive qui e` vero, ma solo per coloro che non conoscono Dio attraverso Cristo, o per coloro che sono cosi` deboli nella loro fede che tale e` la loro presente capacita`. Il resto di noi non ha pertanto bisogno di meditare su tali cose per rendere l'anima piu` umile. In ultima analisi, questi obiettori sosterrebbero che i Cristiani maturi conoscono Dio meglio di quanto Owen cosi` criticamente pensa. Certamente noi, come Cristiani, siamo ora luce nel Signore e non siamo nell'oscurita`come sembra che Owen stia sostendo. Owen riassume cosi` la loro protesta:
La luce del Vangelo in cui ora Dio e` rivelato, e` gloriosa; non una stella, ma il sole nella sua bellezza si e` alzato su di noi, e il velo e` stato rimosso dai nostri volti. Pertanto, sebbene i non-credenti, e forse anche alcuni deboli credenti, possano essere in qualche misura nell'oscurita`, quelli che invece hanno acquisito qualche crescita o qualche considerevole cognizione, hanno una chiara prospettiva e visione del volto di Dio in Gesu` Cristo.105
A questa obiezione Owen fornisce quattro risposte fondamentali. Primo: tutti i Critiani conoscono abbastanza per ubbidire, amare, servire e godere Dio, piu` di quanto siamo stati capaci di fare fino a questo momento. La nostra oscurita` e ignoranza non sono una scusa per essere disobbedienti e negligenti. Infatti, nessuno di noi puo` dire di essere stato completamente trasformato secondo la conoscenza che abbiamo cosi` graziosamente ricevuto. Inoltre, dobbiamo ricordare che se avessimo usato i nostri talenti solo un po' piu` fedelmente, avrebbe potuto esserci affidato persino di piu`.
Secondo: l'argomento che sostiene che abbiamo una maggiore rivelazione in Cristo di quanto fosse disponibile nel VT e` fondato, ma e` a doppio taglio. Non solo ci insegna che attraverso Cristo noi possiamo conoscere Dio piu` completamente di quanto fosse possibile al tempo del VT, ma elimina anche ogni pretesa umana di comprendere completamente Dio. L'incarnazione fu un velarsi di Dio tanto quanto un rivelarsi. Come per un vasto oceano inesplorato, ci sono sempre nuovi posti in cui andare, frontiere da esplorare e odori da inalare. Ogni rivelazione conduce a domande, perplessita`, decisioni e ansieta`.
Terzo: in risposta all'idea che Owen si riferisca ai non-credenti, va detto che la differenza fra non-credenti e credenti non sta di per se` in cio` che essi conoscono, ma nel modo in cui conoscono. I non-credenti non conoscono in modo che salva, mediante fede genuina e luce celeste, ma puramente mediante una conoscenza indifferente, che e` ben lontana dalla fiducia; essi non hanno familiarita` col Referente per quanto concerne il linguaggio, sebbene essi possano conoscerlo, vale a dire il linguaggio, meglio dei credenti. Pertanto Owen non si sta riferendo ai non-credenti, come invece i suoi detrattori potrebbero supporre.
Quarto: il Vangelo non era inteso per svelare l'essenziale gloria di Dio, ma solo per far conoscere alle Sue creature cio` che era di primaria importanza per incoraggiarle ad avere fiducia in Lui, per trovare diletto in Lui attraverso il godimento e l'obbedienza. Come dice Owen:
L'intenzione di tutta la rivelazione del Vangelo non e` di svelare l'essenziale gloria di Dio perche` noi potessimo vederLo come Egli e`, ma puramente rendere noto di Lui quel tanto che Egli sa essere sufficiente come base per la nostra fede, amore, ubbidienza e il venire a Lui, cioe` per la fede che Egli si aspetta da noi qui: servizi adatti a povere creature in mezzo alle tentazioni.106
In breve, la rivelazione di Dio non e` diretta alla completa conoscenza, come se cio` fosse anche desiderabile o possibile per le creature, ma all'amore e alla fiducia. Ma qui incontriamo comunque un altro fattore limitante. Questa volta non e` comunque relativo alla rivelazione biblica, ma ai beneficiari di tale rivelazione, vale a dire la chiesa, cioe` gente come i degradati esseri umani. Dovremmo essere resi umili dal fatto che siamo deboli e talvolta ottusi, a dispetto della continua opera della grazia di Dio nei nostri cuori. Gli spasmi della poverta` spirituale dovrebbero rodere il nostro orgoglio, riducendolo.
Il punto di Owen in questo capitolo e` semplice. Come Cristiano, tu devi usare e esercitarti in quelle meditazioni che possano servire a colmarti continuamente di auto-umiliazione e pensieri riguardanti la tua stessa depravazione. Ci sono due principi pratici che Owen ci da` per aiutarci in questo. Primo: dovremmo costantemente meditare sull'eccellenza di Dio e, alla luce di questo, sulla nostra depravazione. Secondo: dobbiamo costantemente ricordarci quanto poco conosciamo nostro Padre e come molto di piu` della terra promessa ci stia venendo offerto. Tutti i Cristiani hanno bisogno di conoscere meglio Dio e questa deve essere la nostra costante aspirazione, speranza e passione. Non permettere ad altri Cristiani di usare la stupenda rivelazione del Vangelo o la loro personale esperienza della salvezza, per trattenerti dallo spasmodico desiderio di conoscere meglio Dio. Non permettere a cio` che conosci di ostacolare cio` che devi imparare. Se conosci Cristo, hai cominciato a navigare attraverso un vasto oceano inesplorato. Molto ancora ti aspetta.
Nel tredicesimo capitolo, Owen ci dara` il suo ultimo principio particolare riguardante la mortificazione. E` essenziale per la vita Cristiana perche` tratta l'argomento dell`interiore pace spirituale. La maggior parte dei Cristiani darebbero la vita per due cose: avere piu` potere per fare la volonta` di Dio e piu` pace durante il percorso. Studia bene il tredicesimo capitolo.
101 VI: 63.
102 VI:63.
103 VI:64.
104 VI:64.
105 VI:68.
106 VI:69.
Mortificazione significa mettere a morte il peccato. Come disse l'apostolo: Se, mediante lo Spirito, mettete a morte le trasgressioni del corpo, voi vivrete (Rom 8:13). Il processo senza fine (cioe`, in questa vita) del mettere a morte il peccato e` portato avanti mediante la graziosa opera dello Spirito che risiede in noi. Noi siamo il Suo tempio e Egli e` all'opera per purificarlo. Piu` comprendiamo questo, piu` ci e` facile determinare il fuoco e la direzione dei nostri sforzi nella vita Cristiana. Per questa ragione Owen e` sceso cosi` nei dettagli per spiegare e rendere accessibile a noi questa intera area dell'esperienza Cristiana.
La promessa unita alla mortificazione e` la promessa di vita, cioe`, il godimento del vigore, potere e benessere delle nostre vite spirituali. Ma, ancora una volta, questa promessa e` fatta solo a coloro che sono Cristiani, a coloro che posseggono la causa efficiente della mortificazione, vale a dire, lo Spirito. Tutti gli altri cosiddetti tentativi di mortificazione da parte di non-credenti sono veramente vani, perche` non si puo` mettere a morte nessun peccato senza lo Spirito e tutti tristemente mancano di raggiungere il livello di Dio.
Pertanto, solo coloro che posseggono lo Spirito mortificheranno il peccato. Ma lo Spirito non compie il lavoro senza la nostra cooperazione (Fil 2:12-13).107 Noi dobbiamo sviluppare una sincera universalita` di obbedienza altrimenti nessun peccato verra` veramente mortificato. Owen, nel settimo e ottavo capitolo, ha rese chiare queste e altre idee collegate. Nei capitoli dal nono al tredicesimo egli ha quindi dato nove principi particolari per la mortificazione del peccato. Essi sono: (1) considera i pericolosi sintomi che accompagnano il tuo desiderio (cap. 9); (2) ottieni un chiaro senso della colpa, pericolo e iniquita` del peccato (cap. 10); (3) carica la tua coscienza con la colpa del peccato; (4) ottieni una costante aspirazione alla liberazione dal peccato in questione; (5) considera se il peccato in questione e` radicato nella tua natura e acutizzato dalla tua costituzione; (6) considera le occasioni in cui questo peccato solleva piu` spesso la sua odiosa testa; (7) ribellati con veemenza ai primi segnali del peccato (cap. 11); e (8) colmati di pensieri che guidino a una sana auto-umiliazione (cap. 12) Il nono e finale principio particolare sara` discusso qui, nel nostro riassunto del tredicesimo capitolo.
Il nono principio particolare concerne la nostra esperienza di pace. Owen dice:
Nel caso Dio agiti il cuore riguardo alla colpa delle sue intemperanze, o rispetto alla loro radice e esistenza, o rispetto a qualche loro esplosione, abbi cura di non sentirti in pace prima che sia Dio a dartela; ascolta invece cio` che Egli dice alla tua anima. Questa e` la nostra prossima direttiva, senza il rispetto della quale il cuore sara` altamente esposto all'ingannevolezza del peccato.108
Percio`, secondo Owen, non e` che Dio non voglia darci la pace, ma piuttosto che noi abbiamo la tendenza a farlo da soli, prima di avere veramente affrontato un noto peccato nelle nostre vite, il peccato su cui Egli ci sta chiamando a rapporto. Questo ci lascia con una falsa pace che non proviene da Dio, che non durera` e che puo` veramente consolidarci nella nostra ribellione. Owen ci da` due principi per gestire questa direttiva nel modo appropriato.
Il primo principio e` che Dio si riserva il diritto di dare pace, anche a coloro che sono salvi, quando e dove vuole, e non prima. In linguaggio colloquiale si direbbe che Egli non e` un distributore automatico che, una volta che hai inserito la monetina del valore della confessione, tu puoi istantaneamente ricevere la pace che vuoi; la confessione non funziona ex opere operato. Che questo sia vero appare chiaro dalle parole del profeta Isaia:
Isaia 57:16 Perche` Io non saro` per sempre ostile o perpetuamente adirato, altrimenti lo spirito dell'uomo, l'alito vitale che ho creato, verrebbe meno davanti a me. 57:17 Io ero adirato a causa dell'empieta` della loro cupidigia; Io li colpii e irosamente li respinsi, eppure essi continuarono a essere disobbedienti e ostinati. 57:18 Io ho visto il loro comportamento, ma Io li guariro` e daro` loro riposo, e ancora una volta consolero` quelli che sono afflitti.
Pertanto Dio crea pace per i Suoi figli e, secondo il Suo diritto sovrano, la accorda come Gli piace.
Il secondo principio connesso e` che, cosi` come Dio crea pace, e` solamente Cristo che si riserva il diritto di renderla chiaramente evidente alla coscienza. Basti pensare alla chiesa di Laodicea in Apocalisse 3. Questa chiesa si senti` in pace, ma era una falsa pace e non data da Dio. Gesu`, riferendoSi a Se stesso come al Fedele e Vero Testimone, espose la falsa pace della chiesa e la richiamo` circa la sua permissiva visione del peccato. Essi pensarono di essere in una condizione di pace con Dio, ma il Signore li descrisse come miserevoli, patetici, poveri, ciechi e nudi, e consiglio` loro di comprare da Lui, cosicche` la loro nudita` venisse coperta (3:17-18).
Questi due principi, vale a dire che Dio e` l'autore della pace e che e` prerogativa di Cristo soltanto il renderla evidente alla nostra anima, dovrebbero guidarci a sperimentare in modo crescente la Sua pace. Ma Owen non finisce qui. Egli ci da` cinque ulteriori regole per aiutarci a discernere se siamo noi a sentirci in pace o se e` veramente Dio che ci da` pace.
Le persone costantemente si parlano di pace, mentre il loro parlarsi non e` accompagnato anche da un profondo odio nei confronti di quel peccato per il quale cercano pace. Esse comprendono che solo in Cristo c'e` pace, sulla base della misericordia di Dio. Pertanto richiedono pace secondo l'accordo del Suo amore, ma non si astengono o odiano il peccato stesso. Esse quindi si danno pace: non e` Dio che sta dando loro pace. La pace di Dio viene sempre con una consapevolezza della croce e del tremendo prezzo che Cristo pago` per assicurare pace. Viene sempre con un odio per il peccato. Come dice Owen:
Quando cerchiamo la guarigione, dobbiamo guardare alle Sue ferite, non nella loro cronaca esteriore, che e` il modo dei papisti devozionalisti, ma nell'amore, gentilezza, mistero e piano della croce; e quando cerchiamo la pace, dobbiamo avere nei nostri occhi le Sue punizioni. Ora, io dico, se questo viene fatto secondo la mente di Dio e nella forza di quello Spirito che e` riversato nei credenti, produrra` una repulsione per quel peccato, o peccati, per i quali cerchiamo guarigione e pace... Quando Dio parla di pace al cuore in un sicuro accordo di essa, il cuore si riempie di vergogna per tutti i modi in cui e` stato separato da Lui.109
Per esempio, una persona puo` trovare che il proprio cuore aspira e rincorre le cose del mondo, e questo rende difficile la comunione con Dio. Una coscienza sensibile non puo` sopportarlo. Ma poi lo Spirito parla esplicitamente a tale persona circa quel peccato: Non amate il mondo... (1 Giovanni 2:15-16). E` bene che quella persona non parli di pace alla propria anima finche` non ha una totale ripugnanza per quel peccato. Prima si deve chiederla a Dio, e quindi vedere se la Sua pace non segue un po` piu` tardi.
Quando i Cristiani si accingono ad affrontare il peccato secondo cio` che essi sanno essere razionalmente vero, ma senza l'aiuto dello Spirito, la pace che ne risulta non proviene dal Signore: e` auto-prodotta. Per esempio, supponiamo che una persona abbia in qualche modo peccato, lo sappia e si senta in colpa per questo. Il fatto che lo sappia e provi un reale senso di colpa e` di certo una cosa buona. Ma, come Cristiano, vuole essere alleviato dal senso di colpa, pertanto ricorre come gli e` stato insegnato alla parola di Dio per conforto. Egli sa che ci sono promesse che parlano a questa situazione. Cosi`, dopo aver cercato, finalmente ne trova una, diciamo Isaia, dove Dio promette perdono e guarigione spirituale. Allora egli si dice: Dio mi promette perdono in questo testo, percio` lo applichero` a me stesso. Poi se ne va, sentendosi in qualche modo in pace. Ma, si puo` dire che egli abbia la pace di Dio se la sua applicazione e` stata fatta puramente secondo ragione e capacita` umane? Owen dice: No! Ha l'apparenza della pace, ma in essa non c'e` il Signore. Perche`? chiederai tu. Perche` non e` stato lo Spirito a parlargli di pace. L'ha semplicemente fatto da se`, come una specie di frettolosa reazione Cristiana. Percio`, il fatto che la Bibbia prometta pace da Dio, non significa che noi l'otteniamo istantaneamente, anche se troviamo un verso appropriato, perche` e` prerogativa di Dio dare la pace o toglierla, come Egli crede opportuno, per nostra istruzione, bene e trasformazione.
Inoltre, Owen suggerisce che c'e` un'altra ragione per cui il nostro amico non ha necessariamente la pace che credeva di avere: mentre come Cristiani sappiamo che Dio ci parla di pace mediante la Sua parola e pertanto correttamente la consultiamo, non sempre lo facciamo operando attraverso il potere dello Spirito. Spesso stiamo semplicemente usando la nostra Cristiana, illuminata ragione, senza pero` una consapevolezza della presenza e volere di Dio. Certamente Egli vuole darci pace, ma forse, attraverso il ritardo di quella pace, Egli vuole parlarci persino piu` chiaramente del nostro peccato e della Sua preoccupazione. Riguardo al problema della pace e del ricorrente peccato, Owen dice:
Supponiamo che la ferita e l'inquietudine dell'anima siano dovute a ricadute... [cosi`] nel turbamento della propria mente, egli trova quella promessa, Isa. 1 v.7: Il Signore avra` misericordia, e il nostro Dio perdona abbondantemente... L'uomo riflette su questo e, a quel punto, conclude dandosi pace; egli non considera se lo Spirito di Dio ne faccia o no l'applicazione; se cio` dia vita e potere alla lettera. Egli non ascolta se il Signore Iddio parla di pace. Egli non rimane in attesa di Dio, il quale forse nasconde ancora il proprio volto e vede la povera creatura rubare la pace e scappar via con essa (italici miei).110
Ma da questo sorge la domanda, e l'acuto lettore si sara` gia` chiesto: Come faccio allora a sapere se lo Spirito mi accompagna nella mia ricerca di pace o se sono da solo? Dopo tutto, sto ricorrendo alla Parola di Dio per perdono e guarigione. Lo Spirito e` certamente con me. A questa domanda Owen da` tre risposte collegate.
Primo: abbi fiducia che se sbagli a questo riguardo, e ricorri alle Scritture contando solamente su te stesso, Dio si impegna a fartelo sapere. In umilta`, chiedi alla Sua mano di condurti perche` Egli guida l'umile sulle sue vie. Egli probabilmente ti aiutera` a vedere, rendendoti consapevole della transitoria natura della pace che pensavi di avere: e` venuta ed e` andata. Non proveniva da Lui; Egli ti sta chiamando a qualcos'altro: qualcosa che rimane.
Secondo: le relazioni richiedono tempo. Rimani in attesa di Dio quando ricorri alla Sua Parola. Aspetta che Lui parli di pace al tuo cuore. Il fatto che tu ti precipiti dentro e fuori, puo` tradire un cuore che in Sua presenza non e` tranquillo e pertanto manca della Sua pace. Siedi ai piedi del Maestro e aspetta che parli. Non cercare di forzarGli la mano. Come dice Owen, coloro che si parlano di pace troppo i fretta sono auto-guaritori e estranei alla pace di Dio: una pace che trascende ogni comprensione (Fil. 4:6-7).
Terzo: una falsa pace, ottenuta troppo in fretta, puo` forse calmare la mente, ma non fa nulla per addolcire l'anima e riorientare il cuore verso il riposo e una natura gentile. Come nel caso di Eliseo che dice a Naaman: Va` in pace!. Probabilmente per un momento la sua mente fu tranquilla, ma il suo cuore non era gioioso, se non al pensiero della propria guarigione. La parola di Dio invece e` buona e fa cose buone, perche` proviene direttamente da Lui.
Quando Dio parla, non c'e` solamente verita` nelle Sue parole che possa dare risposta alla certezza delle nostre comprensioni, ma esse ci fanno anche bene; procurano alla volonta` e ai sentimenti cio` che e` dolce, buono e desiderabile; grazie a esse, l'anima torna al suo riposo, Salmo cxvi. 7.111
Quarto: e la cosa peggiore, secondo Owen, e` che la falsa pace, ottenuta al di fuori di Dio, non corregge l'anima. Come dice Owen: non guarisce l'iniquita`; non cura l'intemperanza. 112 Invece la pace che da` Dio, protegge l'anima, cosicche` essa non tornera` piu` sulla via del peccato. La pace creata da noi, una volta dissipatasi entro un giorno o due, non ha un potere di attrazione che possa dissuaderci dal peccato a cui precedentemente eravamo abituati, e pertanto ritorniamo alla nostra stupidita`. Con la pace di Dio c'e` la scoperta del Suo amore, una scoperta che stabilisce un forte, interiore impegno dell'anima, a conservare la propria liberta` dal peccato.
Una delle lagnanze di Geremia riguardo ai capi del suo popolo era che essi parlavano di pace con leggerezza:
Geremia 6:14 Essi fasciano la ferita del mio popolo come se non fosse seria. Pace, pace, essi dicono, quando non c'e` pace.
E questo vale anche per alcune persone. Esse sono incluse nel rimprovero di Geremia perche` prendono alla leggera la guarigione della loro ferita. Esse pensano che sia sufficiente parlarle di pace, e la cosa e` fatta. Danno una breve occhiata alle promesse, aggiungono una spruzzata di fede, ed ecco che immediatamente la si e` ottenuta. Di fede, in realta`, ne hanno poca o niente. La vera fede non lancia solamente un fuggevole sguardo al Donatore di Misericordia, ma fissa invece, a lungo e intensamente, la propria attenzione su Cristo. L'argomento di Owen, ancora una volta, e` che la fretta in queste cose e` pericolosa e probablimente fa si` che si manchi di comprendere la pace di Dio.
Questo punto dovrebbe essere cosi` chiaro che rimane poco da dover dire. Poiche` pero` l'ipocrisia ci ha sempre accompagnati, va menzionato. In breve quindi, non c'e` pace per l'uomo che la desidera, ma contemporaneamente intrattiene qualche peccato/i nel suo cuore e nella sua vita. Poco importa che egli implori Pace o no: egli non la ottiene da Dio. Egli sta solamente prendendo in giro se stesso e forse altre ignare persone. Come dice Owen: Dio ci giustifichera` dai nostri peccati, ma non giustifichera` il benche` minimo peccato in noi: 'Egli e` un Dio dagli occhi troppo puri per posarli sull'iniquita`.'
La pace che viene da Dio, al contrario della pace che fabbrichiamo da noi, comporta la grazia tipicamente Cristiana dell'umilta`. E` una pace che scioglie, come avvenne nel caso di Davide quando Natan gli disse del perdono di Dio per il suo peccato. Egli fu completamente umiliato.
In questo capitolo abbiamo esaminato la pace di Dio e abbiamo fatto le seguenti osservazioni. Per prima cosa abbiamo detto che Dio si riserva il diritto di parlare di pace quando e dove vuole. In accordo con questo abbiamo detto che (1) la pace deve essere accompagnata da un odio per il peccato, altrimenti non proviene da Dio: l'abbiamo fabbricata noi stessi e non durera`; (2) la pace non accade solo perche`, a talescopo, rivendichiamo un verso della Bibbia. E` Dio, comunque, che deve parlarci di pace; (3) la vera pace che viene da Dio non e` mai a buon mercato, ma riconosce il lavoro di guarigione che deve essere fatto. Il vero pentimento che guida alla pace non comporta un semplice lampo di fede; (4) non esite genuina pace da Dio quando viviamo in qualche abituale peccato/i, e (5) la pace di Dio e` una pace che rende umili e porta con se` vita e potere.
Come possiamo quindi sapere quando Dio ci parla di pace? Primo: ricorda che Dio puo` parlare in qualunque momento lo desideri, sia che tu stia pentendoti o peccando. E quando Egli parla, deve essere riconosciuto. Secondo: in accordo con questo, il segreto per sentire la Sua voce—e le Sue pecore lo ascoltano (Giovanni 10:4)—e` di avere frequenti e prolungati momenti di comunione con Lui, cosicche` tu arrivi a riconoscerla. Questo occhio segreto della fede, allenato dal Maestro, non puo` venir insegnato da una all'altra persona. Altri possono indicarlo, come l'apostolo Giovanni fa in Giovanni 10:14, ma la persona stessa deve svilupparlo col Maestro. Terzo: ricorda che Cristo, mediante il Suo Spirito che risiede in noi, parla con potere, non come parla qualunque altro uomo, e induce i nostri cuori a ardere dentro di noi (Luca 24:32). Pertanto la Sua voce e` riconoscibile. Quarto: e per finire, la Sua parola di pace ci fa bene, ripulendo il nostro cuore, purificandolo da ogni macchia, e fissandolo fermamente all'obbedienza a Lui solo. Chi e` quindi la persona che puo` discerne la voce della pace di Dio? Secondo Owen e`...
Colui che ha i propri sensi esercitati a distinguere il bene dal male, essendo piu` progredito in giudizio e esperienza grazie a una costante osservazione dei metodi di interazione di Cristo, del modo di operare dello Spirito e degli effetti che di solito produce; in questo caso egli e` il miglior giudice di se stesso.113
107 Per cooperazione non si intende che noi facciamo una meta` e Egli fa l'altra meta`. Si intende invece che noi rispondiamo in fede alla chiamata dello Spirito, quando Egli ci chiama, attraverso la Sua parola, la gente, le circostanze ecc., a particolari attitudini, azioni, ecc. Egli ci guida; noi impariamo a seguire col Suo aiuto.
108 VI:70.
109 VI:72.
110 VI:74-75.
111 VI:76.
112 VI:76.
113 VI:78.
Nei precedenti tredici capitoli Owen ci ha mostrato la natura della mortificazione Biblica. Egli ha detto che la sua base e` in Cristo e nell'opera dello Spirito, e ha delineato per noi principi, sia generali che particolari, per la sua esecuzione. Siamo arrivati a comprendere che, mentre ci viene comandato di mortificare i desideri della carne, lo Spirito e` la causa efficiente di questo lavoro di trasformazione. Sappiamo anche che il vigore e il benessere delle nostre vite spirituali dipendono dal mortificare la carne. Pertanto, come credenti in cui lo Spirito risiede, dobbiamo predisporci a soddisfare la nostra chiamata.
Comunque Owen considera essere, tutto quanto ha detto fino a qui, un suggerimento preparatorio per l'autentico lavoro di mortificazione. Nel quattordicesimo capitolo egli ci dira` come effettivamente attuare il lavoro di mortificazione. La base che egli ha stabilita nei precedenti capitoli e`, a dir poco, cruciale, ma in questo capitolo egli entrera` nell'autentica materia della mortificazione. In generale, le direttive per questo lavoro sono veramente poche rispetto al fatto di eseguirla effettivamente: dobbiamo stabilire un'attiva fede in Cristo e affidarci allo Spirito Santo, perche` sappiamo che e` lo Spirito che effettua il lavoro necessario. Vediamolo ora piu` dettagliatamente.
La prima cosa che una persona deve fare nell'effettivo processo di mortificazione del peccato e` di colmare la propria anima con le risorse che il Signore Gesu` le offre per questo lavoro. Rifletti sul fatto che, nella tua debolezza, tu sei incapace di garantire la mortificazione di un qualunque peccato in cui tu ricada abitualmente, ma che, mediante Cristo che ti da` forza, tu lo metterai certamente e definitivamente a morte (Fil 4:13). Come dice Owen:
Nella tua grande sofferenza e angoscia, considera quale pienezza di grazia; quali ricchezze, quali tesori di forza, potenza e aiuto, si trovano in Lui come nostro sostegno, Giov. i.16, Col. i.19. Lascia che ti entrino nella mente e vi si stabiliscano... Applicare la fede alla pienezza che esiste in Cristo per le nostre risorse, e` un eccellente modo di esistere in Cristo...114
Paolo descrive il peccato come un vero tiranno e solamente quei Cristiani che sono estranei all'abbagliante santita` di Dio non hanno mai visto il peccato come tale. Invece, per quelli di noi che hanno desiderato ardentemente di essere liberati dal peccato e che, dopo aver pensato di esserlo stati da alcuni, vi sono poi ricaduti, esiste la realizzazione dell'assoluto potere del desiderio e del peccato insito. Ma in Cristo c'e` speranza. Per coloro che hanno sperimentato la devastazione del peccato e sofferto a causa delle sue irruzioni, Owen ha una parola pastorale. Prestate accuratamente attenzione a ogni parola:
Mediante la fede, esercitate la vostra anima con pensieri e apprensioni di questo tipo: io sono una povera, debole creatura; instabile come l'acqua, io non posso eccellere. Questa corruzione e` troppo forte per me e sta per portare la mia anima alla rovina; io non so cosa fare. La mia anima e` diventata come un terreno arido e un'abitazione per draghi... Guarda: Cristo Signore ha la pienezza della grazia nel Suo cuore; tutta la pienezza del potere nella Sua mano; Egli e`in grado di uccidere tutti questi nemici. Ci sono in Lui tutte le risorse sufficienti per il mio sollievo e assistenza. Egli puo` prendere la mia anima che langue e fare di me piu` ancora che un conquistatore (italici miei).115
Per coloro di noi che sono esausti a causa della costante lotta contro certi peccati, Owen fa bene a ricordare le parole di Isaia:
Isaia 40:27 Perche` dici, Giacobbe, e tu Israele, perche` dici: Il SIGNORE non si rende conto di cio` che mi sta accadendo; il mio Dio non si cura del mio diritto? 40:28 Non lo sai tu? Non l'hai udito? Il SIGNORE e` Dio eterno, creatore di tutta la terra. Egli non si affatica o si stanca; non c'e` limite alla Sua saggezza. 40:29 Egli da` forza a coloro che sono stanchi; a coloro che sono spossati Egli da` rinnovata energia. 40:30 Anche i ragazzi si stancano e affaticano; anche i giovani uomini vigorosi inciampano goffamente. 40:31 Ma coloro che sperano nell'aiuto del Signore vedono la loro forza rinnovarsi; ascendono come se avessero le ali delle aquile; essi corrono senza affaticarsi; camminano senza stancarsi.
Dobbiamo percio` ricordare che per noi la Sua grazia e` sufficiente. Puo` non rimuovere le tentazioni, ma da` forza sufficiente perche` non cadiamo nel peccato e nell'infelicita`. La Sua grazia e` forza sufficiente per impedire che ci rivolgiamo ad altre cose, nel tentativo di soddisfare i nostri cuori vagabondi.
Dovremmo elevare i nostri cuori a un'aspettativa di liberazione dalla confusione, disagio e problemi causati dai nostri peccati. Puo` tardare per un po`, tuttavia dovremmo rimanere in attesa di essa e aspettarci che Cristo ce la dia al tempo da Lui stabilito. Come dice Owen:
Se i tuoi occhi sono rivolti a Lui, 'come gli occhi del servo alla mano del suo padrone quando si aspetta di riceve qualcosa da lui', la tua anima verra` soddisfatta, Egli ti liberera` certamente; Egli uccidera` il desiderio e la tua conclusione finale sara` la pace. 116
La base della nostra aspettativa per il soccorso di Cristo e` assai semplice e diretta. Data la natura della cosa, Egli deve farlo. Noi non siamo in grado di compiere da soli il lavoro di mortificazione, eppure ci viene comandato di farlo. Pertanto, Egli e` Colui che la attua in noi, quando noi ci affidiamo a Lui per questo. Tutte le buone opere che noi facciamo per mortificare il peccato sono importanti ma, in se` e per se`, non possono fare nulla (Giov. 15:5). Noi possiamo mortificare il peccato solamente mediante lo Spirito che risiede in noi. Se non viene fatto da Lui, non avremo mai sollievo. In verita`, se tutto cio` che ci viene comandato di fare al fine di mortificare il peccato non e` animato da questa aspettativa, si tratta semplicemente opere compiute nella carne. E` Cristo, il quale dimora nei nostri cuori mediante la fede, che compie il Suo lavoro di mortificazione (cf. Ef. 3:16-17).
Anche la garanzia per questa base, sebbene sia profonda, e` diretta e semplice. Dovremmo aspettarci che Cristo ci liberi quando, attraverso l'occhio della fece, noi comprendiamo la Sua misericordia e fedelta`. Al fine di stabilire la misericordia di Dio, Owen cita numerosi testi che faremmo bene a leggere e su cui meditare. Essi includono:
Isaia 66:13 Come una madre consola un bambino, cosi` Io consolero` voi, e voi sarete consolati riguardo a Gerusalemme.
Ebrei 2:17 Pertanto Egli dovette essere reso, sotto ogni aspetto, come i Suoi fratelli e sorelle, perche` potesse diventare un misericordioso e fedele Sommo Sacerdote nelle cose che riguardano Dio, per fare espiazione dei peccati del popolo. 2:18 Infatti, poiche` Egli stesso soffri` quando fu tentato, e` in grado di aiutare coloro che sono tentati.
Owen dice che dovremmo considerare l'Alto Sacerdozio di Cristo come Unico: Egli e` simpatetico, tenero e gentile verso di noi. Nella Sua sofferenza nulla fu aggiunto al Suo potere e capacita`, ma ci viene reso chiaro che, poiche` Egli soffri`, e` capace di aiutare quelli che sono tentati. Owen dice:
Le sofferenze e tentazioni di Cristo hanno forse aumentato la Sua capacita` e potere? Senza dubbio no, sia considerato in assoluto che in se stesso. Ma qui si intende che la capacita` e` accompagnata da prontezza, propensita`e disponibilita` a farsi avanti; e` una capacita` della volonta` contro qualsiasi dissuasione. Egli puo`, avendo sofferto e essendo stato tentato, superare tutte le dissuasioni tendenti al contrario, per dare sollievo alle povere anime tentate. 117
Ebrei 4:15 Infatti, noi non abbiamo un Sommo Sacerdote incapace di simpatizzare con le nostre debolezze, ma uno che e` stato tentato in ogni modo, proprio come noi, senza pero` commettere peccato. 4:16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare grazia ogni volta che abbiamo bisogno di aiuto.
Owen traduce l'espressione ogni volta che abbiamo bisogno di aiuto (charin eis eukairon boe„theian) in Ebrei 4:16 come grazia al tempo opportuno. Owen dice che con tempo opportuno l'autore intende aiuto quando io ne ho disperatamente bigogno. Quando il peccato prevale su di me, quasi al punto di morte e di essere perso per sempre, la grazia arrivera` e noi dobbiamo riceverla.
Veramente lasciatemi aggiungere che nessuna anima che possa evelarsi, mediante la fede, a un'aspettativa di liberazione da parte di Cristo, peri` o perira` mai a causa di un desiderio, peccato o corruzione. 118
Non solo dobbiamo considerare la Sua misericordia verso di noi, che e` di per se` abbondante, ma dobbiamo anche ricordare e contare sulla sua fedelta`. Facendo questo, la vostra anima si elevera` nell'attesa della liberazione da parte di Lui. Proprio come Dio ha promesso la pioggia per le terre aride, cosi` Egli portera` sollievo alla vostra anima al momento da Lui stabilito. E noi dobbiamo contare su questo perche` Colui che ha fatto la promessa e` fedele. Noi dobbiamo riporre la nostra speranza in Lui come dice Davide:
Salmo 130:6 Io anelo al sovrano Maestro, piu` di quanto i guardiani anelino al mattino, si`, piu` dei guardiani per il mattino. 130:7 O Israele, spera nel SIGNORE, perche` il SIGNORE dimostra un amore leale, ed e` piu` che disposto a liberare.
Vediamo cosi` che la ragione per umilmente aspettarci liberazione dalla mano di Gesu` si basa sul fatto che, come un misericordioso Sommo Sacerdote, Egli comprende la nostra situazione e ha tutto il potere per liberarci. Ricordiamoci anche che Egli e` fedele alle sue promesse e si e` impegnato con noi a liberarci dalla colpa, potere e regno del peccato.
Nulla muove il cuore e le mani di Dio piu` del vedere i propri figli contare senza riserve su di Lui per liberazione, misericordia e aiuto. Proprio come un uomo e` spinto ad aiutare un altro che dipende completamente da lui, cosi` Dio e` infinitamente piu` favorevole a venirci incontro nelle nostre sofferenze in modo da salvarci e stabilire i nostri piedi su un terreno solido. Dopotutto, fu Lui a elevare i nostri cuori mediante le Sue sollecitazioni interiori e le promesse nella Sua parola, riguardo al chiedere, cercare, bussare. Sicuramente questo deve essere un grande impegno da parte Sua di assisterci conseguentemente. 119
C'e` pero` ancora un altro grande vantaggio per i santi che dipendono incondizionatamente dal Maestro per la liberazione:
Impegna il cuore a seguire diligentemente tutti i modi e i mezzi con cui Cristo vuole comunicare Se Stesso all'anima e cosi` facendo ottieni il reale supporto di tutte le grazie e di qualunque decreto. Chi si aspetta qualcosa da un uomo, usa tutti i modi e mezzi per ottenerla... E` l'aspettativa di fede che mette il cuore al lavoro.120
Owen ci dice che quando stabiliamo la fede in Cristo per la liberazione, dobbiamo prima di tutto focalizzarci sulla morte di Cristo, il Suo sangue e la croce. Dobbiamo pensare a lungo e intensamente a Cristo crocefisso e ucciso. La ragione di questo e` che la mortificazione deriva dalla morte di Cristo. Cristo mori` per distruggere le opere del Demonio, liberarci dalla punizione, dal potere e, un giorno, dalla presenza del peccato. Egli mori` per redimerci da ogni iniquita`: per purificare un popolo per Se Stesso che fosse zelante per le buone opere. Il nostro essere lavati, purificati e liberati dal peccato e` dovunque attribuito al sangue di Cristo (vedi Giov. 1:7; Eb. 1:3; 9:14; Apoc. 1:5). Secondo Ebrei 9:14 noi aspiriamo a una coscienza libera da opere morte, interamente emendata, cosicche` esse non abbiano piu` alcun posto in noi. Questo avviene attraverso il sangue di Cristo.
Owen continua con l'insegnare che tutti i soccorsi dello Spirito, tutte le dispensazioni di grazia e potere, fluiscono dalla morte di Cristo come loro base e garanzia. Questo e` reso chiaro in Romani 6:2 :
Romani 6:2 Assolutamente no! Come possiamo, noi che siamo morti al peccato, continuare a vivere in esso?
Noi siamo stati sepolti con Cristo attraverso il battesimo nella Sua morte perche` potessimo essere morti al peccato. Fummo poi resuscitati con Cristo perche` il corpo del peccato potesse venir distrutto. Owen continua a spiegare:
Noi siamo crocefissi con Lui meritoriamente perche` Egli procuro` per noi lo Spirito per mortificare il peccato; efficientemente, perche` dalla Sua morte proviene la capacita` della nostra crocefissione e in forma di rappresentazione e esempio noi saremo sicuramente crocefissi al peccato, come Egli lo fu per il nostro peccato. Questo e` cio` che intende l'apostolo: Cristo, mediante la propria morte, distruggendo le opere del demonio e procurando lo Spirito per noi, ha dunque ucciso il peccato per quanto concerne il suo regno nei credenti, cosicche` esso non potesse raggiungere il suo fine e dominio.121
Pertanto, quando stabiliamo la nostra fede in Cristo per la mortificazione del peccato, dobbiamo focalizzarci sulla Sua morte. Da questo dobbiamo aspettarci di ricevere potere spirituale, e la nostra esperienza deve essere sempre piu` conforme a quella di Cristo nella Sua morte. Secondo Owen, mediante la fede, dobbiamo portare giornalmente nei nostri cuori il Messia crocefisso.
Owen conclude il suo lavoro sulla mortificazione ricordandoci la centralita` dello Spirito nel processo di mettere a morte il peccato. Egli elenca sei importanti verita` riguardanti la mortificazione e l'opera dello Spirito. Esse sono: (1) solamente lo spirito convince chiaramente e completamente il cuore dell'iniquita`, corruzione, desiderio o peccato che va mortificato; (2) solamente lo Spirito rivela la completezza di Cristo per la nostra liberazione. Questo ci evita di ricorrere ad altri metodi e strategie; (3) solamente lo Spirito fissa il cuore nell'aspettativa del soccorso e della liberazione; (4) solamente lo Spirito porta nel cuore la croce di Cristo con il suo potere di uccidere il peccato, perche` grazie allo Spirito noi siamo battezzati nella morte di Cristo; (5) lo Spirito e` l'autore e perfezionatore della nostra santificazione; Egli provvede nuovi sussidi e effetti della grazia, efficaci per la santita` e la consacrazione, quando il principio contrario e` indebolito e ridotto, Ef. 3:16-18; (6) lo Spirito aiuta ogni dialogo dell'anima con Dio. Il potere, vita e vigore della preghiera, provengono dallo Spirito, cosi` come l'efficacia di persuasione nel pregare (Rom 8:26). Facciamo quindi in modo di contare consapevolmente sullo Spirito.
Qui, nel suo capitolo finale sulla mortificazione, John Owen si focalizza sull'attuale pratica della mortificazione. Cio` che ha detto nei capitoli dal primo al tredicesimo e` stata una preparazione a questo. Egli cerca ora di dare qualche consiglio per l'ordinaria, santa pratica, di mettere a morte il peccato. Passare attraverso tutti i primi tredici capitoli e fermarsi li`, sarebbe una burla. Come dice Owen, noi dobbiamo effettivamente mettere a morte il peccato se vogliamo godere del potere, benessere e vigore della vita Cristiana.
Il consiglio che Owen ci da` ora e` molto semplice. Dobbiamo attivare la fede in Cristo e contare sullo Spirito per portare avanti l'opera. Dobbiamo costantemente richiamare alla mente le risorse che Cristo possiede per l'esecuzione della mortificazione. Egli e` in grado, e ha tutto il potere, di liberarci dal peccato. Inoltre, poiche` e misericordioso e fedele al Suo popolo (secondo le Sue promesse), noi possiamo umilmente aspettarci che Lui ci liberi. Noi non lo pretendiamo, ma come gente che sta sprofondando nelle sabbie mobili, noi guardiamo immediatamente nei Suoi occhi e, mediante la fede, afferriamo la Sua mano tesa. Ora, coloro che realizzano che Cristo e` piu` che disposto a salvare e liberare, si impegnano a usare per se stessi, in umilta` e con gli occhi fissi su Cristo, tutti i mezzi che Egli ha messo a disposizione e attraverso i quali Egli ha scelto di operare. Questo, naturalmente, include la meditazione sulle Scritture, la preghiera, i sacramenti (per esempio la Cena del Signore) e le adunanze.
Pertanto, quando ricorriamo a Cristo, usando mediante la fede tutte le risorse che Egli ha stabilito per noi, dobbiamo riceverLo nei nostri cuori come Colui che fu crocefisso. Dobbiamo meditare sulla Sua morte, sulla croce e sulla Sua espiazione per il peccato. Attraverso la Sua morte fluiscono tutte le benedizioni che abbiamo mai avuto e che mai avremo, inclusa la liberazione dal peccato. Noi attiviamo la fede in Cristo, portando Lui crocefisso dentro il nostro cuore. Questo e` essenziale per la santa pratica di mortificare il peccato.
Richiamiamo anche alla mente lo Spirito che ci e` stato dato a questo scopo. Consapevolmente contiamo su di Lui per convincere del peccato; esporci alle ricchezze di Cristo; stabilire nei nostri cuori la speranza di liberazione; portare la croce su cui caricare il nostro peccato e essere l'autore, l'aiuto e il perfezionatore della nostra santificazione. Egli ci sostiene in tutti i nostri sforzi per conoscere Dio e ci assicura liberta` dal peccato.
114 VI:79.
115 VI:80.
116 VI:80.
117 VI:82.
118 VI:82.
119 VI:83.
120 VI:82.
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